“Il mio popolo soffre molto nel sentire ripetere in occidente la propaganda di Mosca. A volte, questo fa più male delle bombe russe”. Parla l’arcivescovo di Kyiv, Sviatoslav Shevchuk
Roma. La guerra e la pace, il piano di riarmo europeo e le condizioni poste da Vladimir Putin per impostare un negoziato, ammesso che una trattativa possa partire dai progetti del Cremlino per il futuro dell’Ucraina o quantomeno dei territori occupati contro ogni norma e cavillo del diritto internazionale. Il Foglio ne parla con Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kyiv e padre e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina. Un’Ucraina che vede, giorno dopo giorno, affievolirsi quel sostegno occidentale che tre anni fa pareva granitico, con i profili social colorati di giallo e azzurro, con i pensieri rivolti a chi abitava i villaggi presi dalle truppe russe.
Beatitudine, Lei anche di recente in un incontro tenuto in Canada con lo storico Timothy Snyder ha insistito sul fatto che gli ucraini vogliono una “pace giusta”. Si ha il timore che in occidente circolino idee ben diverse da quelle del popolo ucraino su cosa sia una “pace giusta”. Spesso sentiamo queste parole usate come slogan. Ci può dire cosa si intende per “pace giusta”?
“Come Chiesa, abbiamo emanato una Lettera sinodale che offre una riflessione sulla guerra in Ucraina e sul significato della pace giusta. Vorrei sottolineare che la nostra Chiesa da sempre è una Chiesa del popolo e, per questo può essere considerata la voce della società civile in Ucraina. Questa lettera pastorale è la voce del popolo ucraino, dei suoi desideri, e tra questi desideri c’è quello della pace giusta. Innanzitutto, bisogna dire che non si può parlare di pace giusta senza il ripristino della verità. In questa guerra c’è tanta menzogna, troppa propaganda infiltrata in diversi ambiti della vita e nei rapporti internazionali. Da anni, la propaganda russa cerca di screditare la nostra nazione, diffondendo una propria versione della storia e divulgando false narrative sulla situazione attuale per giustificare l’aggressione contro il nostro popolo. Come Chiesa, ci sentiamo in dovere di essere la voce della verità. Dall’altra parte, la Chiesa ortodossa russa si è offerta al regime come strumento di propaganda. Senza una chiara distinzione tra la verità e la più grande menzogna dei nostri tempi, ovvero l’ideologia del ‘mondo russo’ la fine della guerra in Ucraina non potrà mai definirsi una pace giusta e duratura. Ma non basta solo conoscere la verità; bisogna anche condannare, a livello internazionale, tutto ciò che ha causato la guerra genocida della Russia contro il nostro popolo. Ricordiamo che il male impunito, prima o poi, si sveglierà con ancora più forza e con conseguenze ancora più drammatiche. Come Chiesa, siamo chiamati a vigilare su questi aspetti fondamentali, sui quali devono basarsi gli altri passi, di carattere politico e diplomatico, per arrivare non a un’illusione di pace, ma a una pace giusta e duratura. Sfortunatamente, attualmente assistiamo a uno scenario del tutto diverso; per essere giusto, l’accordo di pace, deve rispettare il diritto internazionale e deve avere le garanzie di sicurezza”.
Tre anni di guerra e centinaia di migliaia di morti. Distruzioni ovunque. Ha la sensazione che in occidente piano piano le fake news diffuse dal Cremlino abbiano trovato terreno fertile conquistando sempre più spazio nell’opinione pubblica che, quindi, non vuole più aiutare Kyiv?
“Bisogna dire che la Russia ha preparato un terreno fertile per l’aggressione su vasta scala per decenni, ancora prima che questa aggressione fosse effettivamente mossa. Anche le radici del comunismo hanno preparato un ‘buon’ terreno nell’opinione pubblica di alcuni paesi occidentali, così anche la corruzione di diversi tipi e in diversi ambiti della vita pubblica. All’inizio dell’aggressione su vasta scala, i sentimenti filorussi si sono leggermente attenuati. Tuttavia, in tre anni di guerra, la propaganda russa si è attivata per presentare l’Ucraina come un paese belligerante, facendo sì che aggressore e aggredito siano messi sullo stesso piano. Devo dire che il popolo ucraino soffre molto nel sentire ripetere in occidente la propaganda russa. A volte, questo fa più male delle bombe russe. Il nostro popolo, al prezzo del proprio sangue, difende quelli che sono definiti ‘valori europei’. Quando la nostra resistenza viene interpretata attraverso le categorie proposte dalla propaganda russa, siamo preoccupati non solo per noi stessi, ma anche per il futuro dell’umanità. Purtroppo, in un mondo in cui il concetto di diritto e di giustizia viene sostituito dagli interessi individuali o di gruppi criminali, o in cui l’integrità della sovranità statale diventa vittima degli interessi geopolitici, a perdere non è solo l’Ucraina, ma l’intero occidente”.
E’ rimasto sorpreso e/o deluso dalla “accoglienza” riservata dal presidente Trump e dal vicepresidente Vance a Volodymyr Zelensky il 28 febbraio scorso? Teme un allontanamento degli Stati Uniti?
“Come cristiani, cerchiamo sempre, soprattutto nei momenti che sembrano più disperati, la risposta nella Parola del Signore. ‘Non confidate nei potenti, in un uomo che non può salvare’, dice il Salmo. Dopo tre anni di guerra su vasta scala in Ucraina, abbiamo capito che la nostra speranza è il Signore: è Lui che ci vuole vivi, è Lui il nostro unico partner affidabile. Questo non significa che viene meno la nostra gratitudine e riconoscenza a tutti coloro che ci hanno sostenuto e continuano ad aiutarci. Siamo davvero grati ai nostri partner, alla solidarietà internazionale e a tutte le persone di buona volontà. Ovviamente l’appoggio degli Stati Uniti è importante per noi, ma è altrettanto importante che esso si basi su valori democratici. L’Ucraina possiede molto più delle terre rare; la sua vera ricchezza è il popolo, che crede nella democrazia. Tuttavia, gli ucraini non mettono in discussione l’importanza di valutare razionalmente la situazione attuale e le mosse politiche”.
Cosa le verrebbe da dire all’europeo che sostiene la necessità di porre fine subito al conflitto, magari esortando le autorità ucraine a trattare con Putin anche a costo di consegnargli intere regioni?
“Bisogna essere realisti. Non ci sono soluzioni facili per questioni complesse. Dobbiamo renderci conto senza illuderci che abbiamo a che fare con un male potente, che nel corso della storia, in particolare nel Ventesimo secolo, ha causato numerose vittime in Ucraina. Nessuno più degli ucraini desidera che la guerra finisca il prima possibile e che arrivi la pace tanto attesa. Tuttavia, alcuni progetti sul porre subito fine alla guerra equivalgono alla fine dell’Ucraina. Va compreso anche che l’aggressione russa contro l’Ucraina non è solo una lotta territoriale: è un attacco al diritto internazionale. Perciò, non basta risolvere il problema cedendo a Putin alcune regioni. Non si tratta solo del territorio, ma soprattutto delle persone che vivono lì. Lo scorso gennaio, gli intellettuali e i leader della società ucraina hanno fatto una dichiarazione sull’impossibilità di ‘pacificare il male’. Essi affermano che la Russia non ha iniziato questa guerra per conquistare il territorio, dal momento che ne possiede già tanto. Per la Russia è importante distorcere l’attuale ordine mondiale, ripristinare il suo status di potenza globale, nonché la possibilità di interferire negli affari interni dei paesi europei e di altri continenti (ingerenza negli affari politici, nelle elezioni, controllo dell’economia, corruzione di politici, media, etc.). Il male non può essere pacificato né soddisfatto; il male va fermato. Ed è esattamente ciò che stiamo facendo, pagando con il nostro sangue”.
Lei è ucraino ma conosce bene anche il resto del mondo. Ha capito perché qui in occidente si subisce il fascino di un uomo come Putin? Come fa chi vive in democrazia e libertà a essere attratto dal despota del Cremlino?
“Perché in occidente si è dimenticato cosa significa vivere sotto un regime totalitario. Inoltre, siamo entrati in una fase di pseudodemocrazia, con valori pseudodemocratici e, se vogliamo anche pseudocristiani, di cui una parte della società si sente ormai stanca. Quindi, quando un capo di stato, insieme al suo patriarca, ha iniziato a difendere i valori tradizionali, qualcuno gli ha creduto. Inoltre, la democrazia in sé, a volte, appare fragile e burocratizzata, mentre dall’altra parte al potere c’è sempre un unico dittatore che decide tutto da solo e con più facilità. Purtroppo, a qualcuno in occidente piace questo stile. Dobbiamo rieducarci alla democrazia”.
Dopo tre anni di guerra combattuta (ma sappiamo che il conflitto dura da dieci anni), qual è il rapporto tra le Chiese in Ucraina?
“Il rapporto tra le Chiese in Ucraina è molto buono, di grande collaborazione. Da più di venticinque anni esiste il Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose, che rappresenta il 95 per cento delle confessioni religiose sul territorio ucraino. Questa organizzazione, presieduta a turno da un membro di una delle varie sigle religiose, si è costituita anche in quella che in occidente viene definita ‘onlus’. Promuove progetti di aiuto ed è presente al fianco della popolazione sin dall’inizio della guerra, ormai undici anni fa. La collaborazione tra le Chiese e le religioni è cruciale per poter stare al fianco della popolazione che soffre, e noi viviamo concretamente questa collaborazione giorno dopo giorno”.
Anche nella Chiesa cattolica, pur mostrando attenzione alla vostra causa, c’è chi – spesso semplici sacerdoti ma con grande seguito sui social network – sostiene che è arduo dar credito al “nazionalismo ucraino”. Cosa risponde?
“Quello che in occidente viene definito ‘nazionalismo’, con connotazione dispregiativa, spesso viene scambiato con quello che per noi rappresenta un sano ‘patriottismo’. Per secoli, abbiamo avuto una patria occupata e siamo rimasti legati a essa anche quando eravamo lontani. La Chiesa greco-cattolica ucraina ha vissuto in diaspora per tutti gli anni del comunismo, dopo lo pseudosinodo di Lviv, eppure l’identità ucraina e la lingua ucraina è rimasta preservata in ogni paese. Questo ci rende la più grande Chiesa orientale sui iuris, ma soprattutto una Chiesa globale. Se per nazionalismo – aggiunge – si intende l’esasperazione del concetto di nazione fino al conflitto con le altre nazioni, allora non si sta parlando del popolo ucraino. Siamo un popolo pacifico che non ha mai iniziato una guerra. Noi siamo patriottici, difendiamo la nostra patria e vogliamo che la nostra cultura e identità nazionale siano preservate, perché si tratta della nostra esistenza. Rivolgendosi ai giovani ucraini nell’ambito di un’iniziativa speciale di febbraio scorso, Papa Francesco ha affermato che “oggi la missione dei giovani ucraini consiste nell’essere patrioti. Non potete fuggire dai problemi che state vivendo oggi. Dovete essere patrioti, amare la vostra Patria, proteggerla” – ha sottolineato il Santo Padre. Credo che proprio i giovani ucraini testimoniano al mondo intero, compresa la Chiesa cattolica, un autentico patriottismo cristiano che non ha nulla in comune con il cliché del “‘nazionalismo ucraino’”.