Le copertine di Andrea Pazienza, i ricordi di Vincenzo Sparagna, i nudi di Cicciolina e di Achille Bonito Oliva. Un altro tempo, un altro spazio, un mondo parallelo. Storia della rivista Frigidaire
Cominciò tutto nel bar Vitali di Monteverde, in via Lorenzo Valla, tra un cornetto e un cappuccino. A due passi dalla redazione del Male, Vincenzo Sparagna e Stefano Tamburini intuivano che dopo la commedia dell’arte era forse il tempo d’una commedia dell’informazione. La rivista Frigidaire – come un frigo di cibi vari – avrebbe tirato dentro i fumettari Tanino Liberatore, Massimo Mattioli, Filippo Scozzari e soprattutto “Paz”, Andrea Pazienza. Il primo numero dalla copertina algida, stile frigo – dedicata al gruppo post-punk Devo – è datato 1980 e fu presentato al Lucca Comics lo stesso anno. Allorché Pazienza, citando una propria vignetta, ostentò una siringa mimando iniezioni d’eroina. All’incirca nello spirito di Sid Vicious nell’atto di sparare addosso ai fan.
Ed ecco. La prima cosa che si pensa varcando la soglia del Museo di Roma in Trastevere, è quanto siano ora abusate, malandate, finanche reazionarie le parole satira e ironia. Al Museo di Roma, dove da ieri sino al 7 settembre è aperta la mostra “Frigidaire, storia e immagini della più rivista d’arte del mondo”, il politicamente scorretto dei nostri tempi (e dei nostri giornali) diventa di colpo una locuzione infantile. Una vuota filastrocca da non pronunciare più. Non foss’altro perché noi, a destra e a sinistra, con tutte le nostre vacche sacre e sacrissime, potremmo forse pensare ma certo non pubblicare fumetti e caricature come quelle di Sandro Pertini, canzonature del quotidiano La Repubblica (con l’editorale di Eugenio Scalfari che si dà del malvagio e dell’opportunista), brillanti check up di Silvio Berlusconi (“cervello dipietrificato, ernia al fisco, testicoli corrotti; zampe di Galliani”). Certe guizzi, oggi, non approderebbero in un magazine perché non è l’èra dei magazine. Restano semmai chiusi nelle stanzette, nei telefonini e nei migliori dei mondi impossibili. Con la satira che finisce dove cominciano i tabù, le testi sacre o i manifesti di Ventotene.
Frigidaire, comunque, non era solo un altro tempo. Frigidaire era pure un altro spazio, un mondo parallelo che a Trastevere ripercorre oggi le sue scosse e le sue giravolte. Copertine e controcopoertine di Andrea Pazienza, creature di Vincenzo Sparagna, video interviste mandate in loop e poi foto nelle teche di vetro. In altre parole, commedia dell’informazione e arte “maivista” sino al celebre scatto di Achille Bonito Oliva nudo e addivanato (trait d’union tra D’Annunzio a Francavilla al Mare e Sgarbi senza mutande su Instagram). Cinta a un uomo che d’impatto pare un aborigeno – nero e nudissimo – spicca la foto di Cicciolina, con titolo: “I guerrieri vanno, i pacifisti vengono. Indirizzi, idee, contatti per chi vuole conoscere più da vicino il pacifismo alternativo negli Stati Uniti”. E ci sono poi gli omaggi alla poetessa Achmatova, i lazzi sulla poetica di Céline.
Frigidaire era un frigo di ripiani alti e bassi scompartimenti di cibi decomposti. Alto e basso, come si dice, ovvero formazione e deformazione. Del resto, questa storia con sede a Roma ebbe il suo antefatto magico a Bologna, dove nel 1977 – lo racconta Giampiero Mughini in “Una casa romana racconta” – i fumettari diedero vita alla Traumfabrik (“la fabbrica dei sogni”) in un caseggiato disabitato al numero 20 di via Clavature. Là dove le porte s’aprivano a chiunque volesse “fumare canne, straparlare di musica e cinema, ascoltare i Ramones per ore, ed eventualmente mettere la lingua in bocca a una bella sconosciuta vicina di divano”. Un metodo, quello della lingua in bocca, che come dice oggi Vincenzo Sparagna “era figlio dell’estremismo moderato degli anni Settanta”. Oggi l’archivio di Frigidaire è stato acquistato per duecentomila euro dalla Yale University. Alle canne e alle lingue ha fatto seguito, nel 1988, l’overdose di Andrea Pazienza. Nel 2005 Sparagna ha fondato, a Giano dell’Umbria, una micronazione. O meglio una repubblica indipendente ispirata agli ideali della rivista: Frigolandia. E di quella libertà estrema, dipanata in ottanta pagina nel 1980, qualcosa è rimasto. O forse quella libertà è tornata indietro al ’77. Alla fabbrica dei sogni di sogni ovvero dei fumetti e delle satire irreplicabili in una ChatGpt.