I prodotti omeopatici potrebbero essere venduti esplicitamente senza affermazioni infondate sulla loro efficacia farmacologica, ma sfruttando l’effetto placebo in modo dichiarato e onesto. Nel rispetto dell’autonomia del paziente e con costi più bassi
Un open label placebo è un trattamento inerte che viene somministrato ai pazienti informandoli esplicitamente che si tratta di un placebo, ovvero di una sostanza priva di principi attivi specifici. Per molto tempo si è ritenuto che il placebo funzionasse solo se il paziente credeva di ricevere un farmaco attivo, ma studi recenti dimostrano che anche quando il placebo è dichiarato apertamente può produrre effetti terapeutici significativi. Uno studio appena pubblicato su BMJ Evidence-Based Medicine fornisce nuove prove a sostegno di questa ipotesi nel contesto della sindrome premestruale, una condizione che colpisce molte donne con sintomi di varia intensità, tra cui dolori, sbalzi d’umore e affaticamento.
Nella ricerca sono state coinvolte 150 donne di età compresa tra 18 e 45 anni, tutte affette da sindrome premestruale o da disturbo disforico premestruale, la sua variante più grave. Le partecipanti sono state divise in tre gruppi: il primo ha ricevuto il trattamento usuale senza placebo, il secondo ha ricevuto un open label placebo senza alcuna spiegazione aggiuntiva e il terzo ha ricevuto un open label placebo con una spiegazione sul fatto che, nonostante l’assenza di principi attivi, i placebo possono avere effetti benefici attraverso meccanismi psicobiologici. I risultati mostrano che il gruppo che ha ricevuto il placebo con una spiegazione chiara ha riportato una riduzione dei sintomi del 79,3 per cento e un miglioramento nella vita quotidiana dell’82,5 per cento. Anche il gruppo che ha ricevuto il placebo senza spiegazione ha mostrato un miglioramento, sebbene più modesto, con una riduzione dei sintomi del 50,4 per cento e un miglioramento del 50,3 per cento nella qualità della vita. Il gruppo di controllo, senza placebo, ha riportato solo un miglioramento del 33 per cento nell’intensità dei sintomi e del 45,7 per cento nell’interferenza nella vita quotidiana. Questi dati suggeriscono che non solo l’open label placebo funziona, ma che la spiegazione fornita al paziente gioca un ruolo essenziale nel rafforzarne l’efficacia.
A questo punto, appare evidente che un prodotto dichiaratamente inerte può avere effetti clinici rilevanti senza bisogno di raccontare frottole o di inganni, ma anzi proprio quando il paziente sia consapevole del suo utilizzo e riceva una spiegazione chiara su come il placebo possa agire. Questa evidenza potrebbe costituire una base scientifica per l’utilizzo di taluni preparati e talune procedure mediche che non hanno efficacia superiore ad un placebo, rinunciando alla pseudoscienza che ad essi spesso si accompagna.
Prendiamo per esempio l’omeopatia, che potrebbe essere impiegata in modo etico e trasparente, senza ricorrere a bugie e pensiero magico. I prodotti omeopatici potrebbero essere venduti esplicitamente come open label placebo, senza affermazioni infondate sulla loro efficacia farmacologica, ma sfruttando l’effetto placebo in modo dichiarato e onesto. In questo modo si eviterebbe l’inganno e si rispetterebbe l’autonomia del paziente, che potrebbe scegliere consapevolmente di assumere un trattamento senza principi attivi, ma potenzialmente efficace per determinate condizioni.
I vantaggi di questo approccio sarebbero molteplici. Innanzitutto, si manterrebbe l’effetto terapeutico del placebo senza dover giustificare il ricorso a teorie infondate e incoerenti con la scienza. Chi trae beneficio dall’omeopatia potrebbe continuare ad assumerla senza doversi affidare a fantasie su memorie dell’acqua o diluizioni miracolose. In secondo luogo, questa soluzione eliminerebbe tutti i pericolosi compiacimenti nei confronti del pensiero magico, che oggi accompagna l’omeopatia e altre pseudoscienze, rafforzandone la credibilità agli occhi del pubblico. L’omeopatia non verrebbe più presentata come una medicina alternativa con basi “diverse” ma altrettanto valide: verrebbe riconosciuta per ciò che è realmente, un placebo con effetti documentati in determinati contesti.
Inoltre, la rimozione della componente magica dell’omeopatia avrebbe un impatto diretto sulla produzione, rendendola estremamente più semplice e abbattendone i costi. Oggi, la produzione omeopatica include processi inutili come diluizioni ripetute, succussione ritmica, estrazioni di principi attivi da materie prime naturali destinate a scomparire completamente nel prodotto finale e altre pratiche prive di fondamento scientifico. Senza queste operazioni, un open label placebo potrebbe essere prodotto con la stessa efficienza con cui si producono normali integratori alimentari o caramelle prive di principi attivi. Eliminando le procedure “magiche”, non solo si renderebbe il processo produttivo più trasparente e onesto, ma si abbasserebbero anche i costi, permettendo di vendere questi prodotti a prezzi che riflettano il loro reale valore di produzione, senza indebiti rincari legati all’illusione che si tratti di preparati sofisticati.
Persino il termine di “omeopatia”, che riassume un insieme di credenze ormai dichiaratamente erroneo, non avrebbe bisogno di essere mantenuto: ogni prodotto potrebbe avere il suo nome, nell’ambito della vasta categoria di placebo commercializzabili.
Infine, si eviterebbe che la diffusione dell’omeopatia continui a rafforzare la pseudoscienza in generale. Oggi chi crede nell’omeopatia è spesso indotto a credere anche ad altre credenze infondate, con il rischio di compromettere la propria fiducia nella medicina basata sulle prove. Rendere esplicito il ruolo dell’omeopatia come open label placebo significherebbe interrompere questa spirale, separando nettamente il fenomeno biologico documentato dell’effetto placebo dalla costruzione ideologica e pseudoscientifica che lo avvolge.
In definitiva, questa proposta rappresenterebbe un equilibrio tra il riconoscimento del valore dell’effetto placebo e il rifiuto netto delle affermazioni ingannevoli. Non si tratterebbe di negare ai pazienti una forma di trattamento che, in alcuni casi, può dare sollievo, ma di farlo in modo onesto e trasparente, senza alimentare illusioni e senza compromettere il rigore della scienza. I rimedi omeopatici, e altri simili trattamenti la cui efficacia è quella di un placebo, potrebbero così essere mantenuti nel panorama terapeutico, ma con un nuovo statuto ed un nome diverso, che non rifletta credenze obsolete ed infondate. Non più un sistema di cura alternativo, ma un placebo consapevole e dichiarato, utilizzato con la stessa razionalità con cui oggi si impiegano altre strategie che sfruttano l’effetto placebo per migliorare il benessere dei pazienti.