Il “compagno” John Elkann. Duetta con Schlein, Calenda non lo punge, la sua audizione su Stellantis è un coupé

Audito alla Camera, supera la prova e fa pure l’orgoglioso. Salvini lo attacca: “Parole vergognose”, ma i leghisti gli chiedono la foto. FdI lo protegge e Calenda non riesce a pungerlo. Effetto Ventotene

Roma. Il futuro dell’auto si è fermato a Ventotene. Chiedono a John Elkann, che convocano, di parlare di modernità ma sospendono i lavori parlamentari per rileggere il manifesto di Rossi e Spinelli. Finisce l’audizione evento, del presidente di Stellantis, e Salvini dice: “Elkann, parole vergognose, si scusi”, ma il leghista Bergesio, in Sala del Mappamondo, vuole la foto con Elkann il vergognoso. A Meloni, in Aula, scappa lo sterzo della storia, mentre Schlein svolta, sale le scale, quarto piano, per duettare con Elkann. E’ nata una coppia, Elly & John, e forse una vettura. Il fratello Lapo l’avrebbe già chiamata così: Ventotene coupé.



E’ la prima apparizione alla Camera, dell’erede, di John, l’ingegnere, che si trascina un’officina di comunicazione, abito blu istituzionale, ma sotto, in Aula, Meloni fa la revisione al manifesto simbolo della sinistra. Urla, dirette da emergenza. E’ come stare al semaforo. Si spengono i fari della ragione e anche quelli su Elkann che ha preparato ben 12 cartelle, modello report Draghi, con le frasi da lancio di agenzia: “Senza di noi l’auto sarebbe scomparsa”; “per noi l’Italia ricopre un ruolo centrale”, “di questa nostra storia, la storia della Fiat, io sono molto orgoglioso”. Giuseppe Conte, che venerdì è atteso a Mirafiori, non c’è. Sui tavoli del Mappamondo compaiono i cataloghi “125 volte Fiat”, che vanno a ruba. Il presidente di Commissione che lo ha convocato, il leghista Gusmeroli, l’inventore della pace fiscale, tutto solo, entra in sala e aggiusta la targa con il suo nome. I funzionari della Camera fanno accedere Elkann dalla parte posteriore, lui, l’ingegnere, arriva a bordo di una Maserati verde, saluta i presidenti di Senato e Camera, La Russa e Fontana. Schlein manda i suoi, Gaspare Righi e Flavio Alivernini, a mettere il triangolo, a segnalare che la segretaria sta per parcheggiare, sedersi e fare la domanda. Sotto il busto del De Sanctis, alla spicciolata, entrano Bignami, Caramanna, De Carlo, di FdI; Arturo Scotto, chiamato dagli amici Scottovich, il liberal-democratico Marattin, e poi Bonelli, Fratoianni; una gigafactory. Visto da vicino, e ce lo lasciano vedere, per 63 secondi, “girotavolo”, Elkann somiglia al duca d’Urbino di Piero della Francesca, quando parla ricorda invece Benedetto XVI, Ratzinger, un Papa. Insomma, il processo a Elkann, “dacci i soldi, indietro” (il grido di battaglia della vecchia destra) diventa il “come è bello averla qui”. FdI che ci ha fatto pace, se potesse, gli chiederebbe uno sconto sulla Panda. Gusmeroli lo introduce “con speriamo che diventi una ricorrenza”, ed Elkann fa sapere che non vedeva l’ora di presentarsi, ma prima bisognava chiudere il tavolo, chiuso, con il ministro Urso. Informa che si è “preparato”, e che nel 2004 dicevano che la Fiat era “spacciata”, “fallita” ma la sua famiglia l’ha difesa, portata nella top ten, tanto che oggi siamo tra “i primi costruttori al mondo”, mentre vent’anni fa lottavamo per la sopravvivenza. Il colpo di genio quando sottolinea “che senza di noi l’auto sarebbe scomparsa”, come è accaduto con “l’Olivetti per l’informatica, la chimica con Montedison” e che “l’auto italiana ha unito il paese come l’Autostrada del sole”. Righi, il Kirkegaard di Schlein, è impaziente e non vede l’ora che la segretaria intervenga, ma Elkann ha preso sicurezza, sgomma: “Spero che da oggi il bilancio dare e avere non sia un tema divisivo”. Calenda è alla prima pausa sigaretta, dopo 20 minuti. Elkann dice allora che il costo dell’energia, in Italia, è un salasso, che mancano le colonnine elettriche, mentre in Olanda… La prima che parla, dei deputati è Chiara Appendino (nella replica Elkann si vendica dicendo che è stato il governo Conte a chiedere di investire nell’elettrico, mica sua sorella, la regista) e fa notare che Stellantis ha distribuito dei bei bruscolini, dividendi, ma che a Maserati sono in cassa integrazione. In questi casi, l’AI, e pure il direttore Orfeo di Repubblica, il quotidiano di John Elkann, che ha allegato il Manifesto di Ventotene (Complotto?) direbbe: “Si, ma il pezzo?”. Ecco, il pezzo è che tra Schlein ed Elkann è tutto un baci, baci, un “ci spieghi”, “ci dica”. La segretaria intercala “prendiamo atto”, “salutiamo positivamente”, “ci auguriamo” e poi: “Quanto pesa l’energia, quanto incideranno i dazi di Trump?”. Bravissima, come i cavoli a merenda, anche di fronte a Elkann, spiega che il decreto di Meloni sull’ energia è propaganda, e gli chiede: “Cosa ne pensa del disaccoppiamento del costo dell’energia?” (che è la sua proposta). Calenda infuriato, fuori dalla corsia, dà, a Elkann, del fanfarone, sui numeri delle auto, che paragona agli aerei di Mussolini. Bagnai, Lega, che è stato querelato, da Elkann, perché gli ha dato del “tossico”, fa asse con Calenda. Elkann, che riprende la parola, domanda l’aiuto del pubblico, dei suoi manager, che parlano al posto suo. Calenda sbotta: “Ma che succede?”. Gusmeroli: “Si può fare!”. Il “compagno” Elkann annuisce, conferma, che, come dice Schlein, se a Palermo il problema è il traffico, al governo il problema è la bolletta, che per una gigafactory serve la stessa energia di un paese intero, che l’obiettivo (pizzica Calenda: “Che ha lavorato per noi, e che le cose le sa”) è vendere il 20 per cento di auto elettriche, e che i dazi lo preoccupano (“la vostra attenzione sull’impatto è giusta”). Un segreto. A Elkann sudano le mani, se le asciuga, alla fine, prima di salutare, e capire che l’audizione che tanto lo impensieriva era solo una gita fuori porta, un successo, in Maserati. Questo fine settimana, tutti con Elly, a Ventotene.

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio

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