Un enorme interrogativo blu sulla “piazza per l’Europa”

Il grosso punto di domanda evocato da Michele Serra si stende sulle certezze mancanti di Piazza del Popolo e prima di tutto sul Pd che arriva alla manifestazione diviso ma unito sotto il cappello ecumenico dell’evento. Bello, ma adesso che si fa?

Il grosso punto interrogativo blu si innalza e fluttua nella pioviggine davanti al palco di Piazza del Popolo, evocato dal giornalista e scrittore Michele Serra, promotore, con più di trecento sindaci italiani, della manifestazione “Tante città, una piazza per l’Europa”: questa piazza non dà risposte, questa piazza ha solo domande, dice Serra, domande blu come l’Europa e come le bandiere distribuite e richieste come unico vessillo (eccezione: le bandiere ucraine e georgiane accolte e radunate dal leader di Azione Carlo Calenda con quello di Più Europa Riccardo Magi, e qualche bandiera pro-Pal a lato piazza).

E quindi eccolo, il punto interrogativo di colore blu come l’Europa e la giacca della segretaria pd Elly Schlein, in perfetto armocromismo da manifesto di Ventotene. Punto interrogativo che si stende non soltanto sulle certezze mancanti di cui parla Serra, ma su tutto (e tutte e tutti, direbbe Schlein). E prima di tutto sul Pd che arriva alla piazza unito ma diviso, dopo il voto che tre giorni fa, a Strasburgo, ha rimandato a Roma l’immagine di un partito democratico che sulla difesa europea non viaggia con lo stesso passo, al punto da arrivare sull’orlo della messa in stato d’accusa (via futuro congresso) della segretaria che in Europa propendeva per l’astensione, a differenza di dieci eurodeputati e degli altri partiti di area socialista e riformista Ue. E insomma, mentre la piazza si gonfia di avventori e si agita come il serpentone arcobaleno delle Acli steso per terra davanti al maxischermo, la bandiera della pace, accanto a quella europea, compare in vari formati in mano a militanti dem privi di simbolo ma con l’orgoglio del passato (“io avrei portato anche la nostra, di bandiera”, dice un iscritto pd di Modena), e compare anche la speranza, sul palco, tra i relatori che hanno risposto all’appello di Serra su Repubblica – di nuovo quotidiano di piazza e di battaglia – che questa sia solo la prima di una serie di piazze.

Se saranno post-it blu, come un tempo furono gialli, ancora non si sa, ma la maggioranza e l’opposizione interna del Pd, e anche le vie di mezzo tra l’una e l’altra, sfilano per un giorno rincuorate dal cappello ecumenico fornito dell’evento: sfila l’ex governatore del Lazio Nicola Zingaretti, anche capodelegazione all’Europarlamento (l’uomo che deve aver sudato più di una camicia nel giorno del voto diviso) e sfilano, tra gli altri, esponenti pd dell’una e dell’altra sponda dem: Matteo Orfini, Piero Fassino, Debora Serracchiani, Simona Bonafè, Pina Picierno, Valeria Fedeli, Beppe Provenzano, Walter Verini, Antonio Decaro, Laura Boldrini, Roberto Morassut, Gianni Cuperlo, e poi il sindaco di Roma e organizzatore Roberto Gualtieri e quello di Napoli e presidente Anci Gaetano Manfredi, con i trecento sindaci di cui sopra, tra cui Vittoria Ferdinandi, giovane sindaca di Perugia che volentieri si sottopone “alla tortura della presentazione in stile alcolisti anonimi”, scherza un parlamentare dem: la regia dell’evento prevede infatti che si salga dicendo sono tal dei tali, ho tot anni e faccio questo e quello, e Lella Costa a un certo punto lo dice: ho settantadue anni ma vorrei che la piazza rispondesse con un “ma noo”. Ma per qualcuno anche l’età è patente di europeismo (come per Benedetta Tobagi: ho 48 anni e sono stata una ragazza della generazione Erasmus, dice). All’ex sindaco di Firenze ed europarlamentare dem Dario Nardella, però, non tocca il rito della dichiarazione, ma il dovere della spiegazione: Dario, perché ti sei astenuto sulla difesa europea? Risposta: perché non dobbiamo essere una banda di smandruppati, non si poteva mandare sotto la segretaria. Ed è il punto interrogativo blu più grande di tutti gli interrogativi blu: che farà il Pd? E che faranno i tantissimi partecipanti alla manifestazione, una volta tornati a casa? Andranno a votare? Torneranno a votare? L’età media della piazza è infatti abbastanza alta, a un colpo d’occhio sui due lati over 40, anche over 50, anche (e sono tanti) over 60. A occhio elettori già conquistati e fidelizzati. I giovani ci sono, ma sembrano piccole isole in un mare di educati attivisti ex Pci-Pds-Ds-Pd, felici di ritrovarsi in piazza come non ci si ritrovava da quindici anni: da prima dei governi tecnici, da prima dei populismi incrociati, da prima della pandemia, da prima di Trump, Musk (e Salvini e Meloni). C’era un altro mondo, allora, e c’era, come nemico, Silvio Berlusconi. Ultimo ma non ultimo interrogativo blu: che faranno i partiti italiani, di fronte alle decisioni europee in tema di riarmo? I riformisti dem e i moderati di centrosinistra, dietro le quinte, plaudono alle parole del cantante Roberto Vecchioni: convincetevi che non esiste corrispondenza tra pace e pacifismo. Il concetto è: i popoli attaccati vanno difesi. Qualcuno nella folla butta lì la battuta difficile, visti i chiari di luna dem: “Segretario, segretario!”. Ma nella folla Schlein viene difesa da un nugolo di manifestanti: siamo con te, le dicono, prima che la segretaria salga sul palco per innalzare il vessillo simbolico di un’“Europa finalmente politica”. Intanto parla la coppia referendaria Riccardo Magi, segretario di Più Europa, e Maurizio Landini, segretario Cgil, qui su posizioni diversissime (Magi sottolinea la necessità di una “resistenza europea”, Landini quella di “Un’Euruopa di pace”).

Sul palco, visti i tempi grami, ci si rifugia nel passato remoto e classico: il sindaco di Roma Gualtieri cita Enea che porta sulle spalle Anchise, per sottolineare la fatica del percorso, e l’attore Fabrizio Bentivoglio il discorso di Pericle agli ateniesi. Achille Occhetto si aggira soddisfatto.

Gualtieri e Serra anche: grazie di cuore a tutti, dicono. Verini cerca la quadra ai tristi eventi di Strasburgo: Schlein non ha zavorre rispetto alla nostra generazione, dice, certo però ci sono le radici. Elena Cattaneo, da scienziata, spera che si capisca la necessità di una difesa comune, mentre a Corrado Augias e ad Antonio Scurati vengono tributati applausi da stadio. Commuove il connubio Jovanotti-Inno alla gioia, fa sorridere Luciana Littizzetto, fanno arrabbiare alcuni le suddette bandiere pro-Pal. Un manifestante anziano chiede: “Ma perché? Così poi scrivono che siamo divisivi”. Il regista Virzì si sottopone al rito: ho 61 anni, mi chiamo Paolo, faccio il regista, da piccolo vivevo nel melting pot livornese. “Non lasceremo la piazza ai pacifinti”, dice Calenda. Serra e Gualtieri guardano il mare finale di persone. Cala la sera, la pioggia è finita, il punto interrogativo blu – sì, bello, ma che fare, adesso? – seguirà come un’ombra i manifestanti che defluiscono.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l’Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l’hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E’ nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.

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