L’attacco a Sumy e poi a Kharkiv. Le mire del capo del Cremlino non sono mai cambiate, vuole la “denazificazione” e la “demilitarizzazione” dell’Ucraina e non esiste negoziato che tenga
A Sumy sono morte trentacinque persone dopo che l’esercito russo ha lanciato due missili Iskander contro il centro della città, tanto vicina al confine con Mosca da avere pochissimi minuti per mettersi in salvo quando inizia a suonare la sirena che indica l’inizio di un attacco. Domenica i minuti sono stati sette: troppo pochi, i cittadini hanno avuto a malapena il tempo di localizzare un rifugio, chi era in un mezzo di trasporto vicino ai punti delle esplosioni è rimasto in trappola. Oggi è partito un attacco di droni contro la regione di Kharkiv, sempre a un passo dal confine con Mosca, dove i cittadini hanno un tempo quasi inesistente per capire cosa fare dopo l’inizio dell’allarme. E’ stata colpita una zona commerciale, sono morte quattro persone. Più si parla di negoziati più la Russia aumenta la pressione non soltanto lungo la linea del fronte, non soltanto nelle quattro regioni che ha proclamato sue con un referendum illegittimo (Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk, Luhansk oltre alla Crimea) ma che il suo esercito non è riuscito a conquistare interamente. Bombarda tutto il territorio, i suoi soldati avanzano poco, ma i missili e i droni arrivano ovunque.
Lo scorso anno il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, aveva parlato di una possibile offensiva russa nelle regioni di Sumy e Kharkiv, le più colpite nelle ultime settimane. Per sventare la nuova avanzata, l’esercito ucraino aveva scelto di sorprendere Mosca con un’offensiva in territorio russo, avanzando nella regione di Kursk per distogliere uomini e mezzi dalle intenzioni di procedere in due diverse direzioni contro l’Ucraina. Ora i soldati russi sono riusciti a riprendere quasi interamente la regione di Kursk, utilizzando i dieci giorni in cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva deciso di togliere a Kyiv il sostegno dell’intelligence americana. Mentre Putin parla con il capo della Casa Bianca o con il suo emissario, va avanti per i suoi obiettivi che non sono mai cambiati dal 24 febbraio del 2022, data di inizio dell’invasione di tutto il territorio dell’Ucraina, e ancora prima dal 2014.
Vladimir Putin fa esattamente ciò che dice e persegue gli scopi che si è dato quando ha dichiarato guerra: denazificazione e demilitarizzazione dell’Ucraina. “Denazificare” vuole dire avere a Kyiv un governo che faccia tutto quello che vuole Mosca e non considererà questo obiettivo raggiunto fino a quando ci sarà Zelensky a capo del paese. Il problema, per il Cremlino, non è soltanto Zelensky, ma chiunque, come l’attuale presidente, venga eletto con un voto regolare e trasparente. Putin vuole controllare il paese, chi prende le decisioni, cosa votano gli ucraini e non si fermerà fino a quando non lo avrà ottenuto. I bombardamenti, le morti dei civili servono a creare caos interno, a stremare la popolazione, che è sicuramente stremata, ma dopo tre anni di guerra non cede alla tentazione di ledere l’unità interna. Con il caos interno, senza Zelensky o senza chi come lui rappresenta davvero la popolazione ucraina, Putin può fare del paese quello che vuole e si rende conto che quel momento non è ancora arrivato, quindi continua a uccidere e sfinire. L’altro obiettivo che il capo del Cremlino ha dichiarato quando è iniziata l’invasione totale è la demilitarizzazione. Vuol dire che non intende fermarsi fino a quando non avrà la certezza che l’Ucraina non sarà parte della Nato, sarà spogliata delle sue armi.
L’inviato di Trump, Steve Witkoff, venerdì è andato a San Pietroburgo a incontrare il presidente russo. Dalla visita non sono uscite dichiarazioni, è stata mostrata l’immagine in cui Witkoff attende il capo del Cremlino in una stanza e quando lo vede arrivare si mette una mano sul petto in segno di rispetto. Putin gli porge la mano, posa per la foto, non elargisce segnali di disponibilità. La Casa Bianca ha pochi successi da rivendicare con Putin, che finora non ha mai cambiato i suoi piani e “denazificazione” e “demilitarizzazione” rimangono le sue priorità. Trump, Witkoff, e l’inviato che dovrebbe occuparsi dei rapporti con Mosca e con Kyiv ma è stato messo da parte Keith Kellogg, hanno più volte rilasciato dichiarazioni che fanno capire che Washington è pronta a negoziare alle regole di Mosca: per Trump è stata Kyiv a iniziare la guerra con la Russia (“Non inizi una guerra con qualcuno venti volte più grande di te e poi speri che ti diano dei missili”, ha detto commentando i nuovi attacchi): Kellogg ha ammesso che l’Ucraina potrà essere divisa come Berlino, Witkoff ha parlato delle regioni occupate come se ormai fossero proprietà di Mosca.
Vladimir Solovev, forse il volto più noto della televisione russa in Italia, ha detto che le immagini di Sumy non sono vere, sono una messinscena delle autorità ucraine per screditare Mosca e i suoi attacchi mirati contro infrastrutture militari. Aveva detto lo stesso di Bucha, a smentire il massacro nella cittadina vicino Kyiv dedicò intere trasmissioni.