In “Compagni di scuola” le sue battute sono fra le più ficcanti e le più crudeli. Senza dubbio quelle che ci rimangono maggiormente in testa. Era uno di quei personaggi che attori lo erano nella vita reale, senza sovrastrutture intellettuali. E la sua naturalezza rappresentava un valore aggiunto
“Guardete com’eri. Guardete come sei: me pari tu’ zio!” esclama in maniera greve e perentoria l’arricchito, cinico ma gioviale macellaio Walter Finocchiaro rivolto a Piermaria Fabris, mentre entrambi contemplano la fotografia scolastica dell’ultimo anno di scuola. Il personaggio di Fabris è interpretato da Fabio Traversa, quello di Finocchiaro da un irresistibile Angelo Bernabucci, al suo esordio cinematografico.
Il film è “Compagni di scuola”, un “Il grande freddo” alla romana diretto da Carlo Verdone. Un film che si discosta dalla sostanza lirica e comica fino a quel momento percorsa da Verdone e che, al contrario, si immerge ora in una coltre tenue di malinconia e di consuntivi esistenziali. Prima o poi si dovranno riconoscere a Carlo Verdone molti più meriti di quanti già oggi non gliene sono riconosciuti. La sua straordinaria capacità di talent scouting ha donato al cinema e alla fama maschere romane che senza il suo intervento sarebbero rimaste colpevolmente nella oscurità. Una delle più straordinarie rimane ancora oggi proprio quella di Angelo Bernabucci, che Verdone definì in vari incontri pubblici l’autentico punto di forza di “Compagni di scuola”. Ed è vero. Le battute di Finocchiaro-Bernabucci sono le più ficcanti e le più crudeli, ma anche le più divertenti, iconiche, spontanee e senza dubbio quelle che ci rimangono maggiormente in testa.
E Bernabucci, al suo esordio in quel film, ricordiamolo, è lo snodo attraverso cui fluiscono i drammi, le miserie, la piccineria di molti degli altri personaggi; la telefonata con Verdone che ha sbagliato villa, il confronto con il trash e spiantato De Sica, un cantante di nessun successo sommerso dai debiti, per la vendita di un dipinto, le angherie continue a Fabris fino al culmine dell’atto di accusa rivolto a tutti gli ex compagni, colpevoli di avergli “catturato quattro piotte”. De profundis accusatorio di quelle tragiche e patetiche riunioni di ex compagni di scuola nelle quali fingere spesso di essere divenuti qualcosa che non si è, che tutti ci siano sempre stati simpaticissimi, fino all’inevitabile redde rationem da guerra di tutti contro tutti.
Bernabucci, nato a Roma il 18 febbraio del 1944, è uno di quei personaggi che attori lo erano nella vita reale, senza scuole di recitazione alle spalle, senza sovrastrutture intellettuali. Verdone lo nota per caso mentre Bernabucci è a colloquio con un meccanico. Ne apprezza le doti istrioniche, il portamento naturalmente comico. Bernabucci è un venditore di libri, professione che con lucido realismo non abbandonerà mai, guardando al cinema sempre con un certo distacco, senza farsi risucchiare dalle sirene tentatrici della fama. Con Verdone lavorerà ancora, una piccola parte in “Perdiamoci di vista”, ma interpreterà personaggi anche in diversi film della saga di Fantozzi, al fianco di Paolo Villaggio, con Christian De Sica in “Simpatici e antipatici” sarà il dottor Petruzzi, ma soprattutto con Massimo Boldi e Maurizio Mattioli darà vita al celebre episodio del film “Fratelli d’Italia” in cui due ultras romanisti usciti dal carcere travestiti da tifosi milanisti verranno per equivoco caricati a bordo da Boldi che scende in auto a Roma, in trasferta. Una delle caratteristiche evidenti di Bernabucci, in questo davvero autentico erede della tradizione dei grandi caratteristi italiani, era la sua capacità di segnare un film con una frase, una battuta, una mossa che avrebbe caratterizzato la pellicola, a prescindere dalla importanza della parte recitata e di quanto il suo personaggio comparisse in scena. La sua spontaneità, la sua naturalezza, la sua bonaria romanità, rappresentavano un valore aggiunto.
Angelo Bernabucci è morto a soli settant’anni. Ha ricordato con evidente dispiacere e con tristezza Maurizio Mattioli come ai suoi funerali, che si tennero nella basilica di San Lorenzo in Damaso, a piazza della Cancelleria, non si presentò nessuno del mondo dello spettacolo. Solo Mattioli e Luigi Petrucci, che in “Compagni di scuola” interpretava Postiglione. E non ci sono parole migliori di quelle di Mattioli per descrivere Angelo Bernabucci, “era un compagno che faceva ridere, un compagno leale e onesto. Una persona per bene”.