Nel giro di otto anni sono aumentate di quasi il 50 per cento. Nonostante tutte le sanatorie introdotte nel frattempo e i record dell’attività di riscossione raggiunti dall’Agenzia delle Entrate. Il motivo? Chi viene raggiunto da una cartella esattoriale molto spesso non paga
I governi di ogni maggioranza politica nell’ultimo decennio hanno approvato una lunga lista di sanatorie fiscali e condoni: almeno quattro rottamazioni di avvisi di pagamento e altrettanti decreti di cancellazione di cartelle mai saldate e ormai senza alcuna speranza di essere recuperate. Misure che hanno cancellato decine di miliardi di debiti dei contribuenti mai pagati al fisco. Eppure nello stesso periodo la montagna di soldi dovuti all’Agenzia delle Entrate e agli altri enti creditori continua a farsi più alta. Nel 2024 era pari a 1.280 miliardi di euro, ben più dei 1.207 miliardi del 2023 e dei 1.153 del 2022. Soldi che basterebbero a pagare tutte le spese dello stato e degli enti locali per un anno intero. Nel giro di otto anni le tasse che il fisco non riesce a riscuotere sono aumentate di quasi il 50 per cento. Nonostante tutte le sanatorie introdotte nel frattempo e i record dell’attività di riscossione raggiunti dall’Agenzia delle Entrate.
Come è stato possibile? Semplice: chi viene raggiunto da una cartella esattoriale molto spesso non paga. I numeri pubblicati dall’Ufficio parlamentare di Bilancio lo spiegano chiaramente. Nel 2024 il carico affidato alla riscossione è cresciuto di 89 miliardi di euro, più che compensando il carico riscosso di 16 e gli altrettanti miliardi annullati dalle sanatorie. Si cerca di svuotare con un secchiello un lago riempito da un fiume immissario in piena. Peraltro questi debiti nella maggior parte dei casi non saranno mai riscossi. Per la maggior parte si tratta di contribuenti su cui è già stata tentata, senza successo, un’attività di riscossione; oppure i debitori sono ormai deceduti, o risultano nullatenenti. Ciò che lo stato può seriamente sperare di ottenere sono circa 100 miliardi di euro: meno del 10 per cento.
L’identikit del contribuente infedele redatto dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione è ancora più disarmante per chi le tasse, i bolli e le multe li paga tutti. I contribuenti che hanno debiti verso il fisco sono quasi 19 milioni di italiani, tolte le società e le associazioni. Quasi uno su due. E di questi 6 su 10 presentano carichi iscritti a ruolo riferiti ad almeno dieci annualità diverse. Va detto che nella maggior parte dei casi si tratta di debiti di modesta entità: 87 per cento dei soldi dovuti al fisco fa riferimento ad appena 1,3 milioni di contribuenti con debiti superiori a 100mila euro. Altri 10 milioni di italiani invece devono meno di 1.000 euro l’uno. Non pagare le cartelle sembra dunque la regola per molti contribuenti. Solo una su cinque viene pagata entro i termini previsti; un ulteriore 25 per cento entro 4-5 anni. Mentre le restanti – vale a dire la metà – non viene proprio saldata.
Come è possibile che il fisco italiano si trovi in una tale condizione? Procedure burocratiche vetuste, carenza di organico dell’Agenzia delle Entrate, assenza di azioni di recupero mirate. Tutte ragioni che contribuiscono allo stato comatoso della riscossione. Ma secondo l’Ufficio parlamentare di Bilancio c’è un’altra ragione che spinge gli italiani a non pagare una cartella esattoriale su due: “L’iterazione e la stratificazione di forme di agevolazione sempre più generose e di annullamento dei crediti contribuiscono ad alimentare nei contribuenti l’aspettativa che il mancato pagamento dei tributi possa essere sanato o condonato in maniera progressivamente più agevolata”. In Parlamento si sta discutendo la quinta finestra di pagamento a rate delle cartelle. Nel primo anno di applicazione dell’ultima rottamazione il 43 per cento delle rate promesse non sono state versate. Numeri che parlano da soli.