Il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso di un migrante sudanese respinto nel 2021. Intanto Piantedosi prepara il provvedimento sui centri albanesi, che potrebbe arrivare in cdm già in settimana
È arrivato a Fiumicino lunedì pomeriggio, dopo essere stato respinto illegalmente dall’Italia. Ci sono voluti quasi quattro anni e un ricorso, al termine del quale, pochi giorni fa, il tribunale di Roma ha stabilito che Adam, questo il nome del cittadino sudanese al centro del caso, “ha diritto a una misura di riparazione della violazione dei diritti umani fondamentali subita in conseguenza della condotta italiana”. Per questo il giudice, Damiana Colla, ha ordinato “al ministero degli Esteri di rilasciare un visto per motivi umanitari”.
Per una curiosa coincidenza il migrante del Sudan è così arrivato in Italia a bordo di un volo Tripoli-Roma di Ita Airways, una tratta operativa da gennaio 2025, per cui la stessa Giorgia Meloni si era spesa. “Ne sono fiera”, disse la premier annunciando il nuovo collegamento aereo. Chissà se la presidente del Consiglio si aspettava che qualche mese dopo l’Airbus sarebbe servito a questo scopo. La vicenda risale al giugno 2021, c’era allora il governo Draghi – sostenuto da tutti i partiti, a eccezione di quello della premier e di Avs – all’Interno sedeva Luciana Lamorgese. Secondo la ricostruzione dell’ordinanza, l’imbarcazione sulla quale il cittadino sudanese cercava di arrivare in Italia ha subito un’avaria, venendo successivamente soccorsa in acque internazionali da un mercantile, il Von Triton, che ha poi consegnato i migranti alla guardia Costiera Libica su indicazione del governo italiano, che invece avrebbe dovuto garantire un porto sicuro a tutte le circa 170 persone a bordo. Il giovane sudanese è finito così in uno dei lager libici, con tutto quello che può significare. La decisione del tribunale romano descrive quindi tutte le illegittimità della condotta delle autorità italiane, che avrebbero giocato un ruolo nel respingimento, coordinandosi con i libici, come d’altra parte hanno ricostruito gli attivisti di Jlproject, un progetto (a cui partecipano ong come Sea Watch e Alarm Phone) nato del 2019 proprio con lo scopo di bloccare respingimenti illegali e aiutare le vittime a intentare ricorsi. Sono stati loro a supportare il migrante del Sudan (ora potrà chiedere la protezione umanitaria a Roma), che tra l’altro non è l’unico ad aver vinto questo tipo di causa nei confronti dell’Italia.
L’ordinanza della giudice Colla arriva negli stessi giorni in cui il tema migranti torna al centro del dibattito politico, dopo che l’Unione europea ha presentato il nuovo regolamento per i rimpatri che mettono al centro il ruolo degli hub nei paesi terzi. E soprattutto dopo che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è tornato a parlare di un nuovo decreto Albania, con l’obiettivo di rilanciare un protocollo, da oltre 650 milioni di euro, che fino a oggi non ha prodotto risultati ed è fermo dopo gli interventi dei tribunali che più volte non hanno convalidato i trattenimenti dei migranti, puntualmente tornati in Italia. Si attende la pronuncia della Corte europea, che dovrebbe fare chiarezza. Ma intanto l’idea del governo è quella di trasformare le strutture presenti sul territorio albanese in centri per il rimpatrio. “Un ampliamento delle funzioni del Cpr già esistente”, spiegano dal ministero dell’Interno dove la speranza è che il provvedimento possa essere discusso nel prossimo Consiglio dei ministri, già in settimana, forse venerdì. Ma, spiegano ancora dal Viminale, il condizionale è d’obbligo visto che se ne parla ormai da due mesi e tuttavia il decreto non è ancora approdato sul tavolo di Palazzo Chigi. Ci sarebbe poi un’altra incognita: è possibile cambiare la funzione dei centri in Albania senza rivedere l’intero memorandum? Al Viminale pensano di sì, in quanto nell’intesa siglata con Edi Rama è già prevista la presenza di un Cpr, ragion per cui “basterebbe modificare la legge che ha recepito il Protocollo Italia-Albania”, senza passare dalla revisione degli accordi bilaterali. Anche in questo caso però occorre usare il condizionale. Se non altro perché a breve, l’11 maggio, gli albanesi saranno chiamati al voto e la questione dei centri italiani è argomento di dibattito. Non è detto che il premier Rama accetti di buon grado le modifiche proposte dall’Italia, soprattutto mentre le opposizioni vanno all’attacco. Incognite su cui Palazzo Chigi e Piantedosi continuano a lavorare, in cerca di una quadra che dia nuova linfa a un progetto che finora si è dimostrato un fallimento.