Finalmente roba da adulti. Costruire carri armati per costruire l’Europa

Non più arma per guerre fratricide, ma strumento di integrazione. La nuova alleanza industriale non nasce solo per costruire un’arma efficiente, ma per mettere alla prova un modello di cooperazione. Non si tratta quindi di un progetto esclusivamente tecnico, ma di un esperimento politico

Recentemente, l’Italia ha avviato una collaborazione con Germania, Svezia, Spagna, Estonia, Lituania, Belgio, Norvegia, Grecia, Romania, Finlandia e Paesi Bassi per realizzare un carro armato di nuova generazione. E’ una tappa cruciale per il nostro riarmo, ma anche un evento carico di storia e significati simbolici: se gli aborigeni australiani hanno il boomerang e i cinesi la balestra a ripetizione, il carro armato è l’arma dell’Europa. Lo usarono per primi gli inglesi nella Grande Guerra, lo perfezionarono i francesi con la torretta girevole. Ma per decenni fu più ingombro che risorsa: una montagna di ferro che proteggeva la fanteria, costretto ad avanzare a passo d’uomo. Sono stati i tedeschi a capirne davvero il potenziale, soprattutto Heinz Guderian, genio tattico della Seconda guerra mondiale. Fu lui a concepire le divisioni corazzate: i carri in testa, non per cercare lo scontro frontale, ma per aggirare e disarticolare l’esercito nemico, e produrre le brecce in cui la fanteria, che seguiva a distanza, si inseriva. Nasce così un nuovo modo di combattere: non più un fronte che avanza in sincrono, compattamente e in modo gregario, ma forze differenti e distanziate, ciascuna con il suo ritmo, però convergenti verso lo stesso obiettivo. Questa combinazione scalare – non lineare – di potenze e velocità eterogenee, rappresenta un paradigma per affrontare il vero rompicapo del nostro tempo: come far lavorare insieme l’uomo e la macchina? Basil Liddell Hart, teorico militare britannico, si chiedeva: come unire muscoli e acciaio? La risposta fu: non omologando, ma integrando. Lanciare i tank avanti e far seguire la fanteria non spezza la coesione: la reinventa. Lo spazio della battaglia diventa mobile, asimmetrico, fatto di intensità variabili e geometrie fluide.



Oggi, la nuova alleanza industriale non nasce solo per costruire un’arma efficiente, ma per mettere alla prova un modello di cooperazione. Non è un progetto esclusivamente tecnico: è un esperimento politico. Un carro armato moderno è un sistema di sistemi – sensoristica, comunicazione, protezione, mobilità, potenza di fuoco – che devono integrarsi, come cerca di fare anche l’Europa. E’ un paradosso apparente che il mondo militare, il più rigido e verticistico, in realtà è il laboratorio ideale per soluzioni flessibili. Le invenzioni tecnologiche più radicali, con ricadute civili decisive, spesso nascono proprio lì. Tanto più importante, allora, ricordare che il carro armato è un’invenzione collettiva tutta europea, un’arma inizialmente concepita e utilizzata per scannarsi in modo fratricida. Ora, finalmente, diventa un progetto congiunto e dichiarato. Sarebbe bello se la nuova Europa nascesse anche così: non ascoltando gli studenti in protesta perché le università interrompano ogni rapporto con le industrie della difesa, seguiti da rettori il cui unico talento è l’acquiescenza, ma da una scelta più adulta. Non da una rinuncia programmatica alla forza, ma dalla sua messa in comune tra gli antichi nemici.

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.