Dentro la favola di Wilma Rudolph

Dal Tennessee a Roma 1960 la corsa contro le barriere di Wilma e delle Tigerbells

Alla guida di un vecchio pulmino De Soto coach Ed Temple si chiedeva se non stesse perdendo tempo, percorrendo le 50 miglia, circa 80 chilometri, che nel Tennesse separano Nashville da Clarksville. Andava a vedere una ragazzina quindicenne di cui gli avevano parlato benissimo, ma Temple era un allenatore di atletica e lei giocava a basket: la chiamavano “Skeeter”, zanzara, testimonianza della velocità con cui si muoveva sul parquet. Ma la pallacanestro è un altro sport ed era un azzardo pensare che potesse diventare brava anche in pista.

Coach Temple, oltre al tempo, non poteva neppure sprecare denaro. Era allenatore dell’università di Arizona State, accademia della Hbcu, “Historically Black College University”, quelle frequentate quasi esclusivamente da neri. Gli veniva riconosciuto uno stipendio di 150 dollari mensile, 2.000 dollari di oggi, e oltre alla squadra di atletica doveva gestire l’ufficio postale del campus, andare in giro a scovare talenti e fare da autista per portare gli atleti alle gare. La partita dimostrò le qualità della quindicenne, che viaggiava a una media di 20 punti a partita nel torneo del liceo. Non era solo veloce, ma pure in possesso di due gambe lunghissime. Il coach fu soddisfatto: immaginandola su una pista di atletica pensò che il viaggio non fosse stato inutile. “Come ti chiami, figliola?”. “Wilma, signore”. Temple, ovviamente, conosceva nome e cognome della ragazza, ma non sapeva che da bambina era stata colpita da poliomielite alla gamba sinistra e sino a 12 anni un tutore le aveva imprigionato l’arto. Per le cure era stata costretta a lunghi viaggi in autobus una volta alla settimana per andare sino al Meharry medical college di Nashville: pure gli ospedali, nel sud degli Stati Uniti negli anni Cinquanta, erano segregati ed era complicato trovarne uno per guarire una bimba nera. “Cosa dici di venire ad allenarti con noi su una pista di atletica?”. “Grazie signore, ma a me piace il basket”.

Coach Temple non si perse d’animo: “Facciamo così: puoi venire da noi in estate, quando a basket non si gioca, poi in autunno e inverno torni a fare canestro”. Wilma Glodean Rudolph pensò che fosse un buon compromesso. Accettò, cambiando la sua vita e la storia dell’atletica. Ed Temple non aveva perso il suo tempo e aveva visto giusto. Le lunghe gambe di Wilma a sostenere un corpo di 59 chili distribuiti su 180 centimetri avrebbero trasformato la “Skeeter” che dominava i tornei liceali di basket nella più grande velocista di ogni tempo.

Wilma, nel 1956, non ha ancora l’età per frequentare l’università, ma può essere ingaggiata per la squadra di atletica, le “Tigerbelles”, Belle Tigri, che sotto la guida di Temple diventano devastanti nelle prove di velocità. Alle Olimpiadi di Melbourne, nel 1956, l’intera formazione della 4×100 americana è composto da ragazze della Tennesse State che torneranno dall’Australia con una medaglia di bronzo. Wilma corre la terza frazione e ha soltanto 16 anni. Coach Temple prima della partenza era preoccupato: delle sei Tigerbelles convocate per i Giochi soltanto Mae Faggs, oro nel 1952 a Helsinky nella 4×100, è già stata all’estero. “Te le affido, soprattutto le due bimbe più piccole”. Con Wilma, infatti, c’è la coetanea Willye White, una ragazza del Mississippi che vince una clamorosa medaglia di bronzo nel salto in lungo. Ma lei, tornata a casa, non parla tanto di quanto successo in pedana, ma fuori. “Alla mensa del villaggio olimpico l’ingresso era unico, a tavola potevo sedermi insieme a ragazzi e ragazze bianche e loro parlavano con noi neri. Credevo che cappucci bianchi, croci bruciate e linciaggi fossero ovunque, invece esistono due realtà: il Mississippi e il resto del mondo”.

