L’accordo tra Poste e Vivendi è stato raggiunto. I prossimi passi del risiko delle Telco
A quasi trent’anni dalla privatizzazione (1997, governo Prodi), Telecom torna sotto il controllo pubblico con Poste italiane come primo azionista. Dopo giorni di rumors di mercato, infatti, l’accordo tra Poste e Vivendi è stato raggiunto. La società guidata da Matteo del Fante sale appena sotto il 25 per cento dell’ex monopolista, soglia oltre la quale scatterebbe l’obbligo di lanciare un’opa. Una comunicazione ufficiale, arrivata nel tardo pomeriggio di sabato 29 marzo, spiega che l’accordo raggiunto riguarda la cessione del 15 per cento di Vivendi in Tim e consente a Poste di detenere una partecipazione pari al 24,81 del gestore telefonico di cui aveva già rilevato il 9,8 per cento da Cassa Depositi e Prestiti. Costo della cessione del pacchetto di azioni: 684 milioni di euro che Poste finanzierà con la cassa disponibile.
“L’operazione rappresenta per Poste Italiane un investimento di natura strategica, realizzato con l’obiettivo di svolgere un ruolo di azionista industriale di lungo periodo, che possa favorire la creazione di sinergie tra Poste Italiane e TIM, nonché apportare valore aggiunto per tutti gli stakeholder, oltreché promuovere il consolidamento del mercato delle telecomunicazioni in Italia”, spiega la nota sottolineando anche che è in fase avanzata la trattativa per la fornitura di servizi per l’accesso di Postepay – società interamente controllata da Poste Italiane – all’infrastruttura di rete mobile di Tim a partire dal primo gennaio 2026. Sono, inoltre, in corso valutazioni finalizzate all’avvio di partnership industriali per realizzare sinergie tra le due aziende nei settori della telefonia, dei servizi Ict e dei contenuti media, dei servizi finanziari, assicurativi e dei pagamenti, e dell’energia. Un’alleanza a tutto campo, insomma, che consolida il ruolo di Tim come gruppo telefonico italiano, con un azionista di controllo a trazione pubblica (Poste è quotata ma lo stato detiene, direttamente e indirettamente, il 64 per cento del capitale), e che riflette la strategia del governo Meloni di creare campioni nazionali in settori strategici.