Riduzione dell’inflazione, miglioramento dell’attività economica e recupero dei redditi, soprattutto nelle famiglie a basso potere d’acquisto: l’impatto del presidente argentino sull’economia del paese
Nel 2024, Javier Milei ha realizzato uno dei più grandi aggiustamenti fiscali della storia argentina. La riduzione della spesa pubblica è stata del 27 per cento in termini reali, o di 4,5 punti percentuali del pil. Bisogna risalire al 1965 per trovare una contrazione superiore (pari a 5,7 punti percentuali del pil).
Molti ritenevano che sarebbe stato impossibile attuarlo, partendo dal presupposto che la società argentina – o una parte importante di essa – non avrebbe tollerato un tale aggiustamento e che ciò avrebbe portato a un’esplosione della protesta sociale. Non solo questa esplosione non si è verificata, ma alla fine del 2024 molti indicatori economici si trovavano in una situazione migliore rispetto a quella lasciata dal governo precedente. L’esempio forse più eloquente è quello della povertà, che si è ridotta di quasi 4 punti percentuali in un anno, tra il secondo semestre del 2023 e quello del 2024 (dal 41,7 al 38,1 per cento).
Come si spiega che un aggiustamento di tale portata non abbia provocato praticamente alcuna variazione nei livelli di povertà? Anche se è impossibile fornire una risposta definitiva – poiché all’inizio di questa gestione sono state implementate diverse politiche economiche, rendendo difficile isolare l’effetto di ciascuna – la chiave sta nei risultati. In particolare, nella riduzione dell’inflazione. Durante il secondo semestre del 2023, l’inflazione ha registrato una media del 13 per cento mensile, mentre nel secondo semestre del 2024 è scesa al 3,2 per cento mensile: una diminuzione estremamente significativa. E, sebbene si tratti di un fenomeno largamente documentato nella storia argentina, molti ignorano – o hanno dimenticato – che i processi di disinflazione sono espansivi e progressivi: il loro impatto è proporzionalmente maggiore sui settori a basso reddito rispetto a quelli più ricchi. Per quanto riguarda l’aspetto espansivo, l’attività economica nel dicembre 2024 era superiore del 3,2 per cento rispetto a novembre 2023 (i risultati si mantengono anche escludendo il settore agricolo, per neutralizzare l’effetto della siccità).
Per comprendere il suo effetto progressivo, la prima cosa da sottolineare è che il paniere di consumo delle famiglie a basso reddito è profondamente diverso da quello delle famiglie a reddito più elevato e, di conseguenza, anche l’impatto degli aumenti delle diverse voci che compongono l’indice dei prezzi al consumo (Ipc). In particolare, le famiglie a basso reddito spendono oltre il 40 per cento del loro reddito in alimenti, mentre nelle famiglie a reddito più alto questa voce rappresenta solo il 15 per cento, mentre oltre il 50 per cento viene destinato ai servizi: istruzione, salute, comunicazioni e tempo libero. La seconda cosa da tenere in considerazione è che, negli episodi in cui l’inflazione aumenta, ciò in genere è guidato dai beni (in particolare, gli alimenti), mentre i servizi restano indietro (perché hanno una componente salariale più elevata e/o perché il governo in carica frena gli aumenti in tali voci). In modo analogo, quando l’inflazione scende, quella degli alimenti lo fa in misura maggiore rispetto a quella dei servizi.
Combinando questi due elementi, arriviamo a una conclusione importante: quando l’inflazione aumenta, il reddito dei settori a reddito più basso è quello più penalizzato; e, in modo analogo, quando si riduce, i redditi più bassi sono i principali beneficiari. I dati lo confermano. Durante il picco inflazionistico osservato nell’ultimo trimestre del 2023, i redditi dei due decili più bassi si sono ridotti, mentre quelli dei due decili più alti sono aumentati. L’opposto è avvenuto nel terzo trimestre del 2024 (ultimo dato disponibile).
Anche in questo caso è importante sottolineare che il governo Milei ha raddoppiato l’Asignación Universal por Hijo, una politica di trasferimento di reddito destinata direttamente ai settori più vulnerabili (analogo all’Assegno unico per i figli italiano, ndr ). Sono questi due elementi a spiegare la diminuzione della povertà, che comunque, va ricordato, in parte era aumentata come conseguenza delle politiche attuate dallo stesso governo di Milei all’inizio del suo mandato.
A ciò si aggiungono alcune complessità tecniche nella misurazione corretta della povertà quando l’inflazione è così elevata (in particolare, diventa molto difficile misurare correttamente i redditi). Lo specialista in materia, Leopoldo Tornarolli, stima che, una volta considerate e corrette queste distorsioni, il tasso di povertà si collocherebbe alcuni punti sopra i livelli del 2023. Al di là di quanto detto, non c’è dubbio che negli ultimi mesi la povertà sia diminuita in modo significativo, grazie alla riduzione dell’inflazione, al miglioramento dell’attività economica e al recupero dei redditi, soprattutto nei nuclei familiari a basso potere d’acquisto.