Già, il razzismo. Negli anni di Rosa Parks e dell’inizio delle lotte per i diritti civili di Martin Luther King, la segregazione è parte integrante della vita sociale americana. Le trasferte delle Tigerbelles sono un’avventura, la ragione per cui coach Temple, tra le altre funzioni, è anche l’autista del pulmino per le trasferte. Nel Tennessee e in tutti gli stati del Sud un mezzo guidato da un nero con a bordo ragazze nere non è mai il benvenuto. Ci si affida a “Greenbook”, la guida per viaggiatori neri recentemente resa famosa da un film premiato con l’Oscar. Ci sono gli hotel, i ristoranti, i bar, le stazioni di rifornimento disposte a servire gli afroamericani, ma spesso le ragazze sono costrette a far tutto a bordo. Una volta viaggiano per 22 ore filate per raggiungere New York, dormendo e mangiando a bordo, fermandosi ai lati delle strade per i bisogni. Arrivati al Madison Wilma Rudolph vince tutte e nove le gare in cui è iscritta, battendo ragazze che avevano raggiunto la Grande Mela con viaggi molto più comodi. La bimba che fino a 12 anni aveva avuto la gamba sinistra imprigionata da un tutore è ormai una stella: ad Abilene, in Texas, stabilisce il record del mondo dei 200, preludio dei trionfi dell’Olimpiade a Roma, forse la più bella edizione di sempre dei Giochi per scenario, impareggiabile, e personaggi.

Il maratoneta Abebe Bikila, il decathleta Rafer Johnson, i cestisti Oscar Robertson e Jerry West. Lei domina i 100 e i 200, vincendo con distacchi da Giro delle Fiandre, e trascinando la staffetta americana, ancora una volta interamente composto dalle Tigerbelles di Tennesse State, all’oro in staffetta. È la regina dei Giochi, impareggiabile per fascino personale e bellezza del gesto tecnico, viene fotografata in uno scatto degno di Peynet mano nella mano con Livio Berruti, il torinese che conquista i 200, ma al suo cuore è interessato soprattutto un pugile oro nei mediomassimi, un diciottenne talentuoso e ciarliero. Cassius Marcellus Clay, tornato negli Stati Uniti, per corteggiarla percorrerà con un decapottabile la strada da Louisville, in Kentucky, sino a Clarksville, ricevendone uno dei rari ko della carriera. Wilma ha appena 20 anni all’epoca dei trionfi romani, ma le ipocrite regole sul dilettantismo dell’epoca in atletica chiudono di fatto lì la sua carriera, lasciando il rimpianto su quali traguardi cronometrici avrebbe potuto raggiungere. John Kennedy la riceve alla Casa Bianca, è ospite dell’Ed Sullivan Show, programma più visto della tv americana, visita i paesi africani come ambasciatrice del Dipartimento di Stato. Lei sfrutta la sua popolarità per battersi per i diritti civili: Clarksville, nel 1963, diventa una delle prime città del Sud ad abolire integralmente ogni forma di segregazione. Aveva messo in pratica la lezione di Ed Temple alle sue ragazze: “L’atletica vi apre le porte, ma è lo studio a mantenerle aperte”. Delle 40 atlete, un record, che il coach riuscirà a qualificare ai Giochi con un bottino di ben 23 medaglie olimpiche, ben 39 di loro arrivano una laurea. Avevano emulato Rosa Parks, che non aveva ceduto il suo posto in autobus “per capire una volta per tutte quali erano i miei diritti, come cittadino americano e, soprattutto, come essere umano”. Wilma e tutte le Tigerbelles li avevano reclamati e ottenuti correndo velocissime in pista.

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.