La difficoltà e la soddisfazione di portare il volley femminile nelle grandi città

La presidente del Vero Volley Milano, Alessandra Marzari ci racconta come la pallavolo è riuscita a trovare spazio in un città a trazione calcistica e baskettara

È qui la festa? O meglio: è qui lo show? La pallavolo femminile italiana non vuole più essere una comparsa. Cerca teatri, anzi arene e colonne sonore all’altezza del movimento. Nonostante vittorie, ori storici, palazzetti sempre più pieni e tre semifinaliste italiane su quattro in Cev Champions, il movimento fatica ancora ad emergere, soprattutto nelle grandi città.

Sabato, Vero Volley Milano (che fino al 2022 era Vero Volley Monza) sfida l’Imoco Conegliano per gara 2 dei playoff scudetto, provando a trasformare l’evento partita in uno spettacolo, oltre la tecnica. Al suono di “Dove si balla”, hit di Dargen D’Amico scelta per l’occasione, all’Unipol Forum di Assago, va in scena il secondo match dopo la vittoria per 3-1 delle venete di mercoledì. “Vogliamo offrire – dice Gianpaolo Martire, Responsabile Marketing del club – non solo la visione di un match, ma una vera esperienza: solo tifo a favore, mai negativo, con una arena sempre vivace grazie ad una scaletta ben precisa di attività ingaggianti”.

Lo scorso novembre, lo stesso palazzetto registrò 12.626 spettatori: record assoluto per la A femminile. Perché non replicare? A guidare la società, parte del Consorzio che include Vero Volley Monza, è Alessandra Marzari, dirigente medico con specialità in medicina d’urgenza e pronto soccorso al Niguarda di Milano, donna dalla personalità forte a tratti impetuosa, ma attenta a valori che vanno oltre il mero agonismo. “Mi interessa – dice – capire i rapporti di causa-effetto, perché si vince, perché si perde, cosa succede in una squadra. È un approccio da ricerca scientifica”. Per questo spirito ha atteso prima di portare il volley femminile in una metropoli: “Nei contesti più grandi è difficile far crescere una realtà, spesso non ci sono situazioni adatte alle giovanili o situazioni di mezzo, abbiamo aspettato prima di andare a Milano. Quando c’è una squadra ambiziosa, tutto è più facile, giocare in una grande città porta soddisfazioni: siamo abituati a ‘prendere’ i tifosi a casa, abbiamo fatto gavetta a Monza per capire come riempire il palazzetto e coinvolgere più persone. Abbiamo lavorato anche con lo speaker: penso che il nostro stile sia stato ‘sposato’ da altre società. È stata creata sinergia tra sport e melodie”.

Milano deve sperare che alla fine della serie (al meglio delle 5), ad accompagnare le ragazze di coach Stefano Lavarini ci sia una marcia trionfale. Conegliano è però la regina del campionato dal 2018. “Hanno sfruttato un momento senza un dominio, con capacità economica e di gestione di fare una squadra forte e di cominciare a vincere: è un po’ come il respiro dei bambini, quando inizi non smetti. Si sono concentrati per anni solo sulla prima squadra. Sono la società ideale da sfidare, ti obbligano a lavorare di più per raggiungere il loro livello, è difficile. In passato, abbiamo sfiorato l’impresa. Quando abbiamo vinto l’A2, sapevo che prima di rivincere un campionato sarebbero passati anni e magari, come successo, avremmo vinto le coppe europee: è una sfida”.

Come quella che ha affrontato in quanto donna per far valere il suo ruolo: “Ho lottato parecchio, ma con me hanno lottato tutti i dirigenti che ci sono stati in questi anni che hanno contribuito in maniera fuori dal comune”. Marzari è comunque abituata a combattere per ciò in cui crede e così il suo club con Fondazione Snaitech e ChangeTheGame ha ideato una app per segnalare gli abusi nello sport. Questa è una vittoria, non ha dubbi, che vale più di qualsiasi titolo. “Vincere è bello, ma è emozionante offrire la possibilità ai bambini di praticare sport in maniera safe. Certe dinamiche disattendono il motivo per cui si fa sport, cioè quello di migliorare le abilità sociali dei bambini e farli star bene”.

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