La presidente del Consiglio prova a mettere ordine fra il leader del Carroccio e quello di Forza Italia dopo giorni di corrida. Tregua siglata in maggioranza nessuna rottura con l’Europa e un ponte lanciato verso gli Stati Uniti
Non parlatevi sui giornali, ma in privato. Non diamo la sensazione di essere una maggioranza litigiosa. Va bene i congressi, d’accordo i sondaggi ma anche meno. Giorgia Meloni riunisce i vice, Antonio Tajani e Matteo Salvini, per il vertice di oggi all’Eliseo sull’Ucraina. Ma prima – presente anche il ministro della Difesa Guido Crosetto – prova a mettere ordine fra il leader del Carroccio e quello di Forza Italia (videocollegato) dopo giorni di corrida. E’ una lunga giornata per la premier, terminata al villaggio “Europa è” a parlare di dazi.
I protagonisti dell’incontro, come nell’opera di Paolo Sorrentino, diranno che “hanno tutti ragione”. Salvini spiega che parla con J. D. Vance in qualità non di capo della Lega e vicepremier ma come ministro dei Trasporti perché gli Usa vogliono investire (si parla di un miliardo) da noi. Tajani rivendicherà l’afflato europeo di questo nuovo corso italiano, viste le cannonate che escono dalla Casa Bianca. Al tavolo non si può non commentare la dichiarazione di Donald Trump contro gli europei “parassiti”. Parole che colpiscono tutti, anche la premier, in quanto vengono messi nel mirino i popoli e non le istituzione, di per sé più che criticabili e da cambiare, come d’altronde non ha mai fatto mistero la premier. Tajani, che a fine vertice rivendica l’espressione quaquaraquà nei confronti di chi non comprende la delicatezza della situazione, spinge forte sulla Germania. E sul bisogno che Meloni stringa un patto con il prossimo cancelliere Friedrich Merz, magari con anche con una imminente visita. Crosetto, invitato al tavolo per parlare di cose serie, risponderà con un sorriso uscendo dalla Camera: “Chi decide la politica estera del governo? Non certo io. Di sicuro la maggioranza è unita”. E non potrebbe essere altrimenti.
Il vertice si conclude con una nota di Palazzo Chigi che è una bussola per l’appuntamento di oggi all’Eliseo. Punti saldi su cui concordano tutti: “Non è prevista alcuna partecipazione nazionale a una eventuale forza militare sul terreno”. E ancora: “Impegno alla costruzione, insieme ai partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti, di garanzie di sicurezza solide ed efficaci per l’Ucraina che trovino fondamento nel contesto euroatlantico”. Un modo anche per fermare qualsiasi iniziativa che potrebbe partire oggi da Macron, padrone di casa e reduce da una cena con il presidente Zelensky. Anche perché resta il tema dell’attuazione e del monitoraggio del cessate il fuoco in Ucraina “su cui si sta facendo spazio un possibile ruolo delle Nazioni Unite, che il Governo italiano sostiene da tempo”. Meloni, come ripetuto in Parlamento durante le comunicazioni in vista del Consiglio europeo, ha di nuovo espresso la necessità di un modello che “in parte possa ricalcare quanto previsto dall’articolo 5 del Trattato di Washington, ipotesi che sta riscontrando sempre più interesse tra i partner internazionali”.
Insomma, tregua siglata in maggioranza nessuna rottura con l’Europa e un ponte lanciato verso gli Usa, nonostante le stoccate di Vance e Trump che nessuno dei protagonisti si sente di commentare in pubblico, salvo stigmatizzarle in privato. La prima parte della giornata, quella racchiusa dentro le mura di Palazzo Chigi, si chiude così. In serata invece la premier si presenta all’iniziativa del ministro Francesco Lollobrigida sull’agricoltura (omaggiata alla fine da tutto il governo, compreso Matteo Salvini che dopo il vertice a Palazzo Chigi si presenta per un giro fra gli stand e un ricco assaggio di arrosticini).
Poco prima dell’ora di cena, ecco la premier. Ad accoglierla c’è Lollobrigida, la sicurezza fa in modo che Meloni possa godersi senza domande dei cronisti gli stand. E allora un salto dai ragazzi di Caivano, un selfie con gli studenti del “Vespucci” (l’istituto dove ha studiato). C’è l’Abruzzo e scattano gli arrosticini, ecco il Veneto ma niente vino perché la presidente del Consiglio sta portando avanti un fioretto per la quaresima. Il ministro della Cultura Alessandro Giuli aspetta con pazienza che Meloni passi davanti a lui per salutarla. Ci sono tanti cappellini giallo Coldiretti, nessuna contestazione questa volta, d’altronde è l’egemonia agroalimentare quella conquistata dalla destra. Il problema adesso sarebbero e sono i dazi minacciati da Trump a partire dal 2 aprile. E infatti Meloni alla fine non parlerà: nessun intervento dal palco, zero parole sulle tariffe che tormentano questo settore. Solo un generico saluto per elogiare l’agricoltura. Prima di partire per Parigi c’è il tempo per un saluto allo stand Coldiretti e si parla di barrette energetiche. Poi toccherà a tutte le altre organizzazioni, gentili omaggi e sorrisoni. Ma niente di più. Salse, miele, crema di nocciole, olio e limoni: che sapore avranno le mosse di Trump per questo settore?