La leader del Rassemblement National è stata giudicata colpevole di appropriazione indebita per 474.000 euro di fondi europei e dichiarata ineleggibile per cinque anni. I giudici hanno definito il suo coinvolgimento un “sistema” instaurato dal padre Jean-Marie Le Pen
Parigi. La madrina del sovranismo francese e capogruppo dei deputati del Rassemblement national (Rn), Marine Le Pen, è stata condannata assieme ad altri otto eurodeputati Rn per appropriazione indebita di fondi pubblici nell’ambito dell’affaire degli assistenti parlamentari europei a Strasburgo. L’accusa, a novembre, aveva chiesto cinque anni di carcere, di cui tre con la condizionale, e l’ineleggibilità con “esecuzione immediata”, ossia senza attendere i successivi gradi di giudizio.La sentenza emessa questa mattina dal Tribunale di Parigi condanna Le Pen a quattro anni di carcere, di cui due senza condizionale ma con l’uso del braccialetto elettronico, oltre a confermare l’ineleggibilità per cinque anni con “esecuzione immediata”. Anche in caso di ricorso, Le Pen non potrà de facto presentarsi alle elezioni presidenziali del 2027. La misura ha una “funzione punitiva e necessaria”, ha giustificato la presidente del Tribunale, Bénédicte de Perthuis.
La corte ha stimato a 2,9 milioni di euro l’entità della frode degli eurodeputati sovranisti, avendo “il Parlamento europeo pagato per persone che in realtà lavoravano per il partito di estrema destra”. La presidente del Tribunale di Parigi ha precisato che l’entità della frode di cui è colpevole la leader Rn è di 474mila euro, per i posti di quattro assistenti parlamentari. “Marine Le Pen è stata giudicata colpevole di appropriazione indebita di fondi pubblici per un totale di 474.000 euro”, ha dichiarato il magistrato, secondo cui la leader Rn era “con autorità e determinazione coinvolta nel sistema istituito da suo padre”, Jean-Marie Le Pen, ovvero il “sistema” di appropriazione indebita di fondi pubblici che era stato messo in piedi.
Per la presidente del tribunale, Le Pen è stata “al centro di questo sistema dal 2009”. I dodici assistenti sotto processo assieme a Le Pen e agli altri eurodeputati sono stati a loro volta giudicati colpevoli di ricettazione. I nove deputati e i dodici assistenti hanno firmato dei “contratti fittizi” nel quadro di un “sistema” allestito dal partito, ha sottolineato la presidente del tribunale, prima di aggiungere: “È stato stabilito che tutte queste persone lavoravano in realtà per il partito, che il loro deputato non aveva affidato loro alcun incarico e passavano da un deputato all’altro”. “Non si trattava di mettere in comune il lavoro degli assistenti, ma piuttosto di mettere in comune le buste dei deputati”, ha affermato. Nel 2021, il Journal du dimanche, riportando le conclusioni dell’inchiesta dell’Oclciff, ha indicato che dal 2014 Le Pen sarebbe stata “l’istigatrice e la beneficiaria di un sistema fraudolento di distrazione di fondi europei a suo profitto, attraverso falsi impieghi di assistenti parlamentari”. La sua guardia del corpo, Thierry Légier, reclutato come assistente parlamentare, era pagato novemila euro al mese netti, per 85 ore mensili, secondo il rapporto dell’Oclciff.
“Il Jdd, organo ufficiale del potere macronista, tira fuori lo stesso sempiterno affaire degli assistenti parlamentari, come a ogni elezione. Niente di nuovo sotto il sole, tranne, forse, dei buoni sondaggi in vista?”, twittò la leader sovranista, secondo cui dietro l’articolo del Jdd c’era la mano del presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, preoccupato dalla crescente popolarità di Marine all’orizzonte delle presidenziali del 2022. “La mia sopravvivenza politica, ovviamente, dipenderà dall’esecuzione o meno di questa condanna alla morte politica”, fu lo sfogo di Le Pen lo scorso novembre in un’intervista su Tf1, dopo la richiesta della procura. Presentandosi come vittima di una persecuzione orchestrata dai socialisti, volta a estrometterla per vie giudiziarie dall’arena politica, Le Pen aggiunse che un’eventuale condanna impedirebbe a milioni di francesi di “votare per chi desiderano”.
“Credo sia stato l’obiettivo fin dall’inizio di questa operazione, che è stata lanciata da un socialista, Martin Schulz, all’epoca presidente del Parlamento europeo, in accordo con la socialista Christiane Taubira, all’epoca ministro della Giustizia francese”, è la convinzione di Le Pen, secondo cui l’accusa è “oltraggiosa” e “sproporzionata rispetto a qualsiasi altra accusa dello stesso tipo”. In un’intervista pubblicata da La Tribune pochi giorni fa, la leader sovranista si esprimeva in questi termini: “Ho letto qua e là che saremmo nervosi. Personalmente non lo sono, ma capisco perché potremmo esserlo: con l’esecuzione provvisoria, i giudici hanno il diritto di vita o di morte sul nostro movimento”. Questa mattina, prima della decisione del Tribunale di Parigi, Le Pen aveva evocato per la prima volta la possibilità che sia Jordan Bardella, il suo delfino e attuale presidente di Rn, il candidato del partito sovranista alle elezioni del 2027: “Jordan ha la capacità di essere presidente della Repubblica”.