C’è chi dipinge il figlio del magnate delle banane che è l’uomo più ricco dell’Ecuador come un piccolo Trump latinoamericano. Ha sconfitto al secondo turno Luisa González, rappresentante del movimento dell’ex-presidente chavista Correa
Il presidente Daniel Noboa, figlio del magnate delle banane che è l’uomo più ricco dell’Ecuador, ha vinto ieri il secondo turno delle elezioni presidenziali. Secondo i risultati ufficiali del Consiglio Elettorale Nazionale (Cne), con il 90,93 per cento dei voti scrutinati, il presidente ha infatti ottenuto il 55,92 per cento dei voti validi, mentre la sua avversaria Luisa González, rappresentante del movimento dell’ex-presidente di area chavista Rafael Correa (ora esule in Belgio), di cui è stata ministro, è rimasta al 44,08 per cento.
Il risultato è piuttosto clamoroso, dal momento che al primo turno del 9 febbraio c’era stato un pareggio tecnico: 44,17 per cento di Noboa contro 44 di Luisa González. Il fatto che il partito indigenista il cui candidato era arrivato terzo col 5,25 per cento dei voti avesse deciso di votare per lei, pur turandosi il naso, faceva intravedere un vantaggio per la González. In pratica i sondaggi continuavano a dare pareggio tecnico, con Noboa in lieve vantaggio. Invece Noboa, che ottiene un mandato completo per il periodo 2025-2029, avendo assunto il potere nel 2023 attraverso elezioni anticipate, può ora parlare di “vittoria storica, una vittoria di oltre 10 punti”. Luisa González mette in discussione i risultati del ballottaggio presidenziale e chiede un riconteggio con l’apertura delle urne, adducendo dubbi sulla trasparenza del processo elettorale. “Mi rifiuto di credere che ci siano persone che preferiscono le bugie alla verità”, ha affermato in un messaggio indirizzato ai suoi sostenitori e al Cne.
È la seconda volta che Noboa sconfigge il Correísmo, dopo appunto il voto del 2023, ed è la terza volta consecutiva che il movimento dell’ex presidente Rafael Correa, condannato per corruzione e rifugiato in Belgio, perde le elezioni in Ecuador. L’autorità elettorale ha riferito che la partecipazione dei cittadini è stata pari a circa l’83% dei 13,7 milioni di elettori registrati. Nel suo discorso elettorale Noboa si è incentrato su questo nuovo mandato, definendolo un’opportunità per attuare senza ostacoli le trasformazioni di cui il Paese ha bisogno. Questa volta il suo partito detiene quasi metà dell’Assemblea Nazionale e si prevede addirittura che sua madre, la deputata eletta Anabella Azín, possa presiederla.
Noboa aveva promesso di affrontare la crisi energetica, ampliando la produzione con fonti rinnovabili; sviluppo economico via sostenibilità fiscale e programmi sociali; un programma per la costruzione di infrastrutture, case e strade; la lotta contro la corruzione. Il primo punto del suo programma è però la lotta dura contro i narcos e la delinquenza con metodi che potrebbero evocare il salvadoregno Bukele, e che hanno suscitato addirittura preoccupazioni al Congresso degli Stati Uniti. In una lettera inviata mercoledì al Segretario di stato Marco Rubio 14 rappresentanti democratici hanno infatti messo in guardia dalle minacce alla democrazia in Ecuador, criticando Noboa per aver affermato, senza prove, che c’erano state irregolarità nel primo turno, e per aver condotto una campagna elettorale dalla sua posizione, utilizzando risorse pubbliche e violando la stessa legge ecuadoriana. Tra i firmatari figurano Alexandria Ocasio-Cortez, Greg Casar, Jonathan L. Jackson, Rashida Tlaib, Delia C. Ramirez, Eleanor Holmes Norton, Henry C. “Hank” Johnson Jr., Jesús G. “Chuy” García, Nydia M. Velázquez, Jan Schakowsky, Lloyd Doggett, Mark Pocan, Ilhan Omar e André Carson. Insomma, Noboa come un possibile piccolo Trump ecuadoriano. Ma d’altra parte la sua avversaria aveva annunciato che da presidente avrebbe riconosciuto Maduro. E per Noboa aveva infatti chiesto di votare leader della opposizione venezuelana Corína Machado.