La scossa dei dazi sull’automotive in Italia. Parla Vavassori (Anfia)

“Il mercato statunitense è insostituibile, i dazi sono inaccettabili e ingiusti”, dice al Foglio il presidente dell’associazione che in Italia rappresenta la filiera dell’auto

Roma. “I dazi sono inaccettabili e ingiusti, lo ha detto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il governo italiano deve giocare un ruolo guida, ma l’Unione europea deve muoversi unita e in maniera assertiva per reagire alla guerra commerciale di Donald Trump”. Il giorno dopo l’annuncio della Casa Bianca di applicare dazi del 25 per cento alle automobili prodotte fuori dagli Stati Uniti, l’industria italiana ragiona su impatti e prospettive. “Il mercato statunitense è insostituibile – dice al Foglio Roberto Vavassori, presidente dell’associazione che in Italia rappresenta la filiera dell’automotive (Anfia) – ma è necessario sviluppare nuovi canali commerciali. Compreso il Mercosur”.

L’effetto del protezionismo di Trump sulla componentistica italiana si misura su più livelli. Ci sono le esportazioni dirette, che l’anno scorso sono state pari a 1,15 miliardi di euro, di cui 700 milioni di componenti meccaniche, 120 milioni di pneumatici e quasi 300 milioni di motori e altro. “Ricordo che questa filiera in Italia vale quasi 59 miliardi di euro: il miliardo e poco più esportato verso gli Stati Uniti non sarà essenziale ma è un danno”, sottolinea Vavassori. Ci sono poi le automobili e i veicoli commerciali prodotti in Italia e venduti sul mercato statunitense, che l’anno scorso hanno raggiunto un valore pari a circa 3,1 miliardi di euro. L’altro livello è l’export indiretto: componenti italiane che vengono integrate nei veicoli prodotti altrove, principalmente in Germania, e successivamente esportati negli Stati Uniti. Calcolare l’impatto sulle aziende italiane non è semplice, ma neppure rassicurante. Nel 2024, la Germania ha venduto al mercato americano circa 450 mila veicoli. In numeri assoluti l’impatto appare relativo. “Ma stiamo parlando di cifre comunque rilevanti per la situazione di crisi europea, sia di produzione sia di vendita, per cui ogni veicolo conta”.

La reazione, sostiene il presidente di Anfia, deve essere strutturata e mirata. “L’Unione europea non deve cadere in ritorsioni parallele alle mosse di Trump, ma scegliere sentieri strategici. Un esempio potrebbe essere lo sviluppo di data center europei, un settore in crescita che oggi è dominato dagli Stati Uniti. Allo stesso modo, si potrebbe sviluppare un sistema di pagamenti europeo per le transazioni con carta di credito, riducendo la dipendenza dai circuiti statunitensi”. Una contropartita per trattare con il presidente degli Stati Uniti e sviluppare opportunità di crescita in Europa, a una settimana dalla promessa dell’entrata in vigore dei dazi. “Probabilmente, ci auguriamo, si tratta ancora di una fase negoziale. Ma il tempo sta per scadere”.

Per questo è necessario anche cercare nuove opportunità di export, come l’accordo di libero scambio con Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. La Commissione europea lo ha sottoscritto lo scorso dicembre, ma il governo italiano non ha ancora formalizzato la sua posizione. “Noi diciamo assolutamente sì al Mercosur perché dobbiamo continuare a sviluppare nuovi canali, pur mantenendo chiara la centralità degli Stati Uniti per le nostre esportazioni. Credo che sia anche nelle corde di questo governo, che in questi anni ha rafforzato il supporto delle ambasciate e delle istituzioni come l’Ice per aiutare le aziende a espandersi”.

C’è infine un’opportunità tutta interna all’Unione europea, che si può cogliere solo con un approccio laicamente neutrale dal punto di vista tecnologico. “Le associazioni italiane ed europee – dice il presidente di Anfia – stanno proponendo alla Commissione un massiccio piano di rinnovo del parco circolante: l’Europa ha un mercato di 250 milioni di autovetture con un’età media di 13 anni. Incentivare la sostituzione dei modelli più vecchi con quelli a basso impatto ambientale, prodotti in Europa, potrebbe rilanciare il mercato interno e sostenere l’industria automotive in un’ottica di decarbonizzazione”. Per Bruxelles si tratta di un tabù, ma di fronte alle conseguenze dei dazi americani sull’economia europea qualche tabù potrebbe alla fine cadere.

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  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi è responsabile del coordinamento del Foglio.it.

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