Non imparano mai. Il vizio dei media di fare da megafono a Hamas

Dai quotidiani esteri a quelli italiani, fino ai telegiornali, talkshow e ong. Così la bufala dell’ospedale Ahli è stata accettata senza beneficio di inventario. Mentre continua a mancare un coro unanime affinchè i terroristi depongano le armi e consegnino tutti gli ostaggi

La sera del 17 ottobre 2023 un’esplosione nel parcheggio dell’ospedale Ahli di Gaza City provocò molte vittime. Era stata provocata da un missile lanciato da Gaza contro Israele. Ma l’ufficio propaganda di Hamas aveva capito come sfruttare l’incidente nella guerra mediatica a Israele. Il risultato è stata una comunicazione micidiale: “Israele bombarda ospedale di Gaza, 500 morti”. Così la bufala dell’ospedale Ahli è stata accettata senza beneficio di inventario dai media mondiali e italiani. Il New York Times e la Bbc (che nelle scorse settimane ha dovuto ritirare un documentario su Gaza fatto con gli uomini di Hamas) hanno rilanciato la menzogna, tenendola in piedi fino a quando Joe Biden ha dichiarato che il missili non era di Israele.

In Italia la menzogna è stata rilanciata da tutti i quotidiani, non solo quelli apertamente anti-israeliani come Manifesto e Fatto; in televisione la bufala è stata proposta da telegiornali e talk show, compresa Porta Porta. Il copione ora si ripete. “Più di 400 morti nei bombardamenti israeliani su Gaza” (Associated Press). “Più di 400 morti a Gaza” (Washington Post). “Bombardamenti israeliani uccidono 400 a Gaza” (New York Times). “Più di 400 morti nei raid israeliani” (Reuters). “Israele rompe la tregua a Gaza, 400 morti” (Corriere della Sera). “400 morti di cui 130 bambini” (Tg1 delle 20). “Israele rompe la tregua, raid a Gaza: 400 morti” (La Repubblica). “Israele continua a bombardare: 400 morti” (La Stampa).

Le ong, neanche a parlarne. “Gaza: 400 morti nei bombardamenti israeliani” (Amnesty International). Quando i media pubblicano le affermazioni non verificate di Hamas e le cifre gonfiate delle vittime come fatti, consegnano ad Hamas una vittoria immediata nella guerra narrativa. “Le macerie, i morti: il prezzo dell’orrore a Gaza” titolava La Stampa il 15 gennaio. “Quindici mesi, duemila morti tra gli israeliani, 70 mila per i palestinesi”. Hamas ringrazia. I numeri contano. Il Guardian ieri citava Taher al Nunu, ufficiale di Hamas, per il quale la comunità internazionale a Gaza si trova di fronte a un “test morale”. Davvero una fonte morale affidabile, i terroristi di Hamas. Quasi quanto certi media occidentali.

Edieal Pinker, professore e vicepreside della Yale School of Management, ha analizzato 1.561 articoli del New York Times dedicati alla guerra di Gaza pubblicati tra il 7 ottobre 2023 e il 7 giugno 2024. Solo la metà degli articoli cita gli ostaggi israeliani e il 41 per cento mai le vittime israeliane del 7 ottobre. In 234 articoli, l’attacco di Hamas non è citato, solo 28 non hanno citato la violenza militare di Israele. Di tutti i 1.561 articoli, la stragrande maggioranza, 1.423, non ha menzionato le vittime israeliane dopo il 7 ottobre o le morti fra i terroristi di Hamas. Dall’8 ottobre 2023 al 7 giugno 2024, Israele ha perso 364 soldati, diverse migliaia sono rimasti feriti e 34 civili sono stati uccisi in 794 attacchi. Solo il dieci per cento degli articoli cita le morti di Hamas, dando l’impressione che ci fossero solo vittime civili palestinesi. “Dal punto di vista del New York Times, i soldati israeliani combattono principalmente contro civili o ombre”, afferma lo studio. Dei 1.561 articoli, il 93 per cento ha menzionato Israele più spesso di Hamas. Nel complesso, Israele è menzionato 27.205 volte, rispetto alle 8.499 volte di Hamas.

A gennaio, l’ex segretario di Stato americano Antony Blinken ha definito “sbalorditiva” la mancanza di copertura su Hamas. “Dal 7 ottobre non si sente praticamente più nulla da nessuno su Hamas”, ha detto Blinken. “Perché non c’è stato un coro unanime in tutto il mondo affinché Hamas deponesse le armi, consegnasse gli ostaggi, si arrendesse?”. I media lo sanno.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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