Domenica, 6 aprile, tre manifestazioni hanno segnato l’inizio della corsa all’Eliseo: Marine Le Pen difende la sua candidatura nonostante la condanna, Mélenchon raduna una sinistra divisa, mentre Gabriel Attal lancia il suo primo grande comizio
Parigi. Domenica 6 aprile non è stata soltanto la domenica di Marine Le Pen e dei suoi sostenitori, riunitisi a Place Vauban, nel Settimo arrondissement di Parigi, per manifestare la loro vicinanza alla leader del sovranismo francese, condannata a quattro anni di carcere e a cinque di ineleggibilità con esecuzione immediata per appropriazione indebita di fondi pubblici europei. In simultanea, a pochi chilometri di distanza, sono andati in scena altri due raduni che assomigliavano a un inizio di campagna elettorale: quello della France insoumise e dei Verdi a place de la République, ma soprattutto quello di Gabriel Attal alla Cité du Cinéma di Saint-Denis. “Un antipasto delle presidenziali”, ha scritto la stampa parigina, sottolineando che sui tre palchi c’erano i principali candidati alla corsa per l’Eliseo, visto che l’attuale presidente, Emmanuel Macron, non potrà più ricandidarsi per sopraggiunti limiti di mandato: Marine Le Pen, capogruppo dei deputati del Rassemblement national (Rn), il cui destino, tuttavia, è sospeso al verdetto della Corte d’appello di Parigi previsto nell’estate del 2026; Jean-Luc Mélenchon, frontman della sinistra giacobina; Gabriel Attal, l’ex primo ministro e attuale presidente di Renaissance, il partito macronista.
La piazza lepenista non è stata una “Capitol Hill in versione francese”, come temevano certi commentatori in riferimento alle violenze dei militanti trumpiani del gennaio 2021, ma non è stata nemmeno quella piazza calda e vivace auspicata dallo stato maggiore della leader sovranista. “Per fortuna, le riprese televisive danno l’impressione che ci sia molta gente, ma se fanno una ripresa aerea, siamo morti”, ha detto domenica a Libération un dirigente di Rn. Il partito si aspettava otto mila persone, il giovane presidente di Rn, Jordan Bardella, ha ringraziato dal palco “i dieci mila” presenti, la prefettura, invece, ne ha contati a malapena sette mila. Ma al di là della guerra delle cifre, la certezza è che Le Pen non ha alcuna intenzione, per ora, di lasciare il posto al suo delfino: non c’è alcun piano B, nessun piano Bardella. “Tutti devono saperlo: non mollerò di un centimetro”, ha dichiarato la leader sovranista. “E’ una caccia all’uomo”, ha proseguito Le Pen, affermando di essere stata aggiunta ai “trofei di caccia” dei magistrati francesi: “Non esito a sottolineare la dimensione politica nel processo che ci viene fatto. Non si tratta di una sentenza giudiziaria. Si tratta di una sentenza politica”. Le Pen è convinta che la Corte d’appello di Parigi ribalterà la sentenza di primo grado, o che toglierà quantomeno l’esecuzione provvisoria dell’ineleggibilità. E se ciò accadrà, avrà almeno otto mesi di campagna. Intanto, si gode i sondaggi: l’ultimo di Elabe, uscito sabato, la accredita davanti a tutti i potenziali competitor per l’Eliseo, tra il 32 e il 36 per cento dei suffragi in vista del primo turno delle presidenziali.
Place de la République è la piazza storica della gauche: è la piazza dei grandi raduni per le cause progressiste, di Charlie Hebdo, di Nuit Debout. E negli ultimi anni è diventata la piazza di riferimento della France insoumise, la formazione della sinistra radicale di Mélenchon. Il guru giacobino era presente al meeting “contro l’estrema destra” organizzato dal suo partito e dai Verdi in risposta al raduno lepenista di Place Vauban, ma ha preferito non prendere la parola. Forse anche perché non è stato un successo: erano attesi 15 mila sostenitori per denunciare “l’attacco alla République, alla democrazia e allo stato di diritto” di Rn, secondo le parole del presidente di Lfi Manuel Bompard, ma si sono presentati soltanto in tremila. L’immagine trasmessa domenica da Place de la République è anche quella di una sinistra divisa. Socialisti e comunisti hanno infatti disertato la piazza di Lfi e dei Verdi, sempre più convinti della necessità di voltare la pagina Mélenchon. Secondo il sondaggio Elabe di sabato, solo un elettore su tre del Nuovo fronte popolare, l’alleanza delle sinistre in Parlamento, si è detto pronto a votare per il leader Lfi nel 2027. Alla Cité du Cinéma di Saint-Denis, Attal ha tenuto domenica il suo primo meeting pubblico da quando è diventato presidente di Renaissance, attaccando frontalmente Le Pen, quasi a voler installare fin da subito il potenziale duello delle prossime presidenziali. “Oggi è il primo giorno di una nuova fase politica, che ci porterà fino al 2027”, ha detto Attal alle sue truppe, lasciando pochi dubbi sulle sue intenzioni. Dopo essere stato il più giovane primo ministro della Quinta Repubblica, Attal vuole salire ancora più in alto.