Il presidente cinese torna in Vietnam per rafforzare i legami con Hanoi mentre infuria la guerra dei dazi con gli Stati Uniti. Pechino si propone come partner stabile in un’Asia sud-orientale divisa tra due potenze
Ho Chi Minh City, Vietnam. Nel mezzo dell’incertezza per la guerra dei dazi di Donald Trump, il Vietnam ha accolto Xi Jinping con tutti gli onori: passaggio della guardia d’onore e ventuno salve di cannone al palazzo presidenziale, per le strade i bambini che agitavano le bandiere rosse dei due paesi, mentre ad accogliere il leader cinese ai piedi della scaletta dell’aereo c’era addirittura il presidente Luong Cuong. Dopo meno diciotto mesi dall’ultima visita nel paese, Xi Jinping è tornato in Vietnam: prima tappa di un tour nel sud-est asiatico che nei prossimi giorni porterà il leader della Repubblica Popolare anche in Malaysia e in Cambogia. “Non ci sono vincitori nelle guerre commerciali e il protezionismo non porta da nessuna parte”, ha scritto Xi Jinping in un articolo pubblicato sull’organo ufficiale del Partito comunista del Vietnam. Pechino e Hanoi – aggiungeva il leader della Repubblica popolare – devono “difendere in modo risoluto il sistema commerciale multilaterale, la stabilità delle catene industriali e delle forniture globali, l’apertura e la cooperazione nell’ambiente internazionale”.
Anche se questo viaggio era in agenda da tempo, la prima visita all’estero di Xi Jinping di quest’anno punta a mandare un messaggio chiaro: per l’Asia sud-orientale, Pechino è un partner più affidabile di Washington. Mentre l’inquilino della Casa Bianca mette-e-toglie dazi e destabilizza i mercati finanziari, ieri i leader di Cina e Vietnam hanno firmato decine di accordi per rafforzare la cooperazione economica e infrastrutturale, poi sul 5G, sull’Intelligenza Artificiale, sulle tecnologie verdi. Anche se i rapporti tra i due vicini restano segnati dalle asprezze per i dieci secoli di dominazione cinese del Vietnam, per lo scontro nel blocco comunista negli anni della Guerra Fredda e per le dispute territoriali nel Mar cinese meridionale, oggi Pechino è il più grande partner commerciale e un’importante fonte di investimenti per Hanoi. “Importiamo i tessuti dalla Cina, ma confezioniamo i vestiti qui in Vietnam”, spiega al Foglio un imprenditore cinese tra gli stand della fiera del tessile di Ho Chi Minh City. “Abbiamo iniziato a scommettere sul sud-est asiatico dopo i dazi sulla Cina imposti durante il primo mandato di Donald Trump, ma ora stiamo pensando di spostare qui anche la produzione dei tessuti”.
Tra i buyer e gli imprenditori che si aggirano fra telai ipertecnologici e macchinari all’avanguardia della fiera alla periferia della capitale economica del Vietnam, in pochi credono che l’Amministrazione americana faccia sul serio sui dazi. “Ci sarà un compromesso”, dice il capo dell’azienda China Jack, che esporta impianti di manifattura già completamente assemblati, davanti al modellino di una fabbrica tessile altamente automatizzata che promette di consegnare chiavi-in-mano. Al di là delle coreografie della diplomazia, il Vietnam deve però mantenere un equilibrio difficile tra le due più grandi economie del mondo. Per questo gigante del manifatturiero, oggi sono gli Stati Uniti il principale mercato di esportazione. Le tensioni commerciali tra Pechino e Washington, l’aumento dei costi della produzione in Cina e le interruzioni delle catene delle forniture durante la pandemia hanno spinto molte multinazionali occidentali a cercare alternative per ridurre la dipendenza dalla Repubblica popolare cinese. Una mossa che ha fatto esplodere il surplus commerciale del Vietnam con gli Stati Uniti che l’anno scorso ha superato i 123 miliardi di dollari. Quando, nel cosiddetto Liberation Day, Trump ha annunciato dazi devastanti su quasi tutti i paesi del sud-est asiatico – del 49 percento sulla Cambogia, del 46 percento sul Vietnam, del 24 percento sulla Malaysia – la regione rischiava di trasformarsi nella vittima del proprio stesso successo. Il leader del Vietnam, To Lam, è stato così tra i primi a chiamare Trump promettendo acquisti di aerei della Boeing e di sistemi di difesa della Lockheed Martin, ma anche dando il via libera ai servizi di Starlink di Elon Musk nel paese. Ora che i dazi “reciproci” sono sospesi per 90 giorni e sono in corso i negoziati tra i due paesi, la Casa Bianca ha chiesto al Vietnam di fermare le aziende cinesi che usano il sud-est asiatico per aggirare i dazi alle esportazioni in America. “E’ interesse del governo di Hanoi rafforzare i controlli e i regolamenti sui certificati di origine per garantire che l’etichetta Made in Vietnam sia davvero una produzione vietnamita”, spiega al Foglio una fonte diplomatica europea a Ho Chi Minh City. “Visto quanto è intrecciata la catena delle forniture di Cina e sud-est asiatico, per i paesi della regione è però impossibile scegliere tra Pechino e Washington”.