Dare risposte contro quella illegale non è xenofobia ma è un dovere per fare i conti con la realtà. Appunti per tutti, anche per l’Italia
Non è destra: è buonsenso. Non è razzismo: è governo. Non è xenofobia: è legalità. Il più importante leader della sinistra europea, Keir Starmer, unico leader progressista in Europa (Sánchez a parte), nell’Europa allargata, a essere alla guida del governo di un grande paese con una maggioranza solida, compatta, ieri ha scelto di mettere al centro del dibattito pubblico del proprio paese un tema che nessuna grande sinistra europea oggi ha il coraggio di considerare cruciale, dirimente e dirompente. Il tema, naturalmente, ha a che fare con uno dei grandi tabù delle sinistre mondiali, uno dei grandi temi rimossi dall’agenda del progressismo europeo, uno dei tanti temi che la sinistra ha regalato alla destra nonostante non riguardi la destra ma riguardi semplicemente la legalità. E quel tema coincide con due parole che i leader progressisti tendono purtroppo a maneggiare come un carbone ardente: immigrazione illegale.
Starmer, organizzando a Londra il primo summit sulla criminalità organizzata nell’immigrazione, ha rotto un tabù e si è concentrato su una questione che dovrebbe divenire patrimonio condiviso di tutte le sinistre europee. Il punto è semplice: se non hai il diritto di stare in questo paese, allora non dovresti stare qui. Starmer ha annunciato il rimpatrio imminente di 24 mila persone che non hanno il diritto di stare nel Regno Unito, “il numero più alto da quasi un decennio a questa parte”. Ha corredato l’annuncio con una campagna comunicativa aggressiva, caratterizzata da una scritta in rosso maiuscolo sopra un aeroplanino che spicca il volo: “Oltre 24 mila persone senza diritto di stare nel Regno Unito sono state mandate via”, removed, “e questo è stato fatto dal governo laburista”. Poi ha promosso di smantellare “per sempre” le bande di trafficanti di esseri umani. Ha detto che il suo piano per la legalità permetterà di “rimpatriare più persone, permetterà di salvare vite, renderà sicuri i nostri confini, annienterà le gang”. E ha spiegato, da sinistra, che “non ci si può limitare a stare sulla nostra costa e guardare il mare”.
La critica indiretta di Starmer è al fronte politico europeo che tra la difesa della legalità e la difesa dell’immobilismo, quando parla di immigrazione, sceglie la difesa dell’immobilismo, senza capire che non dare risposte sull’immigrazione, o dare solo risposte umanitaristiche, significa alimentare quella spirale di insicurezza che porta a rafforzare il populismo e significa anche essere “ingiusti nei confronti degli stessi migranti illegali perché si tratta di persone vulnerabili, sfruttate senza pietà da bande vili”. Nel farlo, Starmer, oltre ad aver indicato l’intenzione di rivedere l’applicazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela il diritto alla vita familiare, poiché spesso viene invocato per evitare l’espulsione, ha messo al centro del suo ragionamento anche un altro tabù, che era l’essenza del messaggio della Brexit: uscire dall’Europa, fare da soli, per riprendere il controllo dei propri confini. Starmer ha detto che no, “nessun paese può farcela da solo”, e anche per governare l’immigrazione illegale occorre “cooperazione internazionale” e monitorare insieme “le rotte di approvvigionamento, dei finanziamenti alla criminalità e della pubblicità online sul traffico di esseri umani”.
La sveglia di Starmer è rivolta al proprio paese, ma è una sveglia universale al centro della quale vi è un messaggio importante: governare i confini, renderli sicuri, ribellarsi all’idea che chiunque voglia venire nei nostri paesi debba poterlo fare, significa lavorare per la legalità e significa riprendere il controllo sul proprio paese dalle isterie populiste. Dove si crea un vuoto, arrivano gli estremisti. Dove il vuoto viene occupato dai partiti riformisti, si fa politica. Dove vi è una destra che ha il monopolio delle risposte sulle immigrazione, la sinistra di solito viene spazzata via. Si scrive Starmer, si legge realtà. Appunti per tutti, anche per l’Italia.