La richiesta americana di uova all’Unione europea mostra i danni del protezionismo
Solo poche settimane Donald Trump fa minacciava quasi di invaderla per strapparle la Groenlandia, ora sta chiedendo cortesemente alla Danimarca se ha un po’ di uova da mandargli. Gli Stati Uniti sono alle prese con un’influenza aviaria che, dal 2022, ha comportato l’abbattimento di 160 milioni di tacchini, polli e soprattutto galline ovaiole, che ha prodotto una scarsità di uova. L’enorme incremento del prezzo delle uova, simbolo dell’inflazione generale, è diventato un cavallo di battaglia della campagna elettorale di Trump contro la gestione economica di Joe Biden. Oltre alla Danimarca, sono stati contattati tanti paesi europei, tra cui l’Italia. Negli ultimi giorni tanti imprenditori del Veneto, la principale regione italiana produttrice di uova, hanno ricevuto richieste dagli Stati Uniti. Difficile esaudire la richiesta perché l’offerta è limitata e l’aviaria colpisce un po’ tutti.
Pare Washington sia riuscita ad assicurarsi forniture extra da Turchia e Corea del sud. La segretaria all’Agricoltura, Brooke Rollins, ha lanciato una strategia per abbassare il prezzo delle uova e una delle cinque frecce è proprio un incremento temporaneo delle importazioni.
Questa misura, tanto logica quanto corretta, è l’implicita ammissione degli effetti perversi e inflazionistici della politica protezionistica ostinatamente perseguita da Trump: se per far abbassare i prezzi delle uova bisogna aumentare le importazioni, mettere i dazi per ridurre le importazioni farà aumentare i prezzi. D’altronde i dazi sono semplicemente una tassa, che Trump sta imponendo agli americani e ai loro partner commerciali.