I giovani europei, in particolare la Generazione Z, si stanno allontanando dall’amore romantico tradizionale e preferiscono relazioni vaghe e situazioni indefinite. La paura del rifiuto e l’insicurezza affettiva, alimentate da incertezze economiche e sociali, spingono molti a evitare impegni stabili. Sebbene alcuni vedano questa libertà come una protezione, altri si sentono emotivamente isolati, sollevando interrogativi sul futuro delle relazioni romantiche
Social media, paura del rifiuto, insicurezze: l’amore romantico perde appeal tra le nuove generazioni. I giovani europei si innamorano di meno, fuggono dalle relazioni stabili e si rifugiano in connessioni vaghe e situazioni indefinite. E’ la fine del romanticismo o solo un nuovo modo di vivere le emozioni? Fra tecnologia, paure e cambiamenti culturali, qualcosa sta cambiando profondamente.
Lisa A. Phillips è una giornalista e insegna alla State University of New York un corso intitolato Amore e crepacuore. Negli ultimi tempi si è ritrovata in una posizione inaspettata: convincere i suoi studenti che l’amore romantico vale ancora la pena di essere vissuto. Ma i giovani non sembrano più crederci. Alcuni dicono che l’amore sia solo un concetto inventato dai media, altri storcono il naso davanti ai cliché delle commedie romantiche. Il suo tentativo di spiegare che l’amore è una forza universale che attraversa epoche e culture, un’esperienza che può travolgere e far crescere, trova spesso un pubblico scettico. Un decennio fa, forse, i suoi studenti avrebbero già fatto esperienza diretta di un amore adolescenziale intenso e totalizzante. Oggi è meno probabile.
I dati lo confermano: il numero di giovani che vivono una relazione sentimentale è in calo. Un sondaggio condotto negli Stati Uniti dal Survey Center on American Life mostra che solo il 56 per cento della Gen Z ha avuto una relazione durante l’adolescenza, contro il 76 per cento della Generazione X. E anche in Europa, il trend è simile. Sempre più giovani evitano le relazioni serie, posticipano l’amore o lo considerano irrilevante. Ma cosa sta succedendo?
Il cambiamento non riguarda solo gli adolescenti. Anche i ventenni e trentenni europei sembrano meno inclini a formare coppie stabili. Le “situationships” – relazioni indefinite, prive di etichette e impegni – sono ormai la norma. Secondo un sondaggio YouGov del 2024, il 50 per cento dei giovani tra i 18 e i 34 anni ha dichiarato di aver vissuto una situationship piuttosto che una relazione ufficiale. Il linguaggio dell’amore sta cambiando, e forse anche la sua sostanza. Se un tempo si parlava di fidanzamento, ora si sente dire “stiamo uscendo”, “ci frequentiamo”, “è complicato”. Per molti giovani, dare un nome a una relazione è un peso. Come ha detto Lisa A. Phillips, “oggi i primi amori si sviluppano in una zona grigia. Ci si sente attratti da qualcuno, si prova qualcosa, ma senza mai definire il rapporto”.
Per alcuni, questa libertà è una conquista. Nessuna aspettativa rigida, nessun bisogno di legarsi per forza. Ma per altri è fonte di frustrazione: l’incertezza rende tutto più fragile, sfuggente, difficile da decifrare. Come fai a sapere se una persona ci tiene davvero a te, se nessuno vuole mai definirsi? Dietro questa tendenza c’è qualcosa di più profondo. La Gen Z è una generazione iperconnessa, ma anche iperprotetta. E’ cresciuta in un’epoca di crisi economiche, pandemia, incertezze sul futuro. Ha visto le relazioni dei propri genitori fallire, ha interiorizzato i messaggi sulla tossicità dei rapporti, ha sviluppato un senso di insicurezza affettiva che la porta a proteggersi dall’amore prima ancora di viverlo.
Secondo un sondaggio della piattaforma di incontri Hinge del 2023, il 90 per cento dei giovani della Gen Z dichiara di volere una relazione, ma il 56 per cento afferma di essere trattenuto dalla paura del rifiuto. Il 57 per cento dice di non aver confessato i propri sentimenti a qualcuno per timore di sembrare troppo coinvolto. Il timore di esporsi emotivamente, di essere feriti, di risultare vulnerabili si traduce in un atteggiamento iperrazionale nei confronti delle relazioni. L’amore viene analizzato, misurato, ponderato, e spesso scartato prima ancora di essere vissuto.
Questa tendenza si inserisce in un cambiamento più ampio del modo in cui i giovani gestiscono le loro emozioni e relazioni. La transizione all’età adulta è più lenta che in passato: il matrimonio è rimandato, l’indipendenza economica arriva più tardi, la stabilità è un lusso. Senza una scadenza chiara, senza una pressione sociale che impone di “mettersi con qualcuno”, molti giovani scelgono di non scegliere. Le relazioni diventano fluide, temporanee, marginali. Si preferisce rimanere nella fase iniziale del flirt, dell’attrazione senza vincoli, senza mai varcare la soglia di una relazione definita.
Per alcuni, questa è una protezione. Per altri, è una condanna alla solitudine emotiva. Un sondaggio del General Social Survey ha rilevato che, dal 2004 al 2021, la percentuale di giovani adulti single è passata dal 33 per cento al 54 per cento. Una crescita notevole, che suggerisce che il fenomeno non riguarda solo il modo in cui le persone vivono l’amore, ma la loro stessa capacità di costruire legami stabili. Non è detto che sia un male: alcune ricerche mostrano che i giovani che non vivono relazioni romantiche possono sviluppare maggiori capacità di leadership e minori sintomi di depressione. Ma l’amore, anche con tutte le sue complessità, resta un’esperienza che ha plasmato per secoli il percorso verso l’età adulta.
Phillips racconta che, nel suo corso, ha letto agli studenti un passaggio del Simposio di Platone, quello in cui Zeus divide gli esseri umani a metà e li condanna a vagare in cerca della loro dolce metà. Gli studenti hanno respinto l’idea con fastidio: non vogliono sentirsi incompleti, non vogliono pensare di dover dipendere da qualcun altro. Vogliono essere autosufficienti. E’ un’idea nobile, ma anche un po’ triste. Perché, come dice Phillips, “l’amore è uno scambio, implica il lasciarsi trasformare da qualcun altro, l’accettare qualche sacrificio, qualche compromesso”. I giovani di oggi sono pronti a tutto questo? O stanno scegliendo, consapevolmente o meno, di rinunciare a qualcosa che per secoli è stato considerato essenziale?