Il Ftse Mib guadagna il 6-7 per cento in apertura di contrattazioni, in linea con gli altri listini. La decisione americana dopo l’attacco al debito pubblico: dimostra che anche Trump non è immune ai mercati finanziari
Il gran rimbalzo delle borse europee di stamattina – con il Ftse Mib che guadagna il 6-7 per cento in apertura di contrattazioni in linea con gli altri listini – e il forte recupero delle borse asiatiche stanotte sulla scia dell’impennata di Wall Street, dice che gli investitori hanno interpretato la tregua di 90 giorni sui dazi reciproci (tranne che per la Cina) come una capitolazione di Trump davanti al tracollo degli indici dei giorni scorsi. E, in effetti, potrebbe anche essere, considerato da tempo gira tra gli operatori finanziari la teoria che il presidente americano, considerato sensibile ai corsi azionari, non avrebbe osato andare oltre una certa ‘soglia di dolore’ di Wall Street. Ma la ragione principale per cui la Casa Bianca è scesa a più miti consigli sulle tariffe – minimizzando, tra l’altro, l’effetto dei suoi annunci (della serie “Non sapevamo avremmo avuto tale impatto”) è stata probabilmente l’attacco al debito pubblico americano che si è consumato nella notte tra martedi e mercoledì scorso. L’improvvisa svendita di Treasury – i titoli di stato a stelle e strisce i cui rendimenti hanno raggiunto il 4,5 per cento, superando in certe fasi il 5 per cento per le scadenze più lunghe – ha allarmato il cerchio magico più oltranzista della Casa Bianca.
Tutti gli analisti hanno fatto, infatti, notare che è davvero insolito che in un periodo in cui si attende una recessione mondiale gli investitori vendano in modo massiccio quelli che storicamente sono considerati un bene rifugio. In genere, avviene l’esatto opposto. Chi è stato a disfarsi dei titoli, la Cina, l’Europa, il Giappone? I principali detentori del debito pubblico americano, come ritorsione? Potrebbe essere stata anche la speculazione degli hedge fund o investitori istituzionali tradizionali che non hanno più fiducia nella crescita e nella stabilità americana. Comunque sia, il messaggio è stato avvertito forte e chiaro dall’amministrazione Usa, che ha deciso la pausa di tre mesi per quasi tutti i paesi con tariffe reciproche del 10 per cento ma caricando ulteriormente la Cina fino al 125 per cento. Come per dire: ce l’ho soprattutto con loro. Il recupero, almeno in parte, degli indici borsistici europei non può che far tirare un sospiro di sollievo a tutti perché, aspetto che spesso viene poco sottolineato, in ballo non ci sono solo i grandi capitali, ma i risparmi di milioni di cittadini che hanno investito in polizze vita e fondi pensione integrativi, solo per fare un esempio.
Ma quanto durerà? La paura si allontana, ma l’incertezza introdotta dal presidente Trump nel mondo degli investimenti finanziari resta. Non si sa mai quale potrebbe essere la prossima mossa. Trasformare i mercati azionari e obbligazionari in una specie di giostra impazzita è una pessima idea il cui prezzo è pagato dai più deboli mentre appare sempre più plausibile l’idea che la Casa Bianca, oltre che da una tecnocrazia ideologizzata, sia frequentata da personaggi che stanno cavalcando l’onda per giocare al ribasso e al rialzo sui mercati. Un gioco che ricorda la “Grande scommessa” sui subprime dei tempi Lehman Brothers. Intanto, però, la tregua sui dazi sta facendo sentire i suoi effetti benefici sulle borse e potrebbe invertire le previsioni più pessimistiche sull’economia. Goldman Sachs ci ha già pensato dicendo, poche ore fa, di non aspettarsi più una recessione.