La musica di Dante. Il ricordo del Sommo Poeta attraverso le canzoni

Da De Gregori a Guccini, passando per Caparezza, Venditti e Tedua. In occasione della sua giornata nazionale, il Dantedì, rispolveriamo citazioni dantesche e interi canti, nella selva oscura che allaccia letteratura e canzone

Dantedì è definita la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri che si celebra in Italia ogni 25 marzo, e che fu istituita dal ministero della Cultura nel 2020 in vista della commemorazione per il settecentesimo anniversario della morte del poeta, avvenuta il 14 settembre 1321. La data corrisponde appunto al giorno dell’anno 1300 in cui, secondo la tradizione, Dante si perde nella “selva oscura” e inizia il suo viaggio nell’aldilà. Molte sono le iniziative previste. Un contributo lo vogliamo dedicare anche qua, ricordando gli omaggi al “Sommo Poeta” nel mondo della canzone.

Come i lettori del Foglio forse ricorderanno, l’autore di queste note nel 2018 pubblicò un libro, firmato assieme a Marco Zoppas, in cui, a partire dal Nobel per la Letteratura a Bob Dylan, si indagava sulla plurimillenaria storia del rapporto tra letteratura e canzone. “Da Omero al rock” era il titolo, ma si andava in realtà anche oltre.

“Poeti da ballo” era il titolo di un capitolo, e “Ballando con Carducci e Dante” il titolo di un paragrafo di questo capitolo. “San Martino è la poesia più imparata a memoria nella storia della scuola dell’obbligo italiana”, vi si ricordava, “ma anche altre poesie di Carducci sono in una ideale Hit Parade assieme appunto alla Divina Commedia, oltre probabilmente a versi di Foscolo, Leopardi e Pascoli. Ma sono Dante e Carducci i due autori chiave. L’uno ha infatti creato una lingua che è rimasta per cinque secoli l’unico potente presidio di unità nazionale di un paese per il resto drammaticamente diviso, pur se col tempo sempre più ridotta a pur raffinata espressione di una minoranza. L’altro la riprese nella riattualizzazione di Alessandro Manzoni, e la riadattò a un uso di massa per creare un’epopea nazionale al servizio del nuovo Stato unitario e della sua scuola dell’obbligo. Sono dunque non a caso tra gli autori più riutilizzati nella canzone italiana”.

Tra i molti esempi, si ricordava appunto il Carducci da discoteca realizzato da Fiorello con “San Martino”.

In chiave forse meno pop e più sperimentale, anche i versi di Dante sono stati messi al ritmo di un ballo scatenato. “Divina Commedia” si intitola il brano cantato da Francesco De Gregori a ritmo di pizzica con l’accompagnamento dell’organetto e dell’Orchestra Popolare di Ambrogio Sparagna. Non tutti i versi della Divina Commedia, ovviamente, ma alcuni tra i più significativi. “Nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura/ ché la diritta via era smarrita./ Ahi quanto a dir qual era è cosa dura/ esta selva selvaggia e aspra e forte/ che nel pensier rinova la paura!/ Ahi serva Italia, di dolore ostello,/ nave senza nocchiero in gran tempesta,/ non donna di province, ma bordello!/ Nel mezzo del cammin di nostra vita/ Considerate la vostra semenza:/ fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e conoscenza/ Pape Satan, Pape Satan Aleppe/ State contenti, umana gente, al quia;/ ché, se potuto aveste veder tutto,/ mestier non era parturir Maria”.

Presentata alla Notte della Taranta del 2005, questa Divina Commedia è stata riproposta più volte: anche nell’album e spettacolo del 2012 “Vola, vola, vola”. In qualche occasione vi è stata fatta seguire senza soluzione di continuità una Pizzica in salentino, quasi a voler dimostrare nel modo più inoppugnabile la stretta parentela tra l’endecasillabo del Sommo Poeta e quello della metrica popolare italiana. Lo stesso Sparagna nel 2007 ha poi realizzato per il Ravenna Festival il “Dante Cantato”: uno spettacolo che propone alcuni canti della Divina Commedia cantati secondo lo stile musicale dei pastori, e che è stato riproposto in tour nel 2021.

Ma l’esperimento di proporre in musica un intero canto della Divina Commedia lo aveva fatto prima ancora Angelo Branduardi in “L’infinitamente piccolo”: album del 2000 dedicato al Giubileo e a San Francesco. Il quinto brano, che si intitola “Divina Commedia, Paradiso, Canto XI”, mette infatti in musica l’intero Canto che Dante dedicò a San Francesco. “Intra Tupino e l’acqua che discende/ Del colle eletto del beato Ubaldo,/ fertile costa s’altro monte pende,/ onde Perugina sente freddo e caldo/ da Porta Sole e diretro le piange/ per grave giogo Nocera con Gualdo/ di questa costa, là dov’ella frange/ più sua rattezza, nacque al mondo un Sole/ come fa questo talvolta il Gange”. Eccetera.

Non mette versi in musica ma a uno dei passi della Divina Commedia più studiato nella scuola dell’obbligo è comunque dedicato “Argenti vive”: canzone di Caparezza contenuta nell’album del 2014 “Museica”. Ma, in qualche modo, indirettamente. Caratteristica delle canzoni di Museica è infatti quella di essere ispirate a quadri, come nell’ideale visita a un museo. Anche la storia di Filippo Argenti, dunque, rimbalza attraverso una stampa. “Tutti prima o poi ci siamo imbattuti in una illustrazione di Gustave Dorè”, spiega Caparezza. “Quelle nella Divina Commedia, per esempio, sono le sue ma molti lo ignorano così come ignorano che il vigoroso culturista da lui dipinto nel fiume Stige (Inferno, canto VIII) sia Filippo Argenti, vicino di casa di Dante. Il sommo poeta distrugge il dirimpettaio con un dissing violentissimo. Ora il microfono passa ad Argenti”. Che grida: “Ciao Dante, ti ricordi di me?/ Sono Filippo Argenti,/ il vicino di casa che nella Commedia ponesti tra questi violenti,/ sono quello che annega nel fango, pestato dai demoni intorno./ Cos’è vuoi provocarmi, sommo?/ Puoi solo provocarmi sonno!/ Alighieri, vedi, tremi, mi temi come gli eritemi, eri tu che deridevi ieri?/ Devi combattere, ma te la dai a gambe levate, ma quale vate? Vattene!/ Ehi, quando quando vuoi, dimmi dimmi dove!/ Sono dannato ma te le dò di santa ragione!/ Così impari a rimare male di me, io non ti maledirei, ti farei male Alighieri! Non sei divino, individuo, se t’individuo, ti divido!/ è inutile che decanti l’amante, Dante, provochi solo carichi di Bido!/ Il mondo non è dei poeti, il mondo è di noi prepotenti!/ Vai rimando alla genti che mi getti nel fango, ma io rimango l’Argenti!/ Argenti vive, vive e vivrà, sono ancora il più temuto della città, sono ancora il più rispettato, quindi cosa t’inventi?/ Se questo mondo è l’Inferno allora sappi che appartiene a…Filippo Argenti”.

Ci sono poi una quantità di citazioni minori, ma significative. Al 1962, in particolare, risale “Carlo Martello torna dalla battaglia di Poitiers”: testo di Paolo Villaggio su musica medievaleggiante di Fabrizio De Andrè, che fu l’esecutore. Il verso “ma più dell’onor poté il digiuno”, in particolare, riprende il “più che ‘l dolor poté ‘l digiuno” dell’episodio del Conte Ugolino: e il bello è che una volta in conferenza stampa il ministro della Difesa Mario Mauro confuse le due citazioni, attribuendo alla Divina Commedia il testo che è invece della satira medieval-goliardica! Ma anche gli altri versi hanno un generale sapore dantesco che assieme al tono boccaccesco della vicenda contribuiscono all’atmosfera del pezzo, anche se tecnicamente Dante e Boccaccio vennero sei secoli dopo la battaglia di Poitiers. Più in generale, la canzone anticipa di quattro anni la memorabile demolizione della retorica sull’epica cavalleresca che nel 1966 Mario Monicelli avrebbe fatto con la sua geniale satira cinematografica “L’armata Brancaleone”.

Varie citazioni dantesche si ritrovano poi in Antonello Venditti. In due di esse si insiste sul concetto di Dante come madeleine dei ricordi di liceo. Uno è in particolare “Compagno di scuola”, del 1975. “E la Divina Commedia, sempre più commedia/ al punto che ancora oggi io non so/ se Dante era un uomo libero, un fallito o un servo di partito./ Ma Paolo e Francesca, quelli io me li ricordo bene/ perché, ditemi, chi non si è mai innamorato/ di quella del primo banco,/ la più carina, la più cretina,/ cretino tu, che rideva sempre/ proprio quando il tuo amore aveva le stesse parole,/ gli stessi respiri del libro che leggevi di nascosto/ sotto il banco”.

Un altro è “Notte prima degli esami”, del 1984 e ispiratore anche di due film e di una miniserie televisiva. “Tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto”. Una terza citazione dantesca di Venditti è “amor, ch’a nullo amato amar perdona”: verso 103 del V Canto dell’Inferno su Paolo e Francesca, che appare in quella “Ci vorrebbe un amico” scritta dopo che la moglie Simona Izzo lo aveva lasciato. Anzi: è il lato A del 45 giri del 1984 il cui lato B è “Notte prima degli esami”. Forse rimbalzato proprio da Venditti, il verso è citato anche in “Serenata rap” di Jovanotti e “Un tempo indefinito” di Raf.

Nel 2004 altri versi dell’Inferno di Dante sono citati in Odysseus, brano contenuto nell’album di Francesco Guccini “Ritratti”. “E i remi mutai in ali al folle volo oltre l’umano”. Prima ancora, già nel 1935 Odoardo Spadaro aveva rivolto a Dante un affettuoso omaggio nel “Cappello di paglia di Firenze”. “Sul cappello di paglia di Firenze/ possiamo farvi tante confidenze./ E si dice che Beatrice/ lo portasse nell’istante/ che ha incontrato padre Dante./ E quel che scrisse è fra le conseguenze/ di quella certa paglia di Firenze”. Mentre recentissimo è “La Divina Commedia” del rapper Tedua: album del 2023 con una quantità di collaborazioni, e in cui però il viaggio di Dante è soprattutto la metafora di un percorso personale passato anche per l’”Inferno” della pandemia.

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