La leadership autoritaria di Pechino vuole costruire un monopolio con cui strozzare politicamente il resto del mondo. Ma da Bruxelles alle trasmissioni tv, parlare della “minaccia” sembra un tabù
Sta andando avanti l’inchiesta sulla possibile corruzione che il gigante tecnologico cinese Huawei ha esercitato sulle istituzioni europee. Secondo alcune rivelazioni dei giorni scorsi, le autorità giudiziarie del Belgio stanno cercando di capire se Huawei abbia effettuato pagamenti in cambio della pubblicazione nel 2021 di una lettera aperta, che è stata firmata da otto parlamentari europei, che difendeva gli interessi dell’azienda di Shenzhen. Uno dei firmatari della missiva è Fulvio Martusciello, di Forza Italia, la cui assistente Lucia Simeone è stata arrestata su mandato dell’Interpol qualche giorno fa. A prescindere da come andrà l’inchiesta e l’eventuale processo, c’è un dato da considerare. Su otto europarlamentari che hanno firmato la lettera del 2021 contro il “razzismo tecnologico” dell’Ue applicato alle aziende cinesi, cinque sono italiani. E che venga dimostrata o no la corruzione, c’è da chiedersi come mai in Italia questa capacità d’influenza della Repubblica popolare cinese nella politica sia ancora così poco indagata, anche dall’opinione pubblica. Fra il 2018 e il 2019 il governo italiano ha avuto tra i suoi rappresentanti un sottosegretario particolarmente attivo su Huawei (e Zte), e ancora oggi la questione della sicurezza nazionale fatica a essere sollevata quando si parla di business con la Cina.
Basterebbe guardare l’ultima puntata di “Presa Diretta” di Riccardo Iacona, che è stato a Hong Kong e Shenzhen, cioè nella Greater Bay Area che il Partito comunista vuole trasformare nella sua Silicon Valley, per celebrare gli investimenti cinesi nell’energia rinnovabile, senza mai menzionare le inchieste sulla concorrenza sleale aperte dall’Ue proprio sull’inondazione dei componenti per le rinnovabili cinesi. Perché Pechino sta facendo con l’energia green quello che qualche anno fa faceva sulle infrastrutture tecnologiche: è la leadership autoritaria a voler costruire un monopolio con cui strozzare politicamente il resto del mondo. Questo passa anche da un’attività di lobby alla quale l’Italia, a quanto pare, resta uno dei paesi più molli.