Nuovo ddl Frodi alimentari: pregiudizio anti impresa e giustizialismo

Il ministro Lollobrigida introduce reati, alza le sanzioni, estende le confische e aumenta la discrezionalità della magistratura. Un testo fondato sulla cultura del sospetto nei confronti dell’industria agroalimentare

Ieri si è conclusa “Agricoltura è”, la tre giorni organizzata dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida in occasione dell’anniversario dei Trattati di Roma in cui tutto il governo ha celebrato i successi, i record e la qualità dell’export agroalimentare italiano. Chiusa la kermesse, si torna però a una realtà politica che è molto distante da quella raccontata, per certi versi opposta.

Il ministero guidato da Lollobrigida ha infatti preparato un ddl sulle Frodi alimentari, da poco condiviso con i presidenti delle commissioni Agricoltura, che aumenta notevolmente le sanzioni amministrative e, soprattutto, quelle penali contro le imprese. Come se ci fosse un’emergenza sulle frodi e sulla contraffazione da parte di quelle stesse imprese che fanno circa 60 miliardi sui 70 totali di export agroalimentare.

Il testo uscito dal ministero appare pervaso da un pregiudizio anti industria e da un approccio giustizialista che aumenta le pene e i reati, quasi che le imprese italiane si dedichino sistematicamente alla frode e alla contraffazione. L’art. 1 del testo prevede un aumento generalizzato delle sanzioni tale, in alcuni casi, da portare alla chiusura dell’impresa coinvolta. E questo non solo a valle del procedimento giudiziario, ma anche prima della sua conclusione per l’impatto commerciale che un’indagine può avere su fornitori e clienti. D’altronde non mancano casi del genere nella storia italiana già con la normativa vigente.

Una norma è emblematica dell’impianto del testo: la modifica dell’articolo 240-bis del codice penale sulla confisca dei beni. Ebbene, il ddl Frodi alimentari estende alla vendita di alimenti “con segni mendaci” la cosiddetta confisca allargata, ora prevista per reati particolarmente gravi come corruzione, sfruttamento della prostituzione minorile, pedopornografia, estorsione, usura, morte a causa di inquinamento ambientale, terrorismo, mafia e traffico di droga. In altri casi, invece, i reati già previsti vengono resi più indeterminati, ad esempio aggiungendo come fattispecie ai “segni mendaci” quella dei segni “ingannevoli”: se nella norma originaria è chiaro che si punisce un falso, il concetto di “ingannevole” introduce un ulteriore criterio di discrezionalità e soggettività in mano a inquirenti e magistrati e, al contrario, di maggiore incertezza per i produttori.

Più in generale viene introdotto una sorta di codice speciale per l’industria agroalimentare, quasi che sia particolarmente dedita a truffare i consumatori e a mettere in pericolo la salute dei cittadini. L’articolo 7 del testo arriva ad allargare i “poteri d’indagine” dei Carabinieri e dell’Ispettorato centrale per la repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari del ministero (Icqrf) consentendo, a seguito di una convenzione con l’Agenzia delle entrate, di accedere all’archivio di tutti i rapporti economici e finanziari delle imprese. Misure che, insieme alle confische e all’inasprimento delle pene, sembrano estendere all’agroalimentare elementi della legislazione antimafia. Ma c’è un pericolo concreto che giustifichi una stretta del genere? Il settore agroalimentare è davvero così criminogeno?

Dal lato dell’industria prevale lo sconcerto, perché l’inasprimento viene giudicato del tutto sproporzionato e irragionevole. E peraltro in contrasto con il quadro Ue che, al contrario, ha un approccio che punta a responsabilizzare i produttori e a spingerli a conformarsi alle regole attraverso incentivi premianti per chi osserva le norme e sanzioni proporzionate per chi non le rispetta. I rischi sono da un lato che la nuova normativa comporti solo costi e oneri aggiuntivi che complicano la vita delle imprese, dall’altro il rischio di lasciarle esposte a una maggiore discrezionalità della magistratura. La filosofia di fondo, insomma, va in direzione opposta rispetto a quella che ispira la riforma della giustizia: garantismo ed efficienza del sistema giudiziario.

Fonti del ministero dell’Agricoltura ribattono che non c’è alcun intento persecutorio ma la necessità – partendo da un vecchio testo dall’ex magistrato Gian Carlo Caselli, presidente dell’Osservatorio agromafie della Coldiretti – di “adeguare le sanzioni al nuovo scenario economico, dato che sono troppo basse e molte imprese mettono già in bilancio il costo di eventuali sanzioni. Non vogliamo creare problemi alle imprese, chi si comporta bene non ha nulla da temere”.

Pochi giorni fa in Parlamento, parlando di un’Europa colpita dai dazi e soffocata dalla burocrazia, Giorgia Meloni ha detto che “tra gli strumenti che possono dare respiro ai settori produttivi, l’Italia sostiene con forza la semplificazione e la riduzione degli adempimenti amministrativi”. Nel discorso d’insediamento del suo governo, Meloni aveva parlato di una “rivoluzione culturale” nel rapporto tra stato e imprese costruito sulla “reciproca fiducia”: “Il nostro motto sarà: non disturbare chi vuole fare”, disse la premier. Il ddl Frodi alimentari si basa su una filosofia opposta: il rapporto stato-imprese si basa sulla cultura del sospetto ed è regolato da più burocrazia, più controlli e più sanzioni penali.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali

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