“I dazi di Trump sui farmaci fanno solo il bene della Cina”. Parla Cattani, presidente di Farmindustria

Una stretta del 20 per cento impatterebbe per 20 miliardi di euro sulla filiera italiana. I medicinali salvavita sono difficili da sostituire, e il rischio è di “interrompere la continuità terapeutica dei pazienti americani”

“Indubbiamente siamo preoccupati. Trump sta giocando con la salute dei suoi cittadini”. Lo dice al Foglio Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, associazione aderente a Confindustria con circa 200 imprese farmaceutiche associate. Il settore era uno dei pochi esclusi dalla scure dei dazi annunciati dalla Casa Bianca per il “Liberation day”, ma lo scenario è cambiato dopo che ieri, durante una cena di gala a Washington, il presidente Donald Trump ha dichiarato che presto annuncerà “importanti dazi sui prodotti farmaceutici importati”.

Manco a dirlo, poco dopo le sue parole, una pioggia di vendite si è abbattuta sui titoli farmaceutici, da Piazza Affari agli altri listini europei. Pesa ancora una volta l’incertezza: non si sa quando entreranno in vigore, né con quale aliquota, ma qualche cifra si può ipotizzare: “Se i dazi fossero del 20 per cento, l’aggravio di costi sul settore italiano sarebbe di 20 miliardi”, spiega il presidente Cattani.

Di questi dazi si può ipotizzare solo l’obiettivo finale: costringere quante più aziende possibili a trasferire i propri impianti negli Stati Uniti, dove negli ultimi decenni la produzione nazionale di farmaci si è ridotta drasticamente. Ma questo obiettivo cozza con la realtà dei fatti, secondo Cattani: “Per la complessità della filiera, trasferire gli stabilimenti negli Usa richiederebbe almeno quattro o cinque anni”.

Stando agli ultimi dati della Food and Drug Administration, il 72 per cento dei produttori di principi attivi farmaceutici che riforniscono il mercato statunitense si trova all’estero: il 13 per cento in Cina, mentre il 26 in Europa. Fra questi, l’Italia ha una posizione di rilievo. “Siamo il primo produttore europeo, con un valore di oltre 56 miliardi nel 2024”, dice il presidente, ricordando come fra gli 11 miliardi di farmaci made in Italy, una grossa fetta siano vaccini, farmaci ad alto valore terapeutico e salvavita: “I rincari generati dai dazi porterebbero a delle carenze, che a loro volta interromperebbero la continuità terapeutica dei pazienti americani, con enormi costi per il loro sistema assicurativo”. Un impatto negativo sulla salute e sul pil statunitense a vantaggio della Cina, “che rafforzerebbe la sua capacità di attrarre investimenti e know how nel settore farmaceutico. E questo è un danno per tutti”.

Grazie a investimenti massivi, negli ultimi anni Pechino ha incrementato le sue capacità nella ricerca e nella tutela dei brevetti. “Il paese ha capito che il farmaceutico è il settore con il più alto ritorno rispetto all’investimento. Sia in termini di cura per la salute ma anche di ricchezza economica”. Nonostante i timori, prevale l’ottimismo. “Sono in contatto con il ministro Antonio Tajani quotidianamente e ho fiducia nel bilaterale della settimana prossima tra la premier Meloni e Trump, per ricondurlo alla ragionevolezza e allo zero-zero sui dazi”. Ma nel frattempo, per tutelare l’export italiano occorre guardare ad altri porti in cui sbarcare: “Dal Mercosur all’Africa del Piano Mattei, fino agli accordi commerciali con Arabia Saudita ed Emirati Arabi: dobbiamo definire una strategia collettiva che ci apra più velocemente a nuovi mercati”.

A Palazzo Chigi circola da giorni l’idea di rimodulare risorse del Pnrr e per far fronte all’emergenza dazi con misure di sostegno all’economia. “Di fondo sono favorevole a ogni intervento che vada nella direzione di stimolare lo sviluppo industriale e l’export – sottolinea Cattani – ma serve prima avere chiarezza su quanti dazi verranno applicati per effettuare degli interventi mirati”. La negoziazione con gli Stati Uniti, sia da Roma che da Bruxelles, deve fare in modo che i prodotti importanti per la salute dei cittadini “possano fluire liberamente da un paese all’altro. La sostituzione di un farmaco non è così semplice. Mi auguro che prevalgano ragionevolezza e il buon senso, al di fuori degli slogan politici di Trump”, conclude il presidente: “Ne va della salute dei cittadini americani, ma anche della prosperità europea”.

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