Dopo l’incendio del 2019, la cattedrale francese è stata riportata all’antico splendore. Oggi l’acustica è diversa, ed molto più luminosa di prima. E ciò che si vede influenza anche ciò che si ascolta
Quando, il 15 aprile 2019, la cattedrale di Notre-Dame prese fuoco, il popolo francese si radunò nei pressi dell’edificio pregando affinché l’incendio fosse domato e la cattedrale salvata. Le fiamme distrussero il tetto, la guglia e alcune volte sottostanti, ferendo anche alcuni agenti di polizia e un vigile del fuoco. Domate le fiamme, due furono le priorità su cui lavorare: individuare le cause dell’incendio e avviare quanto prima la ricostruzione di uno dei simboli della fede cattolica. Persone di tutto il mondo hanno donato circa un miliardo di euro, desiderose di riportare all’antico splendore l’architettura gotica, le abbacinanti vetrate colorate e il suono tipico della Cattedrale. Victor Hugo, parlando proprio del suono all’interno di Notre-Dame, lo definiva pieno di benedizioni e maestosità, capace di placare un’anima malata. Questo paesaggio sonoro da riportare in vita è stato una delle sfide più ardue per gli esperti.
L’argomento è tornato d’attualità dopo l’inaugurazione dello scorso dicembre. Molti affermano che il suono non sia peggiorato ma che quel luogo, in cui una parte della storia della vocalità si è sviluppata, abbia cambiato voce. A fare ordine nel groviglio di voci è Brian Katz, esperto di acustica e direttore della ricerca presso l’Institut d’Alembert dell’Università della Sorbona. Katz si era recato su ciò che restava del tetto di Notre-Dame pochi giorni dopo l’incendio, iniziando subito a raccogliere dati utili alla ricostruzione. Insieme con il suo gruppo di ricerca, ha lavorato al fianco degli architetti e dei costruttori incaricati del restauro, con l’obiettivo di preservarne l’acustica in fase di ricostruzione.
Il punto di partenza è stato uno studio condotto nel 2015 proprio da Katz, che ha permesso di fissare le particolarità acustiche dell’edificio in un modello completo: un tesoro di informazioni che è divenuto base di partenza per il restauro sonoro. “I tre o quattro buchi che si erano aperti nel tetto – dice Katz alla Bbc – e la coltre di fuliggine hanno creato un effetto smorzante del suono, una situazione paragonabile a quella dell’incoronazione di Napoleone, quando numerosi tessuti coprivano la cattedrale, come ci attestano i dipinti dell’epoca”.
Negli anni successivi, Katz è stato coinvolto in tutte le decisioni fondamentali del piano di ristrutturazione, compresa la posizione dell’organo e la scelta di alcuni materiali. “Sicuramente l’acustica è cambiata, perché sono state ripulite tutte le pareti e molti arazzi sono andati distrutti nell’incendio. Un tappeto che copriva parte del marmo, attutendo il rumore dei passi dei visitatori, è stato rimosso. Notre-Dame ora ha sicuramente molto più riverbero – continua Katz – forse è tornata a com’era mezzo secolo fa. E’ anche molto più luminosa, e ciò che si vede influenza anche ciò che si ascolta”.
Quest’ultimo passaggio rivela una verità profonda sui luoghi di culto come Notre-Dame: ogni singolo elemento parla di Altro, è teso al Divino e vuole condurre al Divino. Questo influenza l’ascolto e può perfino convertire, come accadde a Paul Claudel durante i Vespri di Natale, quando entrò a Notre-Dame solo per trovare ispirazione per la scrittura. Il coro cantava il Magnificat e lui racconta: “Ero in piedi tra la folla, vicino al secondo pilastro rispetto all’ingresso del Coro, a destra, dalla parte della Sacrestia. In quel momento capitò l’evento che domina tutta la mia vita. In un istante il mio cuore fu toccato e io credetti”.