Approvato in Cdm il decreto che trasforma i centri in Cpr, Tajani per inseguire Salvini fa il “duro”, distante da tutto Crosetto (assebte). Meloni elogia intano Vance e si avvicina alla Lega
Applica il metodo Meloni al posto del Montessori: tutti a scuola, in Cdm, dalla premier (Crosetto assente) e chi sbaglia in Albania. In un’intervista al Ft dice che è infantile, childish, scegliere tra Europa e America, che J.D. Vance ha ragione quando striglia la Ue e che i dazi c’erano pure con Biden. Ai banchi. Il Cdm, due ore, lunghissimo, (Antonio Iannone di FdI è indicato sottosegretario ai Trasporti) viene definito della “fermezza” ma anche della Tajanidud, lo trabajo di Don Toñio. Per stare al passo con Salvini, Tajani fa il teniente general, Piantedosi lo guarda, Urso deve prendere un aereo, Bernini, “io non ho aerei, se volete mi metto in coda” e poi usa il termine “scassare il sistema, scusate”. Tajani ce l’ha con chi vuole la cittadinanza per andare a Miami. La conferenza stampa si tiene a Roma, ma il clima è da empanada, asado, Chigi-Valparaíso.
Spagnoleggia Tajani, spagnoleggia Urso, come sempre, mentre Piantedosi si dedica agli avverbi quando dice che il decreto Albania è stato facile correggerlo perché c’è stata solamente “la leggera eliminazione di un avverbio, solo una rivisitazione in una legge di ratifica”. Da domani l’Albania si riempie nuovamente perché grazie alla penna rossa della maestra J.D. Meloni sarà possibile trasferire anche gli irregolari, in attesa di espulsione e come tiene a spiegare Piantedosi a “invarianza di spesa”. A dirla tutta, dice sempre il ministro, che ormai è più consumato di Franceschini (complimenti ai giornalisti del Manifesto, affettuosità: “Vedo che conoscete la materia benissimo”), il centro di Gjader è più vicino della Sardegna, del Cpr di Macomer. Si allargano Cpr e università, e si proroga l’obbligo di stipulare assicurazioni per le calamità naturali. Viene eliminato il numero chiuso in medicina, il test d’ingresso, e Bernini esulta perché è caduto un tabù ma precisa che è “un numero aperto sostenibile per non scassare, scusate, il sistema”. Ops! La scena se la prende, intera, il teniente general don Tajani che si è battuto per lo ius scholae, ma che ora è per la stretta, per tutelare lo “ius sanguinis”. Per oltre venti minuti ripete che il passaporto italiano viene usato come un lingotto da manigoldi che vogliono andare a Miami, “a farsi la gita”, che vengono a curarsi in Italia. Poi con tono, sempre da teniente, dichiara che dalla mezzanotte di ieri si è italiani solo se si hanno nonni italiani mentre il bisnonno non fa testo. Si impappina con i numeri, il 1780, con gli anni, il Risorgimento, perché Tajani sceriffo o teniente è come Salvini che fa il buono, una maschera. Arrivato in Cdm, silenzioso, raccontano che Don Toñio abbia cercato Piantedosi, quasi a voler dire: ma mi spieghi come si fa la faccia feroce? Sono scene dimenticabili perché si capisce, il volto mai mente, che Tajani cerca di grattare un po’ di sicurezza, di “fermezza”, “stop abusi”, insomma, di grattare salvinismo, così come Salvini gratta lui su ogni argomento, perfino la Rai, salvo poi mandare messaggini affettuosi a Forza Italia, dicendo che è tutta colpa di ignobili giornalisti. Quante interviste, foto, sulla necessità di dare la cittadinanza e ora, invece, lo scudiscio esibito, perché, dice Tajani, “combattiamo contro i trafficanti di cittadinanza” e poi ancora la frase, salviniana, “diamo un colpo molto duro”. Lo fa perché deve farlo, ma la sua cifra è sempre stata un’altra, è la pancia del nonno, le mani grosse, un aggettivo in meno. Raccontano che si senta fuoriposto e non certo per colpa sua, lui, Tajani, è sempre rimasto popolare, moderato, al posto suo, con von der Leyen, ma è Meloni che ora si sposta, si allontana dal suo cuore. Nell’intervista al Financial Times è stata così abile da dire che il vice Vance, l’autore di Elegia Americana, che dà dei “parassiti” agli europei, in realtà lo dà alla classe dirigente e che sì, è vero, da europei siamo stati un po’ scrocconi. Non è piaciuta a Tajani l’intervista ma non lo può dire, o forse l’ha detto, ma verrebbe smentito perché a Chigi c’è un Buscaglione, un formidabile portavoce sempre allegro, che garantisce: “Cdm alla grande, clima stupendo. Yeah”. Non lo può dire perché Tajani, che la politica la conosce, e che conosce anche “i ragazzi”, sa che l’intesa Meloni-Salvini è un impasto generazionale e che Meloni si prenderà cura di Salvini con il grembiule. E’ ormai nel lessico di governo, l’infanzia. Per Fazzolari, Salvini era il bimbo(minkia) e per Meloni semplificare fra America o Europa è infantile e poi c’è Crosetto, che ieri in Cdm era assente, ma c’era anche un Cisr, un ministro che a scuola passerebbe per “incompreso”. Dirà che era giustificato, che partecipava a Pratica di Mare alla cerimonia per i 102 anni dell’Aeronautica. Ma c’è qualcosa. E’ per il riarmo, ripete, da tempo, e ancora, che i prossimi anni saranno gli anni delle grandi potenze e che l’Italia, detto chiaro “è una piccola nazione, serve unire le forze con la Nato o Europa”. Noi giornalisti li raccontiamo come furibondi litigi, incomprensioni, loro li riducono, anche perché la sola cosa certa, dopo ogni litigio, vero o smentito, è sempre questa: “Il centrodestra non perdona chi rompe”. Sono passati così 889 giorni, il quinto governo più longevo di sempre. A Pasqua, se Salvini e Tajani fanno i bravi, Meloni gli regala l’uovo.