L’iniziativa dell’Alto rappresentante per fornire rapidamente aiuti militari all’Ucraina riceve critiche in tutte le sue versioni. E mentre cresce la contestazione da parte degli stati membri, von der Leyen approfitta della sua inesperienza
Bruxelles. L’Alto rappresentante per la politica estera europea, Kaja Kallas, entrata in carica meno di quattro mesi fa, si trova di fronte alla sua prima sconfitta e a una contestazione crescente da parte degli stati membri. Ieri Kallas ha annunciato di aver rivisto significativamente al ribasso la sua iniziativa per fornire rapidamente aiuti militari all’Ucraina: i 40 miliardi di euro che erano stati chiesti ai ministri degli Esteri lunedì per un’ampia serie di capacità militari sono diventati 5 miliardi, unicamente per le munizioni. “Ci stiamo lavorando su scala ridotta, ascoltando le preoccupazioni dei diversi paesi”, ha detto Kallas a un gruppo di agenzie di stampa. Ma il metodo e la sostanza dell’iniziativa hanno creato grande irritazione. “Alcuni stati membri sono frustrati che l’Alto rappresentate non ha consultato nessuno prima di mettere la sua proposta sul tavolo”, ci ha detto un diplomatico europeo: “Se dice che dobbiamo avere unità, doveva preparare questa iniziativa in modo unitario”.
L’iniziativa Kallas è stata discussa due volte dai ministri degli Esteri dell’Ue. Una prima versione presentata a febbraio prevedeva che gli stati membri fornissero 20 miliardi di euro di aiuti militari urgenti all’Ucraina con una chiave di ripartizione basata sul Reddito nazionale lordo. La logica era far pagare di più alle economie più grandi, nel momento in cui sono soprattutto i paesi più piccoli (i nordici e i baltici) a spendere per grandi pacchetti di armi a Kyiv. Di fronte alle obiezioni di paesi come Italia, Francia e Spagna, Kallas ha inviato alle capitali una seconda versione alla fine della scorsa settimana. La chiave di ripartizione è stata modificata, i contributi sono diventati volontari e non solo con finanziamenti ma anche in natura. Ma la cifra complessiva dell’iniziativa Kallas è salita da 20 a 40 miliardi per tenere conto della possibilità di un disimpegno totale degli Stati Uniti e compensare la fine degli aiuti militari americani.
“L’iniziativa doveva essere fatta in un altro modo”, ha spiegato il diplomatico. “E’ stata presentata come una proposta da adottare”, ma “non c’era accordo sull’ammontare e gli stati membri non erano pronti a pagare sulla base del Reddito nazionale lordo”. Inoltre, “non era chiaro lo status di questa iniziativa”, ha aggiunto il diplomatico. Volontaria o obbligatoria? Gestita dall’Ue o dagli stati membri? Riservata ai ventisette (meno l’Ungheria) oppure aperta ad altri paesi extra Ue? “Un certo numero di stati membri avrebbe voluto discutere di queste questioni prima che la proposta fosse presentata”, ha detto il diplomatico. “Per molti stati membri, l’intenzione era buona, ma le modalità che sono state proposte non vanno bene a tutti”, ci ha confermato un’altra fonte.
Kallas ha discusso la sua iniziativa per l’Ucraina in una riunione informale dei ministri degli Esteri dell’Ue convocata alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco a febbraio. Il vicepresidente americano, J. D. Vance, aveva appena lanciato un attacco ideologico contro l’Ue. Tre giorni prima il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, aveva annunciato alla Nato il disimpegno dell’Amministrazione Trump dall’Ucraina. L’obiettivo di Kallas era duplice: fornire armi per le garanzie di sicurezza in caso di accordo di pace e rafforzare la posizione negoziale di Volodymyr Zelensky consentendogli di dire “no” a un diktat imposto da Donald Trump e Vladimir Putin. Ma alla riunione di Monaco hanno partecipato solo otto ministri degli Esteri su 27. “Erano tutti i nordici e baltici”, ricorda una fonte.
Ieri Kallas ha spiegato che le resistenze vengono “da paesi che sono lontani e che forse non vedono la minaccia in modo così forte. Ma la minaccia c’è, oggi più che mai”. Alcuni diplomatici rispondono che “l’Ucraina è una questione personale per Kallas. La Russia è una questione personale per lei. E questo ha un’influenza” sul modo di agire come Alto rappresentante. Quando il regime Assad è stato rovesciato in Siria ed è stata organizzata una missione congiunta dei ministri degli Esteri di Francia e Germania a Damasco per incontrare il nuovo uomo forte Ahmed al Sharaa, Kallas ha rifiutato l’invito a partecipare. Su Gaza è spesso in ritardo, lasciando ai suoi portavoce il compito di reagire. Anche la sua visibilità sui media irrita, perché “lo spin sui giornali non è concertazione”.
Secondo diverse fonti, Kallas si comporta ancora come se fosse il primo ministro dell’Estonia, più abituata alle discussioni politiche generali tra i leader che ai delicati equilibri da trovare su punti tecnici con gli ambasciatori dentro il Coreper (l’organismo che prepara i consigli Affari esteri e i vertici dei capi di stato e di governo). Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, l’ha criticata durante il vertice informale del 6 febbraio, cosa che non avrebbe fatto quando Kallas era alla testa del suo paese. “Non ha ancora preso pieno possesso del suo nuovo incarico” ed “è mal consigliata”, spiega un altro diplomatico.
Non tutti hanno un giudizio negativo dell’Alto rappresentante. Al contrario. “La giuria è ancora riunita”, ci ha detto un diplomatico di un paese che sostiene l’iniziativa Kallas. “Non bisogna personalizzare, né esagerare le differenze. Useremo il piano Kallas come base di lavoro”, ci ha detto un altro. “E’ alla ricerca di un’identità”, ha spiegato una terza fonte. “E’ intelligente. Ne trarrà sicuramente le conclusioni che si impongono”, ha aggiunto un’altra.
Tuttavia c’è anche chi sta approfittando dell’inesperienza e degli errori di Kallas. Formando la sua nuova Commissione, Ursula von der Leyen ha sottratto una serie di competenze al Servizio europeo di azione esterna. Ha istituito una nuova Direzione generale per il Mediterraneo, che si estende fino al Golfo Persico. Ha nominato un commissario alla Difesa, malgrado il fatto che dovrebbe occuparsi solo di politica industriale. Nel Libro Bianco sul futuro della difesa europea non c’è traccia degli Eurobond proposti da Kallas quando era primo ministro, né del fondo da 100 miliardi di euro di sovvenzioni che aveva sostenuto. Per contro, la presidente ha fatto inserire nel Libro Bianco alcune righe per proporre che la Commissione diventi una centrale di acquisto di armi per gli stati membri. Questo ruolo è già svolto dall’Agenzia europea per la difesa sotto la direzione del Servizio di azione esterna e degli stati membri. Kallas ha voluto sottolineare che l’Agenzia europea per la difesa resterà l’unico organismo incaricato degli acquisti comuni.
Questa settimana, quando Kallas si è trovata in difficoltà con la sua iniziativa sull’Ucraina, Ursula von der Leyen ha sorpreso diplomatici e funzionari annunciando la creazione di una task force per coordinare le forniture di aiuti militari a Kyiv degli stati membri e dell’Ue. Un’altra sottrazione di competenze a un Alto rappresentante in difficoltà? Fonti del Servizio europeo di azione esterna sono corse ai ripari, assicurando che gli aiuti all’Ucraina continueranno a essere gestiti dagli organismi legati al Comando militare dell’Ue sotto la direzione di Kallas e degli stati membri.