Il ministero dell’Istruzione promette una stretta per i docenti che vendono le proprie immagini di nudo. Ma la questione è: un insegnante fuori servizio è ancora proprietà del ministero?
Sulla ventilata stretta del ministero dell’istruzione riguardo ai docenti che si esibiscono su OnlyFans, come sempre stiamo guardando il dito anziché la luna. Anzi, data la natura dei contenuti pubblicati sulla piattaforma, stiamo guardando altre parti del corpo che ci distolgono e ci fanno pensare che in gioco ci siano solo il diritto ad autodeterminare il proprio piacere e la mai sottile vena di ipocrisia che in Italia riguarda la sessualità di chi è a contatto quotidiano con bambini e ragazzi. Sono vere entrambe le cose, non c’è dubbio, ma rientrano in un contesto più ampio che trascende il sesso: quello cioè di quando si inizi e quando si finisca di essere un insegnante.
OnlyFans è un caso limite, in quanto chi apre un profilo a pagamento sta di fatto vendendo l’immagine intera e nuda di sé stesso, la quale può facilmente venire scambiata per tutto sé stesso. Vale tuttavia lo stesso ragionamento per chi, uscito da scuola e sbrigati tutti i lavori, intenda mettere in vendita altre porzioni di sé, facendo leva su talenti diversi, talora intellettuali, meno scandalosi ma non per questo più pudichi (scrivere, cantare, recitare, dipingere, fornire consulenze, fare politica, etc.). La questione, in soldoni, è: un insegnante fuori servizio è ancora proprietà del ministero? La sua vita intera deve essere condizionata dal relativamente poco tempo che trascorre a scuola? Se la risposta è no, allora qualsiasi insegnante dev’essere libero di stare su OnlyFans così come di fare ciò che più gli garba, onde ottenere del denaro investendo il proprio talento, con o senza vestiti a sua discrezione. Se la risposta è sì, allora lo stato non deve pagare gli insegnanti per diciotto ore settimanali, bensì per ventiquattr’ore al giorno.