La cripta degli eroi: i restauri e gli studi sugli scheletri delle Cinque giornate di Milano

Entro il 2026 si potrà tornare a visitare la tomba del monumento dedicato al moto di libertà del 1848. I lavori sono in corso, la competenza del restauro è della direzione tecnica e arredo urbano e l’investimento è pari a 230 mila euro

Avevano tra i 27 e i 30 anni e non portavano solo i pantaloni: c’erano anche diverse donne e persino una bimba di 2 anni. Alcuni erano panettieri o fornai, qualcuna faceva la lavandaia. Sono morti tutti nell’arco di cinque giorni, dal 18 al 22 marzo, del 1848: sono gli eroi, giovani e umili, delle Cinque Giornate di Milano. I loro nomi sono incisi sul monumento, un obelisco di 23 metri e cinque statue di figure femminili, una per ciascuna giornata, ideato da Giuseppe Grandi nella piazza dedicata a quel moto di libertà senza lieto fine. Se, in concomitanza con il 177esimo anniversario dell’insurrezione contro gli Austriaci, vedrete la struttura ancora imbragata non preoccupatevi: le impalcature saranno rimosse a giugno, portando con sé buone notizie. La prima: per le Cinque Giornate del 2026 si potrà tornare a visitare la cripta del monumento (solo in quei giorni e a turni di uno o al massimo due per volta, ché lo spazio è minimo). Palazzo Marino (la competenza del restauro è della direzione tecnica e arredo urbano, l’investimento pari a 230 mila euro) anticipa al Foglio che il risultato dei lavori in corso sorprenderà: al termine sarà evidente il diverso colore delle statue femminili, per cui Grandi aveva usato una lega di rame più lucente rispetto a quella dell’obelisco. Oltre alla pulizia si è intervenuto anche all’interno della struttura per creare, attraverso ventole, l’areazione necessaria a evitare future infiltrazioni.

E ora il meglio della storia: da un anno sono stati recuperati e sono allo studio i resti scheletrici conservati nella cripta. Si è messa al lavoro Cristina Cattaneo, docente di Medicina legale dell’Università degli Studi di Milano e fondatrice del Labanof (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense) per “restituire dignità, identità e storia a queste vittime rimaste per così lungo tempo nell’ombra”: Cattaneo sta adoperando la stessa cura adottata per celebri casi di cronaca (vedi Yara Gambirasio) o per dare un nome ai troppi morti annegati nel Mediterraneo nell’indifferenza. “Da milanese, credo sia importante identificare anche questi giovani che un tempo hanno combattuto per la libertà della nostra città e dare loro dignità, ricostruendo le loro storie dal confronto tra i resti e i documenti in nostro possesso”, spiega al Foglio Marco Giachetti, presidente della Fondazione Policlinico di Milano. Ne parlerà oggi alle 18 al Museo del Risorgimento in una conferenza dal titolo “Cantieri da scoprire. Monumento e Cripta di piazza Cinque Giornate” (ingresso libero con relazioni anche di Alfredo Bonfanti, Cristina Cattaneo, Giovanna Colace e Mariachiara Fugazza). L’occhio esperto della dottoressa Cattaneo sta lavorando per ricomporre gli scheletri: sono emersi dal mucchio, come si diceva all’inizio, anche parecchi resti femminili e persino quello di una bambina. Quasi tutti presentano ferite da arma da fuoco, su qualcuno c’è un tentativo di autopsia dell’epoca. Il processo è lungo: c’è voluto tempo per asciugare le ossa superstiti dall’umidità e suddividerle a dovere. Un grande aiuto arriva proprio dall’archivio della Ca’ Granda dove, un anno fa, è stata rinvenuta la copia manoscritta dell’elenco dei caduti durante le Cinque Giornate (il documento originale era invece andato distrutto durante un bombardamento del ’43).

“E’ stato un ritrovamento decisivo – spiega Giachetti – Durante i giorni dell’assedio, infatti, i feriti gravi e i caduti venivano portati alla Ca’ Granda di via Francesco Sforza: l’ospedale maggiore di Milano, che prima della costruzione del cimitero alla Rotonda di via Besana conservava i defunti nella cripta, dopo averli registrati. Lì erano sepolti però anche i defunti del Sei e Settecento e questo spiega il ritrovamento di resti di epoche precedenti tra le ossa analizzate dal Labanof provenienti dalla cripta del monumento alle Cinque Giornate. Le spoglie dei caduti vennero infatti portate dall’ospedale sotto l’obelisco solo nel 1899: per mezzo secolo la Ca’ Granda è stata la sola custode dei caduti delle Cinque Giornate. Dai registri ospedalieri ci risultano 170 nomi, sul monumento invece sono molti di più: evidentemente molti morti non erano stati registrati in ospedale”. Incrociando i dati d’archivio che indicano nome, cognome e professione dei caduti e i risultati delle indagini del Labanof si potrà ricostruire l’identità dei giovani milanesi morti per la libertà della loro città. Servirà almeno un altro anno per completare il lavoro, ma poco importa: la memoria è figlia della pazienza.

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