Una nuova indagine demoscopica nei principali paesi Ue riscontra “impressionanti livelli di convergenza: i cittadini vogliono la difesa comune e rifiutano il nuovo asse russo-americano. Anche gli elettori sovranisti, tutt’altro che sottorappresentati”. L’Italia si allinea al trend europeo. Parla Gilles Gressani, direttore di Le Grand Continent
L’opinione pubblica europea è reale. E parla forte e chiaro: lontano da Trump e da Putin, a favore di un esercito comune. Un trend condiviso fra tutti i principali Stati membri. Italia compresa. È quanto emerge dal nuovo sondaggio di Cluster 17, realizzato per Le Grand Continent e pubblicato a ridosso del Consiglio europeo di oggi: “I risultati sono oltre ogni aspettativa”, spiega al Foglio Gilles Gressani, direttore della rivista francese di geopolitica. “Dopo il ritorno di Trump e le prove d’intesa tra Stati Uniti e Russia è successo qualcosa di molto profondo agli occhi dei cittadini. Più della metà considera The Donald un nemico”. Nel nostro paese anche oltre la media: 52 per cento. “Meno di un europeo su dieci lo ritiene un alleato. Al contrario, l’82 per cento è convinto che il presidente americano abbia tendenze autoritarie o si comporti da dittatore. Lo stesso dato, per Putin arriva al 92”. E il riarmo? “Altra forte sintonia: la maggior parte delle persone si sta rendendo conto che il rischio di un conflitto sul continente è concreto. Per il 70 per cento dei rispondenti, l’unica strada che può intraprendere l’Ue verso una difesa efficace è dotarsi di proprie forze armate. Cioè non ricorrendo ai singoli stati, né agli alleati storici. Ormai non più affidabili”.
Secondo Gressani, la panoramica denota “una convergenza rara a questi livelli”. Il sondaggio si basa su un campione di quasi 11mila persone in nove paesi, rappresentativi per il 75 per cento della popolazione comunitaria. “L’obiettivo era misurare l’opinione pubblica europea proprio per giustificare l’utilizzo di questo termine: ebbene, esiste”. Europeista, protagonista. “E critica, fortemente oppositiva rispetto al nuovo asse geopolitico che si va formando: la percezione diffusa, la diagnosi, è che il vecchio continente sia finito nella morsa tra il Cremlino e la Casa bianca. Le prospettive di vassallaggio nei confronti delle superpotenze imperiali che ci circondano non piacciono a nessuno. Nemmeno ai sovranisti”. Prendano nota Salvini e soci. “Altro che bolla pro-Bruxelles: il fenomeno è sottodimensionato. Semmai siamo al cospetto di un frastuono mediatico e social-mediatico”, dal circo di X a quello dei talkshow, “che amplifica l’eco di posizioni fortemente minoritarie: filorussi, trumpisti, pacifisti a oltranza. È dunque in corso un enorme cambiamento tellurico con epicentro a Washington. Un terremoto assolutamente inedito, che spiega come perfino degli atlantisti di ferro come Mattarella e Merz abbiano preso posizioni molto dure e tutt’altro che marginali. Si sta dunque profilando una nuova domanda politica che chiede all’Europa non di essere bellicista, ma di avere i mezzi necessari per affrontare le insurrezioni in modo indipendente. A oggi questa offerta non c’è: come si ricollocheranno i partiti è ancora presto per dirlo”.
A ulteriore riprova, il sondaggio riscontra anche il forte sentimento di protesta contro Musk. “Mi aspettavo alcune forme di rigetto”, continua il politologo, “ma non di queste dimensioni. Perfino a Roma e dintorni: il 70 per cento degli italiani ha un giudizio negativo nei confronti del tycoon e il 52 vuole boicottare Tesla e Starlink”, come si sta forse accorgendo il governo Meloni, che sui satelliti di Elon tentenna.
“L’Italia ha un giudizio da outlier sulla pace e su Zelensky – sgradito alla maggioranza –, ma per il resto è del tutto in linea con la reazione del continente. Dal punto di vista aggregato c’è un filo conduttore che va da Madrid a Varsavia”. E l’elettorato antisistema non pesa quanto si vorrebbe far credere. “Lo stanno iniziando a capire anche i rispettivi leader. Le Pen in Francia non può più porsi in continuità rispetto a Trump, o perderà voti. Meloni invece aveva fatto una scommessa chiara: se la nuova amministrazione americana avesse assunto i connotati della consueta presenza transnazionale, essere king maker, vicina al presidente, sarebbe stato un privilegio. Ma quel che emana la Casa bianca s’è rivelato un’asimmetria unilaterale, inconciliabile coi nazionalisti nei vari paesi europei”. Il messaggio è forte anche per Bruxelles. “Tra i cittadini si fa largo un mutamento che spinge verso un cambio di mentalità da parte dell’Ue stessa: non più fredda, austera, distaccata dai popoli. In questa nuova fase conviene anche cambiare metodo”. Cioè? “L’Ue deve andare oltre la semplice rappresentazione di una soluzione tecnica ai problemi politici. Occorre sfruttare la criticità di questo periodo per creare una politica comune duratura. E solo in seguito definire le forme di governance”.