140 giorni di proteste a Tbilisi

I cittadini georgiani si radunano davanti al Parlamento ogni notte, mentre il governo e la polizia stanno aumentando la violenza contro giornalisti e attivisti. Ma siamo ancora in tempo per non ripetere gli errori fatti a Minsk

I georgiani protestano da centoquaranta giorni perché dopo le elezioni di ottobre, in cui avevano sperato di scegliere da chi essere governati, si sono ritrovati imbrogliati dal partito Sogno georgiano, che governa il paese dal 2012 ed è stato fondato da un miliardario, Bidzina Ivanishvili, che ha affari in Georgia talmente grandi da possedere parte del paese. I georgiani non credono al risultato del voto di ottobre, vedono Sogno georgiano aumentare sempre di più il suo potere tanto da aver imposto un presidente fedele nel palazzo che era stato abitato da Salomé Zourabichvili, che è diventata il volto dell’opposizione, l’unica capace di prendere in mano la piazza, cucire i politici persi in ordine sparso e incapaci di unirsi. Ogni notte i georgiani sono davanti al Parlamento e oltre a vedere che la loro determinazione non si incrina, vedono come il governo e la polizia stanno aumentando la violenza: arresti e pestaggi di giornalisti e attivisti sono le tecniche intimidatorie frequenti per rompere la protesta.

Quello che chiedono i georgiani è che il loro voto venga rispettato. Hanno osservato come Sogno georgiano ha mutuato da Mosca le tecniche di repressione per spegnere la democrazia e né vogliono assomigliare alla Russia, né vogliono che il Cremlino aumenti la sua presenza in Georgia, in cui già occupa il 20 per cento del territorio. Ieri a Palazzo Montecitorio si è tenuto un incontro dal titolo “La Georgia che lotta: libertà, diritti, democrazia”, proposta da cinque parlamentari: Lia Quartapelle, Filippo Sensi, Riccardo Magi, Marco Lombardo e Ivan Scalfarotto. La lezione che dovremmo aver imparato da paesi come la Bielorussia è che più siamo distratti e guardiamo altrove, più i governi illiberali si sentono liberi di incarcerare, picchiare, anche uccidere. La Bielorussia di Lukashenka in cui le proteste testarde e pacifiche chiedevano il rispetto del voto è diventata un buco nero. Sogno georgiano vuole che lo stesso avvenga con la Georgia. A Minsk abbiamo fallito, per Tbilisi siamo ancora in tempo.

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