La guerra (ibrida) è già in Europa. I numeri dell’offensiva russa

Bombe, sabotaggi e complotti. Tra il 2023 e il 2024 il numero di attacchi contro obiettivi in Europa, dalle infrastrutture ai trasporti, è quasi triplicato, ed è arrivato a 34 episodi riconducibili direttamente all’intelligence russa o a gruppi affiliati a Mosca

Tra gli aspetti meno considerati nel dibattito politico italiano sulla credibilità di Vladimir Putin quando invoca la pace, c’è la sua cosiddetta guerra ombra, che dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina ha preso forza in tutta Europa. E invece è un aspetto importante, perché stabilisce ancora una volta un principio: le azioni del presidente della Federazione russa smentiscono le accuse dei suoi sostenitori contro un’Europa belligerante che non vuole la pace. Dati e numeri alla mano, la realtà appare capovolta: tra il 2023 e il 2024 il numero di attacchi contro obiettivi in Europa, dalle infrastrutture ai trasporti, è quasi triplicato, ed è arrivato a 34 episodi riconducibili direttamente all’intelligence russa o a gruppi affiliati a Mosca. Significa che l’anno scorso il Cremlino ha intensificato la sua guerra ibrida direttamente contro l’Europa, in parte come risposta al sostegno europeo (e americano) all’Ucraina. Ma “la Russia potrebbe aver aumentato il ritmo dei suoi attacchi perché il costo delle sue azioni è poco, se non nullo”.

A scriverlo è l’analista politico Seth G. Jones, un dei più importanti esperti di strategia di difesa, ex funzionario del dipartimento di stato americano e oggi presidente del dipartimento Difesa e sicurezza del Centro per gli studi strategici e internazionali (Csis), think tank di base a Washington fondato nel 1962 dall’ammiraglio Arleigh Burke e dal consigliere di Ronald Reagan David Manker Abshire. In un rapporto pubblicato l’altro ieri, l’analista scrive che “la leadership russa sa che può farla franca conducendo certi attacchi, nonostante l’escalation, senza pagare un prezzo elevato” per le sue azioni contro l’Europa. Se la Russia “è impegnata in un’aggressiva campagna di sovversione e sabotaggio contro obiettivi europei e americani”, in una serie di attività “che completano la brutale guerra convenzionale della Russia in Ucraina”, è riuscita anche nel suo obiettivo principale, e cioè quello di nascondere sempre di più all’opinione pubblica questa guerra “ombra”, definita ibrida perché si serve di armi non convenzionali (come la propaganda e la disinformazione per manipolare le masse) per obiettivi non convenzionali. Jones scrive che i bersagli più frequenti in questa accelerazione contro l’Europa sono stati “nel settore dei trasporti (27 per cento), come treni e aerei (anche attraverso il disturbo del segnale Gps), e contro obiettivi governativi (27 per cento), come funzionari governativi, basi militari e valichi di frontiera. La Russia ha condotto attacchi anche contro infrastrutture critiche (21 per cento), come oleodotti e cavi in fibra ottica sottomarini, e contro l’industria (21 per cento), come le aziende di Difesa”. Gli eventi di danneggiamento di cavi sottomarini di recente sono aumentati, come dimostra l’indagine della Finlandia sulla Newnew Polar Bear, una nave registrata in Cina ma con equipaggio russo, e i casi della petroliera Eagle S, che avrebbe trascinato la propria ancora danneggiando un cavo nel Golfo di Finlandia, e quello della Vezhen, nave maltese che ha reciso un cavo in fibra ottica sottomarino che collegava la Lettonia alla Svezia. Infine l’incidente con la nave cinese Yi Peng 3, con capitano russo, che ha tagliato un altro cavo sottomarino durante il suo passaggio nel Mar Baltico. Soltanto questi episodi sono stati ricondotti direttamente alla cosiddetta “flotta ombra” russa, ma ci sono stati altri casi controversi ancora sotto indagine delle autorità.



Le infrastrutture sottomarine sono cruciali per l’Europa – ed è anche molto economico danneggiarle – ma Mosca non si è limitata a quelle. Ci sono stati diversi tentativi di assassinio di individui su suolo europeo (alcuni invece portati a termine, e il Csis menziona l’omicidio in Spagna di Maksim Kuzminov, pilota di elicotteri russo che ha disertato nell’agosto 2023) e soprattutto diversi attacchi con bombe e dispositivi incendiari (il 35 per cento del totale), che hanno fatto poche vittime: un segnale, spiega il rapporto, che forse Mosca vuole creare danni ma lasciarsi la libertà di alzare l’asticella della pressione contro l’Europa. Una delle armi più innovative usate negli attacchi russi è quella “di massaggiatori elettrici impiantati con una sostanza infiammabile a base di magnesio che sono esplosi negli hub logistici Dhl di Lipsia, in Germania, Birmingham, in Inghilterra, e Jablonow, in Polonia”. Questo genere di attacchi, secondo il Csis, “potrebbero essere stati un test per capire come far salire questi dispositivi incendiari a bordo degli aerei”. Non solo: la guerra cyber della Russia contro l’Europa ha avuto effetti imponenti, per esempio, sul sistema dei trasporti in Estonia, Finlandia, Polonia, Lituania e Norvegia: non si tratta soltanto di non riuscire a raggiungere una destinazione in automobile, perché quando il segnale Gps viene deliberatamente disturbato (si dice in gergo tecnico: fare jamming) anche i piloti di aerei commerciali, per esempio, potrebbero avere difficoltà a seguire una rotta.



Finora i paesi europei cosa ha fatto per far sapere all’opinione pubblica che la Russia sta già attaccando sistematicamente il proprio territorio? Ben poco, dice il Csis, a parte alcune eccezioni che vengono per lo più dai paesi più colpiti, e cioè i paesi del fianco orientale. Già un anno fa Kaja Kallas, allora primo ministro dell’Estonia, parlava di “una guerra ombra in corso contro le nostre società. L’obiettivo delle operazioni della Russia è quello di influenzare il nostro processo decisionale democratico”. Poco meno di tre mesi fa a lanciare l’allarme era stato Richard Moore, capo dell’MI6, cioè l’agenzia d’intelligence esterna britannica, che ha parlato di “una campagna di sabotaggio russo in Europa incredibilmente sconsiderata”, e così il suo collega a capo dell’MI5, l’agenzia interna britannica, Ken McCallum, che più o meno nelle stesse settimane diceva: “Il Gru, in particolare, è in missione continua per creare scompiglio nelle strade britanniche ed europee: abbiamo assistito a incendi dolosi, sabotaggi e altro ancora. Azioni pericolose condotte con crescente spregiudicatezza”. Le parole di denuncia non bastano. Secondo il Csis, serve più coordinamento, più difesa tra gli alleati, pattugliamenti congiunti e più condivisione d’intelligence. “La difesa è necessaria, ma non è sufficiente. Queste azioni non sono particolarmente costose per la Russia”, scrive Seth G. Jones, ma finora l’Europa non ha fatto passi avanti anche per non provocare un’escalation di Mosca che probabilmente ci sarà comunque. Il primo passo per difendere l’Europa è sapere che la guerra – per ora soltanto ibrida – della Russia è già sul nostro territorio.

Di più su questi argomenti:

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: “Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l’Asia”, “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.

Leave a comment

Your email address will not be published.