Problemi e limiti nel Libro bianco di von der Leyen

La presidente della Commissione presenta il documento sulla Difesa, ma manca un pensiero strategico comune e una visione politica di lungo periodo per una vera integrazione nel settore militare. Oggi il Consiglio europeo

Bruxelles. La Commissione di Ursula von der Leyen ieri ha presentato il suo Libro bianco sul futuro della Difesa europea, lanciando un chiaro messaggio a tutti gli stati membri: è necessario prepararsi a una guerra entro il 2030 per preservare la pace scoraggiando un attacco da parte della Russia. Il documento aveva sollevato grandi attese, in particolare dopo che Donald Trump ha confermato nei fatti l’intenzione di disimpegnare gli Stati Uniti dalla sicurezza europea.

Il risultato finale è giudicato deludente da molti. Il Libro bianco di fatto si limita a elencare e specificare le nuove iniziative del piano di riarmo da 800 miliardi di euro che von der Leyen aveva presentato all’inizio del mese. Mancano le “nuove opzioni di finanziamento” che il Consiglio europeo informale del 6 marzo aveva chiesto alla presidente della Commissione. In altre parole uno strumento di debito comune simile a Next Generation Eu per fornire sovvenzioni agli stati membri che non hanno spazio fiscale per aumentare in modo consistente la spesa per la Difesa. Il piano von der Leyen si fonda sul debito nazionale. Quello contratto grazie alla sospensione delle regole del Patto di stabilità e crescita per aumentare la spesa per la Difesa dell’1,5 per cento del pil l’anno (650 miliardi stimati dalla Commissione). O quello contratto grazie ai 150 miliardi di prestiti che fornirà lo strumento Safe. Nel Libro bianco manca anche una visione politica di lungo periodo per una vera integrazione nel settore militare. Il documento è soprattutto un piano industriale per aumentare la produzione nell’Ue. I contratti per acquisti di armi finanziati con gli 800 miliardi di euro nel corso di quattro anni dovrebbero assicurare sufficiente prevedibilità all’industria per investire nell’incremento delle capacità produttive. Ursula von der Leyen ha scelto di assecondare la Francia sul “Buy European”: saranno i produttori di armi europei a essere favoriti negli acquisti congiunti finanziati dallo strumento Safe. I leader avevano discusso del piano von der Leyen il 6 marzo.

I dettagli del Libro bianco rischiano di riaccendere il dibattito e le divisioni durante il Consiglio europeo di oggi a Bruxelles. Diversi stati membri contestano le clausole “Buy European”. Una porterebbe all’esclusione di partner come il Regno Unito dagli acquisti congiunti (anche se la Commissione spera di risolvere il problema a maggio con un accordo di sicurezza con Londra). Un’altra prevede che possano essere finanziati solo gli acquisti di sistemi di armamenti con il 65 per cento di contenuto europeo. Un’altra ancora obbliga i produttori di paesi terzi ad assicurare che non ci saranno restrizioni all’utilizzo degli armamenti che vendono agli europei.

Senza mai citare Trump, tra le righe del Libro bianco emerge la paura dell’abbandono da parte dell’America. Il Libro bianco è il documento che deve preparare l’Ue a difendersi da un’aggressione della Russia. “Abbiamo informazioni di intelligence secondo le quali i russi ci metteranno alla prova nel 2030”, spiega un funzionario dell’Ue. Ma dietro al “Buy European” c’è la grande sfiducia negli Stati Uniti sotto la presidenza Trump. I Patriot potranno essere comprati con lo strumento Sure solo se saranno prodotti nell’Ue con la garanzia che gli Stati Uniti non potranno disattivarli. L’Europa deve essere in grado di difendersi da sola, senza più contare sull’ombrello americano. Il problema è che non tutti gli stati membri hanno lo stesso “pensiero strategico” e la stessa “valutazione della minaccia”, hanno ammesso ieri l’Alto rappresentante, Kaja Kallas, e il commissario alla Difesa, Andrius Kubilius.

I paesi del sud considerano una guerra da parte della Russia come impossibile. “Gli unici russi a cui pensano sotto i Pirenei sono i turisti. In Polonia e nei paesi baltici pensano agli omini verdi”, ironizza un diplomatico. A questo si aggiungono i problemi di sostenibilità del debito. Il ministro francese delle Finanze, Éric Lombard, ha escluso di attivare la clausola di salvaguardia nazionale per aumentare la spesa per la Difesa all’1,5 per cento. Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, ha chiesto di allargare la definizione di spesa per la Difesa agli investimenti nel cyber e nel clima. L’Italia è diventata improvvisamente frugale di fronte alla possibilità di usare la sospensione del Patto per aumentare la spesa per la Difesa ed esita a chiedere i prestiti di Sure. “L’Italia ha un’industria della Difesa e dello spazio molto forte: Leonardo è la più robusta azienda europea nel settore”, ha ricordato Kubilius, invitando il governo Meloni a investire perché significa anche posti di lavoro di qualità (…). Sarebbe strano se l’Italia non guardasse a questa possibilità”.

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