“Nostro padre, Boualem Sansal, ha 80 anni. E’ malato. E’ uno scrittore. Ed è in prigione. Non per un crimine, non per una colpa, ma per ciò che ogni democrazia dovrebbe avere a cuore: le sue parole, i suoi pensieri, la sua libertà”, hanno scritto in una lettera Nawal e Sabeha Sansal
In una lettera pubblicata sul Figaro, le due figlie di Boualem Sansal, lo scrittore franco-algerino in carcere ad Algeri dal 16 novembre per aver espresso opinioni sgradite al regime di Abdelmadjid Tebboune, hanno chiesto l’intervento del presidente francese Emmanuel Macron per ottenere la liberazione del padre, descrivendo la richiesta come “un ultimo slancio di speranza”. “Nostro padre, Boualem Sansal, ha 80 anni. E’ malato. E’ uno scrittore. Ed è in prigione. Non per un crimine, non per una colpa, ma per ciò che ogni democrazia dovrebbe avere a cuore: le sue parole, i suoi pensieri, la sua libertà”, scrivono Nawal e Sabeha Sansal. Preoccupate dall’ennesimo deterioramento dei rapporti tra Parigi e Algeri, in seguito all’arresto di un funzionario consolare algerino in Francia coinvolto nel sequestro di un oppositore politico, l’influencer Amir Dz, le figlie del romanziere chiedono al capo dello stato francese di non abbandonarlo. “Mentre le tensioni tra Francia e Algeria si intrecciano in giochi diplomatici che sfuggono al nostro controllo, nostro padre resta lì, ostaggio di una disputa che non lo riguarda”, scrivono Nawal e Sabeha . E ancora: “Signor presidente, sappiamo che lei è sensibile alla letteratura, alla libertà d’espressione, a quelle voci solitarie che fanno onore al pensiero. Boualem Sansal è una di queste”. Sansal, malato di cancro alla prostata, “non ha più molte forze”, scrivono le figlie, “ma ha ancora quella scintilla negli occhi che, nonostante tutto, continua a credere nella bellezza del gesto politico”.
Secondo le informazioni del Foglio, Macron è mobilitato in prima persona per ottenere la liberazione di Sansal, il dossier è prioritario. L’appello delle due figlie non rimarrà senza risposta. Parigi, come ha dichiarato il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot, “non rinuncerà ai suoi sforzi finché non sarà liberato”.