L’ex premier presenta il nuovo libro tra manager, dentisti e composti riformisti dem. In sala non tutti riescono a visualizzare la nuova geografia del centrosinistra largo e combattivo, ma non importa. Chi c’era ad ascoltare il leader di Iv
Sono quasi le 21 di martedì 18 marzo, interno notte. All’Auditorium Parco della Musica, tempio culturale e politico dei tempi d’oro dem (di quando cioè era sindaco il futuro padre del Pd Walter Veltroni), si presenta, tra un evento di Luca Barbarossa e uno di Cassa Depositi e Prestiti, il libro “L’Influencer” (ed. Piemme), ultimo volume scritto dall’ex premier Matteo Renzi, ex segretario del Pd poi leader di Italia Viva nonché ex demiurgo, con Carlo Calenda, del Terzo polo che mai fu e nuovo pioniere, senza Carlo Calenda, del futuribile centrosinistra-at-large che si spera, dirà Renzi, possa scalzare Giorgia Meloni dalla poltrona di Palazzo Chigi, con sinergia tra Iv e i dem di Elly Schlein e possibilmente con l’intera opposizione. “Vaste programme”, dirà a Renzi il moderatore e volto de La7 David Parenzo, e in effetti hai voglia: per ora all’Auditorium si vede, oltre all’entusiasmo automotivazionale renziano, la sommessa buona volontà dei riformisti pd, rimasti un po’ così dopo il voto di Strasburgo, quello che ha fotografato la spaccatura del partito sulla politica estera e non solo.
E dunque c’è e non si nasconde la deputata dem Marianna Madia e c’è il senatore dem Alberto Losacco. Arrivano quando ancora fuori c’è gente con zaino e borsello che pensa di andare da Barbarossa e quando gli dicono “no, qui c’è Renzi”, quasi strabuzza gli occhi: “Perché, che fa, ora, Renzi?”. Entrano, i dem, e si siedono vicino ad Agnese Renzi e chiacchierano con altri avventori. Anche quando, sulle note di “Cuoricini” dei Coma_cose, Renzi infine arriva, salutato da colleghi ed ex colleghi, amici e conoscenti nelle prime file. Tra gli altri, l’ex ministra e deputata Maria Elena Boschi, la coordinatrice di Iv Raffaella Paita, l’ex ministro e sindacalista Teresa Bellanova, i pilastri di Iv Lucia Annibali, Davide Faraone, Ivan Scalfarotto, e, tra i dem, la presidente del Primo municipio Lorenza Bonaccorsi e l’ex vicesindaca di Veltroni Maria Pia Garavaglia. Si scorgono, verso il palco, l’ex parlamentare e membro laico del Csm in quota Iv Ernesto Carbone e il medico e amica politica trasversale Melania Rizzoli. Nell’atrio, intanto, fa gli onori di casa il gotha del renzismo romano: gli organizzatori della tappa nella capitale Luciano Nobili (consigliere regionale di Iv) e Marco Cappa, avvocato e coordinatore locale del partito, Valerio Casini, consigliere comunale, e Luca di Egidio, coodinatore locale delle politiche giovanili. Ma è solo dopo che “Cuoricini” si leva nell’aria affollata (400 persone in sala, 100 collegate da un’altra sala) che si vedono giungere manager e professionisti: il presidente di Fondazione Cinema per Roma e Siae Salvo Nastasi, l’ex ad e dg di Cinecittà studios Nicola Maccanico, l’imprenditore Piergiorgio Romiti (figlio di Cesare), Sandra Carraro, Simonetta Giordani (segretario generale dell’Associazione Civita), Gennaro Schettino (presidente Agic), il dentista Massimo Pirelli (anche detto, tra i renziani, “il dentista della Lazio”), il dentista e attore Giulio Berruti, anche concorrente di “Pechino Express” e compagno di Boschi, l’avvocato Massimo Santoro, già capo di Gabinetto dell’ex ministro Elena Bonetti, e Giuseppe De Lucia, consigliere Ferpi.
E insomma, si entra lasciandosi alle spalle gli zaini pro-Barbarossa e i vassoi per il cocktail Cdp, e si entra in un mondo renziano che non è più solo quello della Leopolda e non è ancora quello della lotta dura contro “l’influencer” Giorgia Meloni di cui parla il libro, “dicendo le cose che nessuno all’opposizione vuole dire”, dice Renzi, che già in Senato nello stesso giorno con Meloni si è scontrato. Repetita iuvant: tanto più che nel libro si parla, dice l’ex premier, anche di come il governo si rapporta ai servizi segreti e al mondo dell’informazione. Ed è come se i “cuoricini” della sigla svanissero davanti alla gigantografia della premier. In sala non tutti però riescono a visualizzare la nuova geografia del centrosinistra largo e combattivo. Ma non importa. Renzi cita Pierpaolo Pasolini, passa a Paragon, picchia su Antonio Tajani e Andrea Delmastro, rimpiange Mario Draghi, si scalda sul suo passato “no”, quando era premier, a ogni accordo con i libici, scherza su Ignazio La Russa re del burraco, allude a “quel genio di Enrico Letta”, insiste sulla necessità di imbarcare tutti sull’arca di Noé antimeloniana. “Ma io non abiuro”. “Si riferisce al Jobs act”, spiega un signore in sala con zaino simile a quello dei fan di Barbarossa). Ma per lei chi è, oggi, Renzi? “L’ha detto lui, no? Il perno del centro che guarda a sinistra”,dice. Cuoricini riparte, le luci si accendono, l’ex premier esce dall’Auditorium della sinistra che non l’aveva tanto amato (ma chissà).