E’ tra i talenti campani fioriti nella gavetta di “Un posto al sole”. Dal 2013 direttore artistico del Festival dell’Archeologia di Bacoli. Ma le sue creature immaginarie viaggiano molto oltre i Campi Flegrei
Sceneggiatore e regista d’animazione, produttore, scrittore di libri per ragazzi, Nicola Barile, classe ’62, è tra i talenti campani fioriti nella gavetta di “Un posto al sole”, la più longeva soap opera italiana per cui lavorò come dialoghista agli inizi della carriera. Radicato nelle sue origini, Barile ha plasmato tutti i propri personaggi attingendo alla storia locale: dal settecentesco Edo “piccolo principe” di Sansevero a Livia, bambina pompeiana protagonista di avventure misteriose all’ombra di un Vesuvio non ancora sterminatore. Dal 2023 Barile è anche direttore artistico del Festival dell’Archeologia di Bacoli, dove ha contribuito all’apertura di una biblioteca pubblica nel complesso borbonico del Fusaro donando oltre cinquecento volumi. Le sue creature immaginarie, tuttavia, stanno viaggiando molto più lontano dei Campi Flegrei e presto troveranno luce nei paesi arabi e nel subcontinente indiano.
Chi è il nuovo personaggio dei suoi cartoon?
“Lola on board” è la bambina su cui s’incentra una serie televisiva a cartoni animati appena terminata e destinata a un pubblico prescolare. Lola vive le sue avventure durante le vacanze estive trascorse su una nave da crociera, assieme alla nonna che è una ricca vedova. I ventisei episodi, sceneggiati con Giovanni Calvino e di cui ho curato anche la regia, sono stati acquistati da un broadcaster degli Emirati Arabi Uniti ed è in corso la traduzione in lingua araba. La serie andrà in onda in Nordafrica e nel Medio Oriente.
Cosa ha scritto per i lettori indiani?
Un libro per bambini che sarà pubblicato dall’editore Wolf Books di Bangalore. Non è un fumetto, ma una storia illustrata che s’intitola “Mia mamma è un’astronauta”. L’India, anche se nel nostro immaginario popolare è presente per altre mille ragioni, è diventata una potenza aerospaziale. Perciò la vita di questa donna astronauta, battezzata Chandani e sposata allo scrittore napoletano Leonardo, ha interessato subito l’editore. Sono curioso di vedere come sarà accolto il libro, ma considerando le dimensioni di mercato dei giovanissimi indiani nutro un certo ottimismo.
Com’è nata Livia, la bimba dei fumetti ambientati a Pompei?
Dalla mia esperienza di documentarista e produttore di audiovisivi dedicati all’archeologia. Mi sono appassionato alle vicende pompeiane finché ho immaginato di coniugare a una lettura divertente nozioni culturali corrette, per offrire anche una infarinatura sull’impero romano. Dalle storie di Livia è stato tratto un videogioco che sarà pubblicato a breve sugli store Android e Apple, mentre sono in preparazione un sito web e un cartone animato. Sarà divertente ascoltarne la sigla perché per la prima volta in un cartoon il testo è in latino, ma la musica è composta con l’intelligenza artificiale. Mi sembra significativo il connubio tra un software e una lingua cosiddetta morta. Intanto la serie di Livia continua: il terzo fumetto è in editing e il quarto avrà come scenario i Campi Flegrei, dove ho immaginato che lei andasse in vacanza.
Bacoli ha ottenuto la qualifica di “Città che legge” per il triennio 2024-2026 e ai primi di ottobre si terrà la prossima edizione del Festival dell’Archeologia. Come gestirete l’evento con le perduranti incognite del bradisismo?
Sarà una banalità, però penso che ogni progetto non solo debba convivere con la crisi ma includerla. Cosa vuol dire? Nel mio piccolo, che useremo l’occasione per informare rettamente evitando gli isterismi apocalittici diffusi senza controllo sui social network. Gli eventi culturali non si fermano per il prolungato sciame sismico ma non possono ignorarlo. Il Festival sarà una occasione informativa non solo per i residenti ma per il turismo dei beni culturali, che con quello balneare e pendolare è fondamentale per questo territorio.
Quanto le è rimasto dell’esperienza di “Un posto al sole”?
Il lavoro di dialoghista non è creativo come quello dello sceneggiatore, ma è stata una scuola di scrittura e di grande disciplina, perché in una macchina produttiva dove tutto deve funzionare nei dettagli non puoi permetterti lassismi o sciatterie.
C’è qualcosa che manca nel corrente racconto di Napoli?
C’è una sovrabbondanza nella produzione cinematografica e audiovisiva, con qualche eccesso narrativo per certi filoni mainstream che hanno rischiato di offrire una rappresentazione parziale o distorsiva. Al contempo, ci sono possibilità curiosamente trascurate: penso alla chiave di lettura di un umorista forse non più di moda quale Achille Campanile, che ambientò nel Golfo i romanzi “Ma che cosa è questo amore?” e “Agosto, moglie mia non ti conosco”. Sarà forse una provocazione, però credo che quel genere di sguardo, malgrado sia passato quasi un secolo, sia meritevole di recupero.
Se dovesse ambientare un nuovo cartone?
Mi piacerebbe cominciare un’avventura dal Cimitero napoletano delle 366 fosse, realizzato nel Settecento dall’architetto Ferdinando Fuga per chi non poteva permettersi una sepoltura individuale. È un luogo unico, affascinante, cui Daniele Del Giudice dedicò un bellissimo racconto breve.