La premier chiama a raccolta i suoi i vice litigiosi: dovrebbe vederli in mattinata, in vista del vertice sull’Ucraina di giovedì all’Eliseo. Intanto Palazzo Chigi studia le mosse di Macron
Parigi val bene un vertice. O meglio: un “chiarimento”, liturgia politica d’uopo alla luce del fine settimana frizzantino tra i leader di Lega e Forza Italia sulla politica estera, a partire dai rapporti con l’America trumpiana. Sicché oggi, alla vigilia dell’incontro all’Eliseo convocato da Emmanuel Macron con i “volenterosi” per l’Ucraina, Giorgia Meloni si copre le spalle. In mattinata è in programma la riunione tra la premier e i suoi vice, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Il primo però è ancora in forse, mentre il secondo si dovrebbe collegare dal Friuli Venezia Giulia. Si parlerà – possibile la presenza dei sottosegretari Fazzolari e Mantovano – della linea del governo davanti alla guerra in Ucraina. Per evitare fughe in avanti e dissonanze che finora hanno riempito di parole e scricchiolii la maggioranza davanti a ReArm Ue, Difesa europea, missione Onu e via discorrendo.
Prima di pensare alla missione di peacekeeping invocata dal presidente Zelensky (atteso stasera a Parigi da Macron), Meloni dovrà fare altrettanto a casa propria. Vista la “zuffa di carta” messa su da Salvini, con conseguente risposta di Tajani dopo la telefonata di venerdì fra il capo leghista e il vicepresidente Usa J. D. Vance. Con la promessa che i due vice non ripeteranno più il teatrino di questi giorni – distinguendo fra aggressore e aggredito e sapendo che la faccenda si ripeterà – Meloni sottoporrà ai due (sempre che il leghista alla fine non dia forfait) anche la linea da tenere all’Eliseo.
Il quadro è in evoluzione: la possibile di una missione Onu è una condizione che va bene all’Italia così come l’apertura della coalizione dei volenterosi ai cinesi (non a caso al vertice di domani, secondo fonti europee citate dall’edizione domenicale del quotidiano tedesco Die Welt, potrebbero prendere parte anche alcuni funzionari di Pechino). In queste ore Palazzo Chigi studia le mosse comunicative da mettere in atto domani a Parigi, dettagli non banali. Il programma del vertice dei volenterosi prevede il seguente menù: ore 9.15 arrivo delle delegazioni, ore 10 riunione per la pace e la sicurezza dell’Ucraina, ore 13.15 conferenza stampa all’Eliseo di Macron.
Al contrario dell’incontro precedente del 17 febbraio questa volta il padrone di casa tirerà le somme della riunione e questo potrebbe far scattare anche una risposta italiana con le dichiarazioni pubbliche di Meloni (che potrebbero essere preferite al “fonti di governo” da veicolare agli inviati sul posto).
La presidente del Consiglio solo al termine del vertice – previsti fra gli altri gli omologhi Starmer, Scholz, Sanchez, Tusk – deciderà se regalarsi a un micro tendu (microfono teso), come i cronisti francesi chiamano i brevi punti stampa dei leader in queste occasioni (dichiarazioni e al massimo una manciata di domande raccolte). C’è solo la politica estera nella testa di Meloni, il resto è noia. Compresa la mossa della ministra del Turismo Daniela Santanchè di cambiare avvocato in corsa per far slittare l’udienza decisiva sul possibile rinvio a giudizio per truffa che le costerebbe – come ricordatole dal capogruppo di FdI Galeazzo Bignami – le dimissioni “per difendersi meglio al processo”. O l’altra mossa, quella di partecipare sabato al congresso di Azione, segno di sensibilità nei confronti del partito di Carlo Calenda e, forse, perfida accortezza verso l’altro leader centrista, già scissionista del Terzo polo, Matteo Renzi, che le ha dedicato la sua ultima fatica letteraria.
C’è solo la politica estera per la leader di Fratelli d’Italia attesa oggi pomeriggio al villaggio allestito dal ministro Francesco Lollobrigida “Agricoltura è”. E dove dovrà parlare di dazi, dopo le parole del capo dello stato Sergio Mattarella davanti a una platea abbastanza terrorizzata dalle tariffe che imporrà Trump. Ecco il convitato di pietra: il presidente americano. In attesa di volare a Washington, il governo e la diplomazia italiana sono al lavoro. La prossima settimana è previsto nella residenza dell’ambasciata italiana il ricevimento organizzato da Mariangela Zappia per l’omologo americano a Roma Tilman Fertitta, atteso in via Veneto per metà aprile. Ovvio che la vera partita riguardi il successore di Zappia. Nella ridda di nomi di questi giorni, da ambienti di Via della Scrofa si fa largo il nome di Francesco Talò, già consigliere diplomatico di Palazzo Chigi poi dimissionario dopo lo scherzo telefonico a Meloni da parte di due comici russi. Un incidente che non ha intaccato la stima della premier nei confronti dell’ambasciatore, ora in pensione, con importanti sedi in carriera (comprese quelle negli Usa, due volte, oltre a Israele). L’idea del partito, e non solo, è quella di ricostituire la coppia fidatissima composta da Talò e Alessandro Cattaneo (ora in Canada). Discorsi da prendere con le pinze: decisione non arriverà prima di giugno. Nel frattempo oggi Meloni ha una missione di peacekeeping con Salvini e Tajani. Auguri.