Odierne follie. Si vede una sigaretta! Parigi censura i poster della mostra “David Hockney 25”

Da decenni l’artista difende il vizio del fumo come parte integrante della sua pratica artistica. Ma ora anche la patria delle Gitanes senza filtro lo censura. Proibizionismo mascherato da ambientalismo

I corridoi piastrellati della metro parigina sono la più importante piattaforma di informazione culturale, alta e bassa. Qui i poster del nuovissimo poliziesco o della mostra al Louvre, del nuovo spettacolo alla Comédie o del nuovo album di Asterix avvertono i cittadini. Se qualcosa accade a Parigi, e cioè in Francia, lo vediamo correndo per salire sul vagone, tra il suono di chitarristi stonati, fastidiosi turisti col trolley e il perenne odore di pipì. E ora che il grande coleottero griffato di Frank Gehry si prepara a ospitare la mostra dell’anno, la retrospettiva dell’inglese, prestato alla California, David Hockney, ci si aspettava di vedere i suoi verdi e azzurri e rosa nei cunicoli stondati del sottosuolo parigino. E invece no. I poster della mostra “David Hockney 25” della fondazione Louis Vuitton non ci sono. La scelta viene dai manager del trasporto pubblico della capitale, città guidata – ancora per poco – dalla sindaca Anne Hidalgo, nota per riempire di piante strade e piazze, vera ecolò della prima ora.

La sigaretta accesa in un dipinto per i boss della Ratp è un gesto troppo radicale, e così si censura. Quello che è forse il più celebre artista vivente, amante dell’iPad, delle piscine, dei berrettini à la Luca Sardella e, appunto, delle sigarette, ha commentato la decisione come una “totale pazzia”. Una pazzia quasi più assurda della giustificazione di un sindaco come Beppe Sala che vieta le sigarette non solo alle fermate dei bus e nei parchi pubblici, ma quasi ovunque, con la scusa che “inquinano”. Proibizionismo mascherato da ambientalismo.

Da decenni Hockney, che ora ha 87 anni, difende il suo vizio come parte integrante della sua pratica artistica, ed è difficile trovare un autoritratto o una foto senza una sigaretta in bocca o tra le dita. Con le recenti campagne governative anti fumo non ha mai smesso di decantare le gioie del tabagismo. Nel 2005 si presentò al congresso del partito laburista inglese, che spingeva per regole sempre più strette, con un cartello che diceva: “La morte vi aspetta anche se non fumate”. Avendo iniziato quando aveva 16 anni, l’artista dice di fumare per la sua salute mentale, elogiandone gli “effetti calmanti”. Una posizione simile a quella di Sigmund Freud, che quasi invitava i suoi adepti ad accendersi un bel sigaro, quando andavano a trovarlo a Vienna, perché era il modo migliore per avere la mente lucida.

Qualche anno fa diceva Hockney si lasciò andare a una battuta andreottiana: “Tre dottori negli ultimi quarant’anni mi hanno detto di smettere di fumare, e ora sono morti tutti e tre”. E anche nella patria delle Gitanes senza filtro, Hockney, non è accolto. Parigi, che anche solo per la sua storia intellettuale dovrebbe avere una sorta di dottrina Mitterrand per i fumatori, è stata abbondata anche dallo scrittore americano David Sedaris, che ci si era trasferito proprio perché lì, fumare, era la cosa più accettata e normale del mondo, quasi una pratica benvenuta per mantenere l’immagine da cartolina del filosofo seduto al Café de Flore. E come non pensare a Umberto Eco, che smise di andare al cinema quando vietarono di accendersi una Marlboro in sala. O a Tomasi di Lampedusa, che senza la sigaretta tra le dita non avrebbe mai scritto Il Gattopardo (forse la serie è tremenda proprio perché gli sceneggiatori non fumano). Come diceva Hockney: “Picasso fumava, è morto a 91 anni. Monet fumava, è morto a 86 anni. Renoir fumava, è morto a 78 anni. Van Gogh fumava la pipa ed è morto presto, ma non per il fumo”.

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