Le accuse a Ghnewa, il comandante libico a Roma per visitare il ministro Jumaa

Un altro signore della guerra atterra a Ciampino e va in ospedale dal ministro libico ferito in un attentato a Tripoli. L’agguato contro il membro del governo ricoverato in Italia è ancora poco chiaro e c’è la possibilità che presenti richiesta di asilo politico

Poco prima delle 19 di giovedì, un altro signore della guerra libico accusato di torture, sparizioni e omicidi è atterrato all’aeroporto di Ciampino. Seguendo lo stesso percorso fatto dal premier libico Abdelhamid Dabaiba arrivato a Roma in segreto il mese scorso, Abdel Ghani al Kikli, meglio noto come Ghnewa, si è diretto verso l’European Hospital di Roma. Al quarto piano della clinica, da un mese, è ricoverato Adel Jumaa, ministro di stato libico rimasto vittima di un attentato a Tripoli a febbraio. Un selfie diffuso nella serata di ieri sui social mostra Jumaa sorridente sul letto dell’ospedale abbracciato da Ghnewa e circondato da altre figure di spicco libiche, arrivate a Roma con lo stesso volo.

Ghnewa è accusato di crimini efferati per i quali è indagato dalla procura generale della Corte penale internazionale. L’European Center for Constitutional and Human Rights, una ong tedesca, ha presentato una denuncia di oltre 500 pagine. Secondo l’attivista libico Husam el Gomati, tra le vittime dello spyware ideato dal software israeliano Paragon Solutions in dotazione ai servizi segreti italiani, la Corte dell’Aia avrebbe spiccato contro Ghnewa un mandato di arresto segreto. Non ci sono conferme su questo punto. Secondo quanto risulta ora al Foglio, il caso di Ghnewa sarebbe diverso da quello di Osama Njeem Almasri, arrestato a Milano lo scorso gennaio e subito rimpatriato in Libia. Su Ghnewa non esisterebbe ancora un vero mandato di arresto dell’Aia e le autorità italiane non sarebbero quindi state obbligate ad arrestarlo una volta atterrato a Roma.

Ma a differenza di Almasri, che era un corpo intermedio della catena di comando di una milizia di Tripoli, la Rada, Ghnewa è molto più influente. E’ il comandante dello Stability Security Apparatus (Ssa), creato nel 2021 e diventata una delle milizie inglobate fra i corpi di sicurezza dello stato libico. La Ssa è oggi uno dei gruppi armati più importanti della capitale, controlla la costa fra Tripoli e Zwara, i centri di detenzione dei migranti di Abu Salim e Maya, luoghi di torture e stupri nei confronti dei detenuti. “Ghnewa è colui che comanda davvero a Tripoli”, dice una fonte libica al Foglio. “Ed è in rapporti molto stretti con Adel Jumaa, per questo è andato a trovarlo a Roma”.

Assieme a Ghnewa, anche altri personaggi molto noti hanno fatto visita a Jumaa in ospedale. Fra questi c’è Ibrahim Dabaiba, il nipote nonché consigliere del premier libico Abdulhamid, considerato il vero mandante del tentato omicidio di Jumaa. Un incontro che sa di intimidazione. Il ministro avrebbe dovuto fare ritorno a Tripoli già da un paio di settimane, una volta completato il ciclo di cure a cui è sottoposto a Roma. Ma secondo quanto risulta al Foglio, Jumaa si sente minacciato e non ha intenzione di rientrare in Libia, dove resta la sua famiglia. Da settimane, si rincorrono voci sulla possibilità che presenti richiesta di asilo politico in Italia, un rischio che Dabaiba vuole scongiurare, perché “Jumaa sa tante cose”, come spiega una fonte che preferisce restare anonima per ragioni di sicurezza.

I motivi che avrebbero portato all’agguato a Jumaa sono diversi. Oltre al suo tentativo di candidarsi come nuovo presidente della National Oil Company, l’istituzione più potente della Libia perché gestisce il petrolio del paese, ci sarebbe anche il sostengo offerto da Jumaa alle imprese italiane impegnate in Libia. Il ministro era l’organizzatore del Business Forum italo-libico dello scorso 29 ottobre a Tripoli e fu proprio lui ad accogliere all’aeroporto di Mitiga la premier italiana, Giorgia Meloni. Fra gli impegni assunti da Jumaa con il governo italiano c’era quello di sostenere la causa del nostro consorzio Aeneas per il rinnovo del contratto nella costruzione dell’aeroporto di Tripoli. I lavori erano iniziati nel 2017 fra molte difficoltà a causa delle difficili situazioni della sicurezza nel paese. L’intesa fra la società italiana e il governo libico è scaduta a ottobre dello scorso anno e da allora erano in corso negoziati fra l’Italia, appoggiata da Jumaa, e i Dabaiba, più propensi ad affidare l’appalto a una società turca. Il giorno dopo un incontro con l’ambasciatore italiano a Tripoli, Gianluca Alberini, Jumaa è stato vittima dell’agguato a Tripoli. E non sarebbe un caso se oggi il ministro libico sia ancora a Roma, al sicuro e sotto la protezione delle autorità italiane.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare “Morosini”. Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.

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