No ink, no paper, no AI party

Finché è online, l’universalità dell’intelligenza artificiale resta nella percezione dell’opinione allo stato gassoso. Quando la adotta un giornale di carta, piccolo o grande che sia, l’AI prende invece carne e consistenza solidissima

Non è che l’AI (Intelligenza Artificiale) sia una novità. Sono trent’anni che sfrigola nell’ombra per noi persone comuni e si prepara a diventare quel che ora è diventata, un’utenza universale. Ma la chiave o una delle principali chiavi di lettura dell’esperienza da noi ideata è il suo contatto con la carta, con la carta quotidiana. Finché è online, finché serve a usi nobili, eccellenti, scientifici, la sua universalità, come ha detto giustamente Cerasa, resta nella percezione dell’opinione allo stato gassoso, sebbene abbia effetti dirompenti di cui non ci si avvede nemmeno tanto sono pervasivi, e lo stato gassoso permane anche quando serve per una lettera di condoglianze o per un tema in classe o per una ricerca complessa o per una informazione generica, tipo motore di ricerca avanzatissimo, fulmineo, o per un milione di altri usi strumentali, anche in questi casi siamo noi che ci sentiamo assorbiti da una nuvola.

L’AI prende carne e consistenza solidissima quando la adotta un giornale di carta, non importa se sia di nicchia, piccolo, o un grande giornalone internazionale di quelli, e sono tanti, che in Europa e nel mondo intero hanno mostrato autorevolissima curiositas per l’esperimento del Foglio. Al giornale di carta l’AI può servire come un doppio o una replica di contenuti, e perfino stilistica, basta che un direttore e il suo team pongano le domande giuste e umanissime e abbiano il coraggio di stampare, impaginare, ordinare “nella preghiera del mattino dell’uomo moderno” (Hegel) le risposte talvolta, spesso, quasi sempre, incredibilmente soggettive, umanizzate, personalizzate perfino, della macchina algoritmica. Ma no ink, no paper, no AI party. Domande e risposte sono altrettanto importanti, le risposte spaventosamente stupefacenti, ma il risultato, convogliato in un layout ordinato e leggibile anche senza di lei, in una testata, in un ordine di stampa, in una rotativa, in un torrente di inchiostro, in una distribuzione, in un acquisto, e nel suo simulacro online, per abbonamenti, che prende un senso speciale dall’essere la replica di un cartaceo, diventa un risultato fuori dell’ordinario, appunto solido, come ha ricordato il direttore a centinaia di giornalisti, colleghi cartacei in massima parte, di tutti i continenti.

Questo la dice lunga, in senso naturale e artificiale, non solo sulla comparsa della macchina per scrivere che “si scrive da sola”, basta un input o un prompt, come si dice adesso, e sulla presunta scomparsa del giornalismo di origine settecentesca, idee, carta, cultura borghese della comunicazione e informazione nelle sue varie modalità. La comparsa c’è e si vede, si tocca, si esamina e sottolinea e se ne fruisce con la stessa verosimile e ingannevole formalità di una lettura alla quale siamo abituati pigramente dall’inizio delle nostre vite e di quelle di nonni e bisnonni e trisavoli, nonostante il progresso dei social, nonostante le copie perdute, nonostante le questioni di deontologia di una professione morente, e sorprendentemente vivace nella sua forma arcaica, la carta appunto. La comparsa c’è, la scomparsa si vedrà. Per ora si batte con una certa disinvoltura, interroga e assorbe nella sua logica, che la carta esalta e rappresenta, l’incredibile soggettività scrivente dell’algoritmo impaginato.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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