“Riunioni su riunioni per poi finire su un candidato civico. Ma perché?”, dice il prof. e senatore dem Andrea Crisanti. “Se non crediamo noi nel partito atto di persone che si sono impegnate giorno per giorno sul territorio, perché dovrebbero crederci gli elettori?”
Ma chi glielo ha chiesto, all’immunologa e divulgatrice scientifica padovana Antonella Viola, di candidarsi per il centrosinistra alla guida della Regione Veneto, nel primo voto post Zaia previsto per l’autunno? Chi ha alzato il telefono, dal Pd o da qualche altro luogo del centrosinistra nazionale o locale? La domanda corre tra la Laguna, Venezia e Roma. Della vicenda la fine è nota: l’immunologa Viola, la donna che ci ha reso edotti sul rischio di bere anche soltanto un bicchiere di vino, ha detto dai suoi profili social “no grazie”, non intende candidarsi. Da “donna, madre e scienziata”, ha scritto, sa che potrebbe anche restituire qualcosa alla sua regione, ma in fondo già “restituisce tanto” a tutto il paese, facendo ricerca nell’ambito della salute. E però l’inizio della storia è un mistero. Mistero che affonda le sue radici nel buio politicamente più pesto. Mistero buffo, anche. Al Nazareno si guardano perplessi. Noi? Macché. Chi si avventuri a chiedere, infatti, nella zona dell’inner circle di Elly Schlein, qualcosa come “chi ha proposto a Viola di candidarsi?” o “chi ha telefonato ad Antonella Viola?”, otterrà risposte costernate: “Non so”, “non saprei dire”, “non è partita da qui l’idea”, “non è stata una proposta formulata a livello nazionale”. E se si riprova presso la minoranza, tra i riformisti del Pd, idem: “Ah boh”, “non ho idea”, “che io sappia è stata una fuga di notizie su un giornale locale”. Ma a monte, chi si è preso la briga di scrivere un whatsapp all’immunologa, chi ha sondato? A chi è venuto, lo sghiribizzo? Possibile che non si sappia niente di niente? Più di uno, tra i parlamentari dem di maggioranza, giura: niente. E suggerisce di rivolgersi al Pd del nordest. E dunque si prova a domandare al senatore Andrea Martella, segretario regionale del Pd veneto. “Ne stavamo discutendo in sede locale”, dice Martella al Foglio, “nell’ambito della coalizione di centrosinistra, con varie interlocuzioni, senza alcun coinvolgimento di carattere nazionale”. Quindi è un mistero anche al Nord? Martella ripete: ne stavano discutendo. Cioè: il nome è comparso durante il brainstorming sui possibili candidati e la stampa locale ha captato, quella nazionale ha rilanciato e Viola a quel punto ha smentito. Ma si ha un’idea alternativa, ora? “Ora il nostro lavoro prosegue per individuare la figura che può meglio interpretare le tante e nuove sfide che il Veneto ha davanti”, dice Martella. Un nome in effetti c’era. Il senatore e microbiologo dem Andrea Crisanti, docente all’Università di Padova e volto noto durante la pandemia, avrebbe voluto essere quantomeno contattato. Invece no. Invece qualcuno, ma non si sa chi, ha contattato Antonella Viola. Che cosa è successo? “Riunioni su riunioni su riunioni che si sono risolte in un nulla di fatto”, dice Crisanti al Foglio, “per poi finire su un candidato civico. Ma perché un civico, mi chiedo? Qualcuno me lo spieghi”. Non c’erano nomi politici adatti, forse? “Se non crediamo noi nel Partito democratico fatto di persone che si sono impegnate giorno per giorno sul nostro territorio, perché dovrebbero crederci gli elettori? Scegliere un civico vuol dire scegliere qualcuno che non si è mai interessato al bene comune, all’amministrazione della cosa pubblica. E poi: le elezioni amministrative sono dietro l’angolo, a ottobre. Siamo già quasi a fine aprile. Ora che ci si muove siamo a giugno, poi arriva l’estate e la gente parte per le vacanze. Che cosa volete si possa fare in due mesi di campagna elettorale? Se uno partecipa, deve partecipare per vincere”. E insomma, gira che ti rigira, il telefono senza fili dem fa arrivare questo messaggio: un nome, al momento, non c’è. Di più: c’era il problema dell’attesa, dicono un paio di esponenti pd. Attesa di chi? Di che cosa? “Della decisione della Corte costituzionale sulla questione dei tre mandati, per il caso De Luca”. E va bene che il niet della Consulta ai tre mandati impattava anche su Zaia, ma non ci si poteva preparare? Risposta: “Eh”. Ricapitolando: nessuno sa chi è stato, ma tutti sono sospettati almeno di aver capito e ora rimpiangono di non aver agito, avendo capito, senza aspettare la sentenza sul terzo mandato? Risposta: “Eh”. E poi: possibile che non si sappia chi tirare fuori dal cilindro? “I nomi ci sarebbero”, dice un dem non veneto, “ma in Veneto ci sono equilibri da rispettare”. Fatto sta che al voto mancano pochi mesi. Che si fa? “Boh”.
Marianna Rizzini