Il “Collettivo Democrazia, etica e solidarietà”, che include personalità della politica, del mondo scientifico, bioetico e giuridico, ha presentato un parere sulla legge sul fine vita che sarà discussa in Assemblea nazionale francese. Un allarme sulla vaghezza del testo e sugli scenari rischiosi che si aprono
Un centinaio di personalità tra cui tre ex ministri (uno di questi è Jean Leonetti, promotore della legge che porta il suo nome accanto a quello di Claeys) e rilevanti figure del mondo scientifico, bioetico e giuridico francese si sono riunite nel “Collettivo Democrazia, etica e solidarietà” (collectif-des.fr) e giovedì 3 aprile hanno pubblicato un parere dal titolo “Fin de Vie: les enjeux d’une loix en faveur d’une mort programmée” (Fine vita: la posta in gioco di una legge in favore di una morte programmata), ripreso dal Figaro del 7 aprile. “L’apertura di un diritto a provocare la morte non sopporta né incoerenze né approssimazioni né scarse protezioni e garanzie” si legge nel testo reso noto esattamente alla vigilia della ripresa del dibattito all’Assemblea nazionale. Trenta pagine nettissime nell’evidenziare il rischio di votare “una legge di autodeterminazione” che potrebbe riguardare migliaia di persone e non “una legge di eccezione” ristretta alle questioni più spinose della fine della vita.
La posizione di Emmanuel Macron che prometteva di instaurare un aiuto a morire in “specifiche condizioni ristrette” non sarebbe, per dirla chiaramente secondo i firmatari tra i quali la dottoressa Claire Fourcade, presidente della Società francese di cure palliative e diverse figure del Comitato nazionale francese di etica, per nulla rispettata dal testo in discussione. Il parere usa parole chiare anche per definire la procedura che dovrebbe portare alla morte provocata come “anormalmente sbrigativa”. “Avvertiamo il dovere di lanciare l’allarme sull’impatto del testo che sarà discusso all’Assemblea nazionale – afferma il bioeticista e cofondatore del Collettivo Emmanuel Hirsch. Questa proposta di legge ci sembra una frattura antropologica che rimette in causa i fondamenti della nostra democrazia, specialmente i nostri valori di solidarietà verso le persone fragili e vulnerabili”.
Scendendo nel particolare il rischio che il Collettivo mette in evidenza, tra gli altri, è quello di aver tolto dal testo in discussione il riferimento a una malattia giunta “agli ultimi giorni” a favore di un vago accenno a un non meglio precisato “breve termine” (giorni? mesi? anni?). I criteri per accedere alla morte assistita sarebbero inoltre diventati “vaghi e soggettivi” – afferma Laurent Frémont – “aprendo l’accesso a grande scala alla morte provocata”. Secondo la proposta di legge un medico (da solo) dovrebbe pronunciarsi sulla domanda di morte assistita di un paziente entro “un tempo massimo di 15 giorni” dopo i quali il paziente avrebbe 48 ore per confermare il proprio desiderio di morte. “In caso di dolore refrattario – continua Fremont – sarebbe più facile ottenere un’eutanasia che una visita specialistica di terapia del dolore, visti i tempi di attesa constatati oggi in Francia”. La richiesta di morire del paziente potrebbe addirittura essere “orale”, senza bisogno di metterla per iscritto. “La morte di una persona non è reversibile – aggiunge Emmanuel Hirsch – è indispensabile un controllo a priori delle domande e assicurarsi che tutte le alternative siano state davvero proposte al paziente”.
I giuristi del Collettivo sottolineano poi il rischio che si crei un “diritto a morire rivendicabile giuridicamente” di fronte al quale un medico che si rifiutasse di procedere nel far morire un proprio paziente rischierebbe di essere incriminato. “Legalizzando, si legittima”: una rapida via di trasformare un delitto in diritto prenderebbe corpo, il diritto finirebbe poi rapidamente per diventare un dovere. “I pazienti che soddisfano i criteri legali per la morte assistita sarebbero sempre più spinti a domandarsi se davvero vogliono continuare a vivere” conclude Hirsch. Il parere del Collettivo non dimentica i malati in grande sofferenza ma, piuttosto che una legge che legalizza eutanasia o suicidio assistito, suggerisce “risposte mirate su ogni specifico caso”. “Si la mort touche à l’intime, elle ne peut être normée”, si legge infine nel testo del Collettivo. E confrontandosi con questa e con altre proposte di legge “scorticate parola per parola” si comprende bene il senso di quell’“intimità” toccata dalla morte, uno spazio inesplorato e fragilissimo che il Diritto dell’uomo fatica a interpretare.