Non solo Carlo e Camilla. Italia e reali, una fascinazione corrisposta

La visita dei sovrani britannici a Roma e a Ravenna conferma la loro fascinazione verso il nostro paese, ma anche quella degli italiani per la monarchia britannica. L’unica che ancora giustamente esibisce i pennacchi e le carrozze

D’accordo, per tre giorni ci divertiremo con tutto il pomposo apparato delle visite di stato, i cappellini di Camilla, le cravatte di Carlo, i corazzieri in gran tenuta, le Frecce tricolori e quelle britanniche, i menu di pranzi e cene, la Corona e le corone d’alloro, gli immancabili preparatissimi fuori programma, il discorso al Parlamento e la visita al nuovo museo dedicato a lord Byron a Ravenna, e solo speriamo che l’attuale classe dirigente italiana che, quell’alieno di Mattarella a parte, ha lo stesso uso di mondo e la stessa allure degli uomini di Neanderthal, non faccia gaffe o almeno non ne faccia troppe. Sullo sfondo ci sono anche concretissime questioni economiche e politiche, come i dazi amari di Trump, il progetto del nuovo caccia europeo, i disastri della Brexit e così via. Quello di casa Windsor è un “soft power”, che però per essere soft non smette di essere potere, e l’ostensione dei reali rimane tuttora una risorsa della diplomazia britannica.

Però questa tournée delle LL. MM. Carlo III e Camilla è soprattutto la conferma di una doppia fascinazione. La prima, quella dei britannici per l’Italia, poco considerata come Nazione per le sue deplorevoli performance militari e l’abitudine di non finire mai una guerra con gli stessi alleati con cui l’aveva iniziata, ma amatissima quanto a stile di vita e, nel caso dell’attuale Sovrano, l’unico Windsor da alcune generazioni ad aver letto dei libri, anche per cultura. Carlo è alla sua diciottesima visita in Italia, senza contare quelle private agli amici nel Chiantishire. Ma anche Elisabetta veniva volentieri e per esempio del celebre viaggio del ’61 si ricordano gli apprezzamenti per i cavalli di piazza di Siena e un curioso incidente durante la visita al Colosseo. Le faceva da guida un famoso anglologo reputato menagramo: infatti puntualmente andò via la luce, e lui: “Non si preoccupi, Ma’am, sono io”. Insomma, non saranno più i tempi del grand tour quando ogni turista era britannico a prescindere e gli osti fiorentini dicevano: “Sono arrivati degli inglesi, ma non ho ’apito se sono tedeschi o russi”, ma vista dall’altra parte della Manica l’Italia resta un paradiso di sole, vino, cibo e, volendo, arte.

L’altra attrazione è eguale e contraria: quella degli italiani per la monarchia, però per l’unica che ancora giustamente esibisce i pennacchi e le carrozze, insomma quella britannica. Quando transitano dal Quirinale sovrani anche simpaticissimi come i danesi o gli olandesi non se li fila nessuno (gli spagnoli, magari, un po’ di più). Gli unici a scatenare davvero la curiosità collettiva sono i Windsor, dando così ragione postuma alla profezia di Farouk d’Egitto che dei suoi colleghi diceva che ne sarebbero rimasti solo cinque: quelli delle carte da gioco e il Re d’Inghilterra. Si sa che gli unici veri monarchici sono i repubblicani. E’ verissimo nel caso della Francia, dove infatti la Repubblica è la più monarchica che si possa immaginare; ma vale anche per l’Italia, anche se a noi a suo tempo toccò in sorte una dinastia di montanari francesi invece di una delle vere grandi famiglie autoctone sul cui mecenatismo ancora campiamo (tipo Medici, Este, Gonzaga, Farnese, Visconti, do you know?).

Infine, c’è un aspetto privato che, fra tutta questa pomp and circumstance, rende personale e sì, quasi tenera l’occasione: che Carlo e Camilla abbiano scelto l’Italia per festeggiare i loro vent’anni di matrimonio. Proprio come molte coppie di loro sudditi in luna di miele under the tuscan sun (o roman, o venetian). Segno che il mito sdrucito dell’Italia come paese dell’amore e della bellezza, tutto sommato, ancora regge.

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