Carteggio segreto tra Renzi e Calenda: il ritorno degli amanti separati. Una fiction

Tra battute pungenti e accuse reciproche, i due leader si scrivono e ipotizzano una tregua. Addio sceneggiate e proclami, ma il patto reggerà?

Caro Matteo,

mi costa dirtelo, ma mi manchi. Certo, ci siamo detti di tutto, abbiamo litigato come una coppia al terzo divorzio, ma sai meglio di me che, da separati, non abbiamo combinato granché. Tu con il tuo giornale e il tuo eterno tour delle conferenze, io con il mio partito a metà tra un club di raffinati e un esperimento fallito di leadership autoritaria. Non era meglio quando giocavamo a fare i Macron d’Italia, convinti di poter spaccare il mondo? La verità è che, se continuiamo così, il centro non lo costruisce più nessuno. Io faccio il serio, tu fai il genio incompreso, e alla fine la gente si rifugia nei vecchi partiti. Non so come dirtelo, ma forse dovremmo tornare insieme. So che la cosa non ti farà piacere, so che preferiresti farti bastare la Leopolda e qualche intervista a La7, ma se vogliamo davvero contare qualcosa, dobbiamo smetterla con questa commedia della divisione. Ah, un’altra cosa. So che ti stai già preparando un discorso in cui mi spieghi perché il problema sono io, perché sono troppo rigido, troppo tecnocratico, troppo “Calenda centrico”. Risparmiatelo. Lo so già. E sai una cosa? Magari hai pure ragione. Ma se vogliamo essere sinceri, anche tu non scherzi. Quindi ecco la mia proposta: basta orgogli, basta rivalse. Mettiamoci a lavorare. Insieme. Poi, se proprio dobbiamo, litighiamo a telecamere spente.



Caro Carlo,


mi colpisce questa tua lettera, anche perché credevo che dopo l’ultima nostra telefonata avessi definitivamente deciso di odiarmi. E invece eccoci qui, come due ex che si scrivono di notte dopo aver visto una vecchia foto su Facebook. In realtà, lo sai che hai ragione: separati, non contiamo abbastanza. Però, lasciami dire che il problema non è solo il nostro litigio. Il problema sei tu, caro Carlo. Perché prima hai voluto fare il leader con i pieni poteri, poi hai iniziato a detestare tutti quelli che provavano a suggerirti una strategia, poi hai cominciato a parlare di politica come se fossi il ceo di un’azienda che licenzia consiglieri ogni tre mesi. Io un’idea ce l’avrei: facciamo pace, ma senza troppi proclami. Ricominciamo a collaborare sui temi, vediamo dove ci porta questa strana alleanza. Ma, ti prego, non ricominciamo con i litigi pubblici. Non è più credibile. E poi, dobbiamo anche capire come spiegarlo alle nostre rispettive mogli. La mia ha già minacciato di cambiare canale ogni volta che sente il tuo nome.



Caro Matteo,


facciamolo. Ma stavolta, senza sceneggiate. Se non ci ammazziamo prima.



Caro Carlo,


non garantisco niente. Ma proviamoci.



Caro Matteo,


dimenticavo: se torniamo insieme, devi smettere di twittare come un influencer impazzito alle tre di notte. E per favore, niente più dirette in cui parli di come ci salverai tutti. Lo sappiamo già, ce l’hai ripetuto mille volte. Ah, e lascia stare l’inglese maccheronico.



Caro Carlo,


ti rispondo con affetto: non farmi più sentire un podcast di economia spiegato da te. L’ultima volta ho avuto un principio di narcolessia. Inoltre, se torniamo insieme, basta interviste in cui dici che “gli italiani non capiscono”. Forse non capiscono noi, ed è un problema. Ci vediamo lunedì. Porta i calmanti.

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