SelectUsa, il programma della Camera di commercio americana nato prima di Trump, offre incentivi gratuiti per la manifattura avanzata. Un’idea cui le aziende bresciane e della Brianza guardano con interesse dopo le tensioni innescate dai dazi
Chi parla di bastone (i dazi) e chi di carota (ponti d’oro alle aziende italiane che mettono radici in Usa). Ma per il momento si sente solo il rumore del crollo (o quasi) delle Borse di mezzo mondo. Milano compresa. La premier, in partenza per gli Stati Uniti, ha proposto alle imprese “un patto per fare fronte comune”: pochino per rispondere all’offensiva bestiale di The Donald. Sotto traccia, nella City lombarda, la Camera di commercio americana ha promosso incontri con le associazioni d’impresa. “Ma si tratta di un programma (SelectUsa) – nato anni fa e precedente l’arrivo di Trump – interamente gestito dall’Amministrazione americana attraverso il consolato, noi diamo assistenza, sosteniamo il programma e accompagniamo le delegazioni negli Stati Uniti”, spiega al Foglio il Consigliere delegato di AmCham, Simone Crolla. Concretamente di cosa si tratta? “E’ un progetto vasto, in collaborazione con tutti e 50 gli Stati, con significative risorse a disposizione”.
Gli interventi di mediazione sono completamente gratuiti: un’impresa italiana che voglia parlare con l’agenzia che opera in Florida – ad esempio – non deve pagare nulla, deve solo chiedere ciò di cui ha bisogno. “Saranno loro a mettere a disposizione incentivi fiscali, crediti d’imposta, crediti per il training del personale, dove collocare l’impresa, il tutto con una procedura velocizzata e per i progetti più grossi ci sono anche contributi a fondo perduto”, spiega Crolla. Certo è una sciocchezza pensare che il Parmigiano reggiano possa delocalizzare: “E’ il mondo della manifattura a essere interessato, perché gli Usa scontano un gap pesante e le competenze italiane – non solo nel food, nel fashion e nell’arredamento – ma con la robotica, l’automazione industriale, la meccanica, sono molto ricercate. Le aziende americane in questi settori sono più arretrate”.
In Lombardia, tra le imprese bresciane, in Brianza, dove l’alta tecnologia fa la differenza può crescere l’interesse. “Ci sono imprese come la Brugola, che produce viti speciali utili nel settore dell’automotive, che ha aperto uno stabilimento produttivo negli Usa anni fa, per stare vicina ai colossi dell’auto. Ma anche Agrati, come altre aziende della Brianza sono già negli Stati uniti. Anche gruppi più piccoli”. Ad essere interessato “non è necessariamente il consumatore finale ma le imprese” del manifatturiero più evolute. Per le aziende lombarde espandersi negli Usa è sempre stato un mast, negli ultimi 20 anni gli investimenti delle imprese italiane negli Usa sono cresciuti del 400 per cento, vuol dire che le imprese italiane sanno che è importante avere una base produttiva in America”. Ma com’è andato il tour per promuovere il piano SelectUsa in Lombardia? “Al di là delle schermaglie politiche, hanno mostrato interesse nel mercato americano”. I grandi gruppi, al momento, non mostrano particolare interesse, sono in attesa di capire se la missione di Meloni negli States produrrà risultati significativi e poi c’è sempre l’offensiva dell’Unione europea. Ma c’è – anche in Lombardia – chi guarda con sempre maggior interesse ai mercati orientali, asiatici e al Mercosur